Anja Shortland su Chatham House: analisi dell’impatto della pirateria sull’economia somala

di Guido Monno

Un interessantissimo studio sulle ricadute economiche della pirateria sulle zone somale in cui il fenomeno è maggiormente presente è stato redatto dalla dottoressa Ania Shortland e pubblicato recentemente sul sito della Chatham House, un centro di ricerche indipendente sulle relazioni internazionali, situato nella capitale inglese
(http://www.chathamhouse.org/publications/papers/view/181277 ).

La pirateria al largo delle coste somale mostra una proiezione sempre più lontana dalle coste stesse e che ha ormai raggiunto le coste indiane con alcuni fra gli ultimi attacchi avvenuti a 1750 Nm verso Sud dalle coste Somale(1)  ed a 1450 Nm verso Nord(2)  e verso Est(3)  dalle stesse, avvalendosi di navi madre – in genere pescherecci o piccole navi mercantili sequestrate e usate a tal fine –  da cui partono poi gli attacchi condotti a mezzo di imbarcazioni veloci.

L’analisi delle positive ricadute della pirateria sul tessuto sociale di alcune zone della Somalia nelle quali il fenomeno è maggiormente presente è stata condotta con una interessante metodologia economica che si avvale, tra l’altro, anche delle immagini satellitari diurne e notturne. strumento quest’ultimo già esaminato da Robert Steel nel suo libro “On Intelligence”(4)  in cui mette l’Osint (Open Sources Intelligence) fra i fattori fondamentali della nuova intelligence.

L’autrice pone la soluzione del problema pirateria nella possibilità che venga usato un approccio chiamato “land based”, ovverosia che tenga conto della realtà delle popolazioni locali e delle cause che hanno scatenato e favorito l’insorgere della pirateria, anzichè quello “sea based”. Quest’ultimo, essen-zialmente limitato alla deterrenza e alla risposta militare, sinora non ha portato i benefici aspettati, soprattutto in relazione alle risorse impiegate ed ai costi economici sostenuti.

Allorquando si parla di pirateria, raramente si trattano gli aspetti economici della stessa, sia per quanto riguarda il costo sostenuto per contrastarla ed i danni subiti dal settore dell’economia dei trasporti marittimi, ma viene regolarmente omesso sopratutto l’impatto sul tessuto sociale ed economico somalo; il lavoro della dottoressa Shortland copre in parte questa carenza.

Sull’impatto economico locale derivante dai riscatti ottenuti dai pirati somali, lo scrivente formulò una specifica domanda in una approfondita conferenza organizzata dalla Royal African Society a Londra lo scorso 13 ottobre sulla “Pirateria al largo delle coste somale”; le risposte ricevute da un consistente panel di esperti quali il professor Martin N. Murphy (autore, fra l’altro, del recente Somalia: the new barbary), Philip Holihead (uno dei responsabili dell’IMO, International Maritime Organization, per il contrasto alla pirateria nel Corno d’Africa), Juvenal J.M. Shiundu (un vice direttore della stessa I.M.O.), non furono certamente esaustive od approfondite, ed il solo intervento di un Somalo residente a Londra da lungo tempo ha fornito qualche lacunosa risposta, laddove sosteneva che gran parte degli introiti terminava nelle mani di quelli che lui chiamava la mafia locale.

Tuttavia come peraltro emerge dalla ricerca della dottoressa Shortland, le ricadute positive sulla società locale comunque vi sono.

Giova peraltro rilevare come lo stesso dottor Juvenal J.M. Shiundu dell’IMO, parlando di quanto non fatto nel passato, abbia sottolineato che la mancata ed errata previsione da parte degli organismi internazionali e sopratutto nazionali di quello che sarebbe accaduto in assenza di politiche economiche di aiuto e sostegno alle comunità locali impegnate sopratutto nel settore marittimo, incluse le attività di pesca, ha portato dapprima al sorgere e poi al prosperare della pirateria.
La ricerca delle cause della pirateria al largo delle coste somale ha evidenziato uno sfruttamento intensivo e disastroso per l’intero ecosistema marittimo somalo anche da parte di flotte pescherecce ed industrie che si sono giovate della situazione politica in loco, che ha reso di fatto l’intero Stato un Failed State – eliminando qualsiasi possibilità non solo di sviluppo economico, ma spesso della mera sopravvivenza delle popolazioni locali.

Guardando a ritroso, emerge quanto i mancati investimenti nel passato, relativamente onerosi, abbiano comportato una mole enorme di investimenti nel presente, sulla cui efficacia numerosi sono i dubbi.

E’ indubbio che il fenomeno pirateria al largo delle coste somale debba essere esaminato anche alla luce delle cause originatrici ed affrontato tenendo conto delle necessità, consigli e soluzioni proposte dalle comunità Somale, soprattutto di quelle interessate al e dal fenomeno, in un quadro più ampio di quello spesso attuato che vede le ipotesi militari o di forza come unica soluzione e che potrebbe portare a non gradite escalation di violenza, in particolare laddove la situazione geopolitica in quella delicata e tumultuosa area del mondo dovesse variare con il sorgere di altri Failed States.

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1 – 28 dicembre 2010 FV Vega 5
2 – 15 gennaio 2011 MV Samho Jewelry
3 – 5 dicembre 2010 MV Jahan Moni
4 – pubblicato in Italia come Intelligence spie e segreti in un mondo aperto, edito da Rubbettino