L’Europa ha una responsabilità storica e politica nella tragedia del popolo palestinese.
Noi abbiamo accettato l’esistenza di Israele sul 78% della Palestina. Abbiamo svolto con lode tutti i compiti assegnatici dal Quartetto. In Israele non hanno compiuto nessuno dei compiti individuati per il Paese dal Quartetto, nessuno!
In Israele non vogliono la pace.
Omeganews e’ recentemente riuscito ad incontrare Sabri ATEYEH, Ambasciatore dell’OLP, arrivato in Italia dopo avere ricoperto lo stesso incarico in Colombia e in Cile. Lo ha interrogato su alcuni tra i temi più’ scottanti della Palestina, del Medio Oriente e del mondo arabo in generale. Offriamo ai nostri lettori una sintesi delle sue valutazioni e considerazioni.
Era presente all’incontro alche il Primo Segretario, Mustafa Naser, da noi già incontrato qualche mese fa.
Omeganews – Il Mediterraneo sembra una realtà in gran movimento, finalmente oggetto del meritato interesse.
Ambasciatore – In Italia c’è una moltitudine di iniziative su scala regionale orientate al Mediterraneo.
Omeganews – Pur concordando con Lei, ci sembra, purtroppo, che ci sia un prevalere di interessi commerciali ed economici, rispetto a quelli politici e culturali. E’ sempre il business che tira di più. D’altronde, nella storia dell’Umanità e delle relazioni tra i popoli la cultura, con tutto il resto, si è sempre incuneata nel solco tracciato dal commercio.
Ambasciatore – L’interscambio commerciale tra l’Italia e mondo arabo ha superato nel 2010 i cinque miliardi di Euro, e questo avvalora le sue affermazioni. Bisognerebbe, ora, sviluppare ulteriormente la politica e gli interscambi culturali.
Omeganews – La nostra idea è che la mancata soluzione della questione palestinese è un problema che pesa moltissimo sulle relazioni tra i popoli del Mediterraneo e dintorni e siamo convinti che non ci sarà pace e stabilità al suo interno finché non sarà risolto questo problema.
Qual è la Sua opinione in proposito?
Ambasciatore – Vi ringrazio dell’interessante domanda, che mi da l’opportunità di soffermarmi su una situazione di “oscuramento giornalistico” ai nostri danni. Per spiegarmi meglio, risalgo con la memoria all’epoca del mio arrivo in Italia. Ho reso visita al Corriere della Sera, all’epoca diretto da Paolo Mieli. E’ stato un incontro molto cordiale, al termine del quale mi ha affidato ad una giornalista incaricata di sottopormi ad un’intervista. Un’ora e mezza di seguito, un esame durissimo, la prova più dura dei miei primi giorni italiani. Una raffica di decine di domande, tutte di una certa consistenza. Il giorno dopo, e quelli successivi, nessuna parola fu pubblicata dal giornale di quell’intervista. E questo perché il mio discorso conciliante e pacifico non “tirava”, non conteneva affermazioni drammatiche, né attacchi, né invettive contro Israele. Di molte cose che accadono nell’area si riferisce esclusivamente e principalmente il punto di vista israeliano, non l’impatto palestinese e le implicazioni per il nostro popolo.
Altro episodio della cronaca. Millenovecento Europei avrebbero voluto venire nella nostra terra per sostenere il popolo palestinese (la data programmata avrebbe dovuto essere il 15 aprile, ndr). Alcune autorità governative europee governative (si crede di poter affermare che si trattasse di quelle francesi, ndr) hanno scoraggiato il viaggio dei propri concittadini, onde non incorrere nel rischio di detenzione minacciato dalle autorità israeliane. Hanno preferito scoraggiare i viaggiatori, anziché protestare contro queste ultime dissuadendole dal minacciare propri concittadini desiderosi di visitare pacificamente la Palestina e contestando loro il diritto a farlo. Si ha notizia di parecchi Europei rimpatriati perché gli Israeliani non erano strati preventivamente avvertiti, in effetti perché le autorità di quel Paese non vogliono far conoscere le condizioni di vita del nostro popolo.
L’Europa ha una responsabilità storica e politica nella tragedia del popolo palestinese. Essa dovrebbe spingere Israele al rispetto del diritto internazionale. C’è una forte sottovalutazione in questo momento storico della questione israelo-palestinese. Israele è guidato da un governo senza nessuna volontà di giungere ad un accordo, come dimostrano i continui insediamenti e le recenti confische avvenute in Cisgiordania pari a circa 600.000.000 metri quadri. La Corte Internazionale di Giustizia si è espressa contro l’esistenza del muro, ma Israele non tiene in considerazione il Diritto Internazionale, secondo il quale dovrebbe indennizzare la controparte. E ciò perché ha l’appoggio incondizionato degli USA. Sono passati 10 anni dall’iniziativa di pace araba supportata dalla Conferenza Islamica che proponeva una normalizzazione dei rapporti in linea con la Risoluzione 242 delle Nazioni Unite. Ma essa è ormai dimenticata, mentre continua, inarrestabile l’espansione territoriale di Israele, ben oltre l’obiettivo di non cedere neanche un centimetro, come dichiarò al suo arrivo alla Conferenza di Madrid del 1991 l’allora Primo Ministro israeliano Yitzhak Shamir. Anche la Sig.ra Clinton, ad esempio, che pure si proclama paladino dei diritti umani, non sembra molto attenta riguardo al popolo palestinese. Il mondo accetta che Israele possa tacciare di “antisemitismo” chiunque, non Israeliano, parli male di Israele. E gli Europei arrivano a sopportare passivamente le umiliazioni da parte di ragazzi israeliani nel ruolo di soldati. Anni fa, per esempio, un importante capo di governo europeo (si ha motivo di ritenere che si trattasse del presidente Prodi, ndr), durante la visita ad un campo profughi palestinese, ricevette un oggetto d’artigianato come ricordo ed omaggio di una signora del campo. Ebbene, il suo bagaglio fu sottoposto ad un rimpatrio secondo procedure di massima allerta e sicurezza. Mi sarei aspettato un coro di proteste da parte del Paese di appartenenza. La cosa fu invece riferita dalla stampa al seguito trattandola come “aneddoto di viaggio”. Semplicemente inconcepibile! E se questo è il trattamento riservato al Capo di Governo di un Paese europeo, avete idea di come possa essere trattato un semplice cittadino palestinese?
