L’amico Guido Monno regala al giornale un elaborato di elevato livello scientifico, frutto di lunghe ricerche accademiche e private, tuttora in corso.
Il saggio ha il pregio di riesumare circostanze storiche dimenticate o nascoste, documentandone caparbiamente le più che autorevoli fonti. La loro considerazione mette in una luce alquanto diversa non solo gli avvenimenti dell’epoca, ma anche tante circostanze dell’oggi, che di quei fatti sono dirette conseguenze e di cui non si riesce a capire l’effettiva portata o le motivazioni, se non si ha conoscenza di quelle premesse storicamente documentate.
L’elaborato, una ricerca storica a tutti gli effetti, tutt’altro che conclusa, è piuttosto corposo e avrebbe scoraggiato la lettura dei più, appassionati a parte. La redazione del giornale ha concordato con l’autore una suddivisione dello stesso in cinque parti compiute, di dimensioni decisamente più accessibili e facilmente digeribili, trasferendo anche taluni brani dalla posizione originale, allo scopo di accentrare in paragrafi omogenei le tematiche similari. E’ stato, altresì, concordato che, al termine delle cinque parti, sarà pubblicato anche il documento unitario, nella stesura originale.
Prima di proporvi la prima di esse, la redazione intende contribuire allo sforzo di Monno citando alcuni passaggi di un libro magistrale, che descrive con competenza ed estrema chiarezza i fatti degli anni ’20 che hanno preceduto la guerra del ’48, che degli stessi fatti, a loro volta, sono diretta conseguenza:
FROMKIN D., Una pace senza pace, Rizzoli, Milano, 1992, p. 634-635
«La sistemazione del 1922 non coincide con un singolo accordo o documento; essa è il quadro d’insieme scaturito da una serie di leggi, accordi e documenti la maggior parte dei quali porta la data di quell’ anno. Cosi, i confini mediorientali dell’Unione Sovietica furono delineati dalla prima costituzione sovietica, della fine del 1922, e trasformati in precisi confini politici nel quadro dei trattati con la Turchia, la Persia e l’Afghanistan e, in una certa misura, del trattato commerciale con l’Inghilterra, del 1921.
La fine del sultanato ottomano e la nascita di uno stato nazionale turco (limitato alla parte del vecchio impero abitata da genti di lingua turca) furono decise con voto unanime dalla Grande Assemblea nazionale il 1° e il 2 novembre del 1922. I confini definitivi della Turchia furono in gran parte stabiliti in occasione dell’ armistizio concordato con gli Alleati nell’autunno del 1922, e poi dal trattato di pace con gli Alleati, firmato a Losanna l’anno successivo.*
I rimanenti ex domini dell’impero ottomano furono spartiti fra la Gran Bretagna e la Francia, per effetto di documenti come il mandato della Società delle Nazioni alla Francia per l’amministrazione della Siria e del Libano (1922), il mandato della Società delle Nazioni alla Gran Bretagna per l’amministrazione della Palestina, Transgiordania compresa (1922), e il trattato del 1922 con l’Irak, che nelle intenzioni della Gran Bretagna avrebbe dovuto avere il valore di un mandato a governare la nuova nazione.
Nell’ambito della propria zona di influenza la Gran Bretagna prese una serie di provvedimenti sotto forma di leggi e dichiarazioni che in parte recano anch’esse la data del 1922. In quell’anno Fuad I fu posto sul trono egiziano, mentre la dichiarazione Allenby del 1922 conferiva unilateralmente all’Egitto lo status di un protettorato formalmente indipendente. Il protettorato iracheno fu sancito dal trattato di quell’anno fra la Gran Bretagna e l’Irak – una nazione che la Gran Bretagna aveva letteralmente creato, e sul cui trono aveva posto un uomo di propria fiducia, cioè Feisal, uno dei figli dell’emiro Hussein. In base al mandato per la Palestina del 1922 e al White Paper di Churchill sulla Palestina, anch’esso del 1922, la Transgiordania si incamminò sulla via di un’ esistenza autonoma rispetto alla Palestina – a un altro figlio dell’emiro Hussein, cioè Abdullah, fu dato il compito di governare la nuova entità politica con una decisione anch’essa del 1922 – mentre a ovest del Giordano furono promessi agli ebrei una «National Home», ai non ebrei il pieno rispetto dei loro diritti. L’indipendenza o l’autonomia dei curdi (uno degli argomenti dei quali si era discusso nel 1921) per qualche ragione scomparve alla vista nel 1922. A quanto pare, nessuno pensò di avere qualcosa da guadagnare da un Kurdistan indipendente o autonomo. E la non-decisione del 1922 fu, a tutti gli effetti, una decisione. Infine, sempre nel 1922, la Gran Bretagna impose a Ibn Saud accordi che stabilirono le frontiere fra l’ Arabia Saudita, l’Irak e il Kuwait.
