Le donne e la Primavera Araba

Per la prima volta nella storia politica e sociale del Medio Oriente e del Nord Africa il cambiamento non è stato guidato dai governi, dalle armi e dalle istituzioni bensì dal popolo, grazie anche alla forza trainante dei social network.

In particolare, protagoniste speciali della cosiddetta “Primavera araba” sono state le donne che sono scese coraggiosamente nelle vie di Tunisi, a Piazza Tahrir e per le strade del Sana’a e hanno partecipato alle manifestazioni, fungendo da fautrici fondamentali del cambiamento. La presenza delle donne come soggetto attivo delle proteste non è cosa di poco conto se si considera che si tratta di paesi dove il concreto raggiungimento di una vera e propria parità di genere è sempre stato limitato, non solo a causa della natura repressiva dei regimi, ma anche dalla tradizionale percezione del ruolo delle donne.

Dopo i sollevamenti, la sfida delle donne è stata quella di trasformare la battaglia civile in azione politica e partecipare alle elezioni.

In generale, i risultati delle elezioni sono stati positivi nella maggior parte dei paesi. In Libia, grazie alla legge elettorale in vigore, che ha richiesto ai partiti politici di presentare liste a cerniera chiuse che alternassero un candidato di sesso maschile e uno di sesso femminile, sia orizzontalmente che verticalmente, le donne hanno conquistato 32 seggi degli 80 assegnati ai partiti politici (sui 200 del nuovo Congresso nazionale). in Tunisia, dopo le elezioni la rappresentanza femminile all’assemblea costituente nazionale è stata del 27%; in Egitto, invece, alle elezioni del novembre 2011- gennaio 2012 sono state elette soltanto 8 donne. Tali risultati rivestono un’importanza fondamentale dal momento che la costruzione della democrazia passa anche attraverso la piena partecipazione delle donne alla vita politica, economica e sociale di un paese.

Secondo Israele l’ascesa politica dei partiti religiosi, come la Fratellanza musulmana in Egitto, rischia di spazzare via ogni speranza per i diritti umani, l’emancipazione delle donne nella società araba e lo stato di diritto democratico. In realtà la posizione negativa di Israele potrebbe essere influenzata da considerazioni geopolitiche più che dall’interesse reale verso le sorti delle donne arabe. Infatti, Israele ha sempre contato sui paesi arabi per la stabilità della regione. In particolare, l’Egitto di Mubarak e la Tunisia di Ben Alì sono sempre stati percepiti da Israele come amici affidabili dell’Occidente e alleati indispensabili nella lotta al terrorismo internazionale (ad esempio attraverso il controllo del versante egiziano del Sinai).

Dunque, le donne sono state protagoniste della Primavera araba, eppure adesso i loro diritti sono a rischio. L’influenza della sharia, la legge islamica, sulle nuove costituzioni è vista come una potenziale minaccia non solo ai diritti delle donne, ma anche alla libertà d’espressione.

La prossima sfida delle donne arabe sarà dunque quella di partecipare alla stesura delle nuove costituzioni affinché siano riconosciuti loro i diritti civili, politici economici e sociali.

L’Unione Europea è dunque chiamata, attraverso la sua politica di vicinato, a giocare un ruolo fondamentale nel promuovere il rispetto dei diritti delle donne e dell’uguaglianza di genere e a contribuire alla costruzione di Stati più democratici, più liberi e più giusti.

Assunta Garofalo