Così la Gran Bretagna – come la Francia nella propria zona di influenza in Medio Oriente, e la Russia nella sua – creò stati, scelse gli uomini che dovevano governarli, tracciò confini; e tutto ciò avvenne nel 1922 o negli anni immediatamente precedenti o seguenti. Come da tempo si preparavano a fare, le potenze europee avevano preso nelle loro mani i destini dei popoli mediorientali; e lo fecero nell’ ambito di quella che ho chiamato la “sistemazione del 1922”.
* Naturalmente, qualche problema di confine rimase irrisolto. La frontiera fra Turchia e Siria, per esempio, fu definita solo alla fine degli anni Trenta».
—————————————————-
FROMKIN D., Una pace senza pace, Rizzoli, Milano, 1992, p. 638
«Nel 1922 la Gran Bretagna accettò i1 mandato della Società delle Nazioni a dare attuazione al programma sionista, da essa vigorosamente appoggiato nel 1917 ma per i1 quale, nel frattempo, aveva perso ogni entusiasmo.
Di conseguenza non può suscitare speciale meraviglia che negli anni seguenti i rappresentanti britannici abbiano governato i1 Medio Oriente con poco entusiasmo e poca efficacia. Ciò dipese da un’intrinseca contraddizione insita nella sistemazione del 1922: dopo avere distrutto i1 vecchio ordine e disseminato la regione, dall’Egitto all’Irak, di truppe, carri armati e aerei da combattimento, coloro che governavano la Gran Bretagna imposero al Medio Oriente un assetto al quale essi stessi erano i primi a non credere».
—————————————————-
FROMKIN D., Una pace senza pace, Rizzoli, Milano, 1992, p. 638-639.
«Il Medio Oriente è diventato ciò che è oggi perché le potenze europee vollero ridisegnarlo, e nel contempo Francia e Gran Bretagna non seppero garantire la durata delle dinastie, degli stati e dei sistemi politici da esse instaurati. Durante e subito dopo il primo conflitto mondiale Gran Bretagna e Francia distrussero irrevocabilmente il vecchio ordine della regione; il dominio turco del Medio Oriente arabo subì un colpo dal quale non avrebbe più potuto riprendersi. Per riempire il vuoto che ne seguì crearono nazioni, formarono governi, misero sul trono monarchi, tracciarono frontiere e insomma cercarono di formare un sistema di stati come ve ne sono in tante parti del mondo, ma non tennero nel debito conto le molte forme di opposizione locale a tali decisioni».
Buona lettura!
La Redazione
=======================================================================
Davide contro Golia:
la guerra di Israele contro i paesi arabi nel 1948.
Mito o realtà?
= Parte Ia – Presentazione del documento =
di A. G. Monno
Introduzione
Trattare della seconda parte della guerra del 1948, quella fra l’appena nato stato di Israele e gli stati arabi, è un compito difficile.
Occorrerebbe un libro intero per descrivere i fatti e cercherò di farlo nel ridotto spazio disponibile con la consapevolezza di non compiere un lavoro di approfondimento, quanto piuttosto di informazione, lasciando al lettore la possibilità di approfondire gli argomenti che più risultano interessanti.
Argomentazioni particolareggiate sulla genesi di talune situazioni (quali i movimenti che definiremmo oggi oltranzisti di parte ebraica, l’Irgun, il Lehi o la banda Stern, su quanto avessero in comune e quanto invece differissero, sia tra loro, sia con il sionismo ufficiale rappresentato da Ben Gurion e dall’Haganah) appesantirebbero inutilmente il documento e sarebbero inevitabilmente superficiali; si lascia pertanto al lettore la possibilità di informarsi meglio o, comunque, richiedere informazioni più dettagliate al riguardo.
Il perché di una scelta – Premessa dell’autore
Nel corso di una conferenza a Treviso, ove partecipavo insieme a Luisa Morgantini, al termine delle presentazioni e della serata, un gentile signore, qualificatosi come ebreo di sinistra, ci ha accusato di non avere compiutamente parlato della paura degli israeliani di fronte agli attacchi a mezzo dei razzi lanciati da Hamas.
Tralasciando il fatto che sarebbe stato interessante se tale domanda fosse stata fatta nel corso della conferenza allorquando è stato ripetutamente chiesto se vi fossero domande, mi sono reso conto che il mio interlocutore mi riportava una serie di dati, relativi alla storia di Israele, che poca corrispondenza avevano con una realtà storica e documentata; infatti, allorquando gli ho chiesto quali fossero le sue fonti di informazione mi ha riposto “ i giornali” e la sua esperienza personale, raccontandomi di quando nel 1967 era in Israele e si era sentito prossimo alla distruzione totale in quanto l’esercito di Nasser aveva invaso Israele.
Non posso mettere in dubbio le percezioni e i sentimenti della persona con cui discutevo, ma mi chiedevo quanto effettivamente avesse studiato la storia vera della sua nazione e quanto invece fosse stato appreso da dati parziali od agiografici tali da dare una immagine di verità, attraverso la costruzione di un mito, lavorando molto sulla percezione della paura e della insicurezza che sembra ormai determinare le sorti del mondo moderno, costruendo pertanto un consenso politico non informato.
L’episodio appena descritto è stato lo stimolo finale alla base del concepimento del presente documento. Ma la volontà di scriverlo era maturata a causa di diversi altri fattori. Tra essi, in primo luogo, la naturale reazione verso il contenuto di una serie di articoli giornalistici che dipingono l’attuale situazione in Palestina slegata dai vari contesti e spesso farcita di personali o nazionali ideologie. Spesso con finalità propagandistiche, spesso con lo scopo di fare controinformazione. Strumenti, entrambi, aventi un ruolo decisivo, poiché travisano la realtà storica, causando nelle persone non adeguatamente informate la formazione di idee vaghe e poco chiare.
D’altronde, proprio da parte dell’opinione pubblica si riscontra poca voglia di informarsi, chiedere, approfondire, affidandosi alla superficialità delle notizie piuttosto che all’“approfondimento”, a presunti esperti che diventano opinion maker solo perché non contrastati dalle nostre personali conoscenze e possono pertanto permettersi di propinarci verità di comodo o ideologiche; e questa superficialità nell’approfondimento, nella ricerca delle origini, cause e sviluppo dei fenomeni non depone certo favorevolmente sulle nostre capacità di gestire una società sempre più complessa anche nel campo dell’informazione, che vien sempre più manipolata per interessi personali o particolari. Non c’è dubbio che in situazioni di disinformazione generalizzata, alla mancanza di assunzione di responsabilità da parte di tanti corrisponde la voglia di accentrare la gestione nelle mani dei pochi. Ricordo al riguardo Bonvi, il vignettista e padre di Sturmtruppen che in una delle sue strisce dipingeva un futuro ormai imminente mentre un gruppo di soldati, come ipnotizzati, guardava un televisore spento e staccato dalla corrente ed un ufficiale esclamava contento; Ach, l’arma finale del dottor Goebbels.
E’ indubbio che i miei viaggi in quelle zone, in tempi diversi, possano aver formato una personale impressione che mi ha spinto ad approfondire studi e ricerche, al di là dei miti; e cercare di distribuire colpe e ragioni in egual numero per blandirsi la coscienza non è mia abitudine e non sarebbe giusto; come ha scritto Desmond Tutu, “If you are neutral in situations of injustice, you have chosen the side of the oppressor. If an elephant has its foot on the tail of a mouse, and you say that you are neutral, the mouse will not appreciate your neutrality”.
A. G. Monno (*)
(*) Nato in Argentina da genitori italiani, ha frequentato l’Accademia Militare di Modena dal 1971 al 1973.
Attualmente Generale dei Carabinieri in ausiliaria, ha ricoperto numerosi incarichi fra cui quelli di Branch Chief Counter Intelligence and security all’interno della divisione Intelligence di Afsouh a Napoli,-partecipando alle attività informative gestita da Afsouth durante la prima guerra del Golfo, motivo di una “letter of appreciation” rilasciata dal responsabile della Divisione Intelligence del Comando Supremo di SHAPE, Major General C.W. Hewson (Canadian Army) – e quello di Capo di S.M dell unità dei Carabinieri MSU in Bosnia.
Ha conseguito un Dottorato di Ricerca presso l’Università di Trieste con una tesi sulla Pirateria Marittima, ed è laureato in Relazioni Internazionali e Scienze Diplomatiche nonché Scienze Politiche presso l’Università di Trieste, in Scienze della Sicurezza Interna ed Esterna presso l’Università di Roma Tre, e in Giurisprudenza presso l’università di Bologna.
Ha frequentato corsi vari anche presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa ed ha conseguito certificazioni nel campo del terrorismo dalla University of St. Andrews in Scozia.
È stato nominato “Cultore della Materia” in Storia ed Istituzioni dell’Asia dalla Università di Trieste e in Studi Strategici da quella di Firenze.
Ha insegnato presso l’Università di Firenze in Studi Strategici presso la facoltà di Scienze Politiche e come responsabile della materia “Terrorismo e Criminalità Organizzata in Medio Oriente” nel Master in “Mediterranean Studies”, della stessa Università.
Conoscitore del Medio Oriente, ove ha frequentato anche corsi di lingua araba presso l’Università di Damasco, si dedica attualmente alla sua principale attività di ricercatore e studioso nel campo del terrorismo, e dei vari aspetti culturali, sociali e politici ad esso connessi.