Omeganews – Qualche mese fa è fallita l’iniziativa di Abu Mazen intesa a pervenire riconoscimento dello stato palestinese. La generalizzata indifferenza internazionale non ha, in fondo, meravigliato più di tanto i cronisti che seguono le vicende dell’area. Ciò che ci ha sorpreso, al contrario, è stata la sensazione di passiva rassegnazione della parte palestinese.
Ambasciatore – Ciò è dovuto ad un profondo senso di frustrazione che è ormai subentrato. Tutto si è ridotto alla resistenza pacifica nel Paese, resistenza alla confisca di nuovi terreni da parte israeliana ed alla costruzione del muro.
Omeganews – Ci perdoni, Ambasciatore, ma non si tratta solamente di confisca. Molti Palestinesi stanno vendendo anche ai nuovi coloni, agli ebrei russi.
Ambasciatore – No. Ciò ha cominciato ad accadere dalla fine del XIX secolo, successivamente favorito dalla caduta del”impero ottomano, allorché l’8% del territorio palestinese fu venduto da soggetti non palestinesi, nobili dell’impero ottomano che vi abitavano, specialmente libanesi e siriani. In questo tipo di fasi storiche accade facilmente che una potenza che attua un’invasione si affidi su una componente facilmente corruttibile. Come ad esempio alcuni cittadini francesi fecero durante il governo di controllo nazista.
La nostra sfortuna è che la ricerca del riconoscimento dello stato palestinese è avvenuta nel momento in cui l’attenzione della stampa di tutto il mondo, compresa quella araba, era rivolta sulla cosiddetta primavera araba. A ciò si aggiunga che i Paesi arabi, in particolare quelli del Golfo e quelli in cui c’erano i moti popolari, hanno cercato di oscurare la questione del riconoscimento, perché per loro la “Primavera araba” era in prima priorità. Chiaro che noi appoggiamo la volontà e la scelta del popolo arabo, ovunque. Questi cambiamenti sono, secondo noi, positivi per il popolo arabo in generale, ed anche per quello palestinese. Analizzando il fenomeno più nel dettaglio, non si può non notare che noi abbiamo comunità in ogni Paese arabo, oggi divenute ostaggio contro di noi. Se mantenessimo un atteggiamento contrario alla nuova classe dirigente in Libia, 60.000 Palestinesi verrebbero espulsi. Nel Golfo il popolo palestinese ha a suo tempo organizzato manifestazioni in appoggio dei missili di Saddam lanciati contro Israele; come risultato, i Kuwaitiani hanno interpretato le manifestazioni contrarie ai loro interessi e 400.000 Palestinesi sono stati espulsi dal loro Paese. In Siria risiedono più 450.000 Palestinesi. E questo ci impedisce di dichiararci favorevoli ad una delle due parti. Il Kuwait si è riconciliato con lo Yemen, con il Sudan, con la Giordania, con la Mauritania, con la Turchia, con tutto il mondo, tranne che con i Palestinesi. Eppure la Palestina aveva mantenuto una posizione molto meno favorevole di tutti gli altri, nei confronti di Saddam. Con gli altri si sono riconciliati, con i Palestinesi no.
Siamo l’anello debole della catena, ostaggi nell’area. Dipendenti economicamente, non autonomi nei collegamenti, infatti possiamo entrare e uscire passando o dalla Giordania o dall’Egitto. Non si tratta di mancanza di coraggio della leadership palestinese nel dichiarare la propria posizione, ma si ha paura del futuro del nostro popolo, poiché dieci milioni di Palestinesi vivono in tutto il mondo!
Omeganews – Sembra però che le due componenti, Hamas e Fatah, siano più impegnate a combattere tra loro, ciò è reso evidente da una assenza di azione congiunta verso l’esterno.
Ambasciatore – Hamas è un’emanazione dei Fratelli Musulmani e segue un progetto politico-religioso d’islamizzazione sovranazionale, un modello religioso orientato al credo, che è per Hamas prioritario rispetto ai diritti del popolo palestinese. Ciò è per noi motivo di grande sconforto. Per loro l’islamizzazione è più importante della costituzione di uno Stato sovrano e indipendente. Il Presidente Abu Mazen e i capi di al Fatah stanno tentando di risolvere questa situazione, che è dolorosa, vergognosa. Io provo vergogna per il fatto che il popolo palestinese, elite intellettuale dl mondo arabo, possa arrivare a questo punto. E’ drammatico per noi. Non avremmo mai potuto immaginare che il popolo palestinese potesse arrivare a questo punto.
Omeganews – Ci risulta vi sia una notevole importazione di manodopera romena da parte di imprese israeliane. Ciò priva la popolazione palestinese di introiti poiché toglie posti di lavoro. Ma è possibile che possa creare, in prospettiva, qualche problema anche agli Israeliani. I Palestinesi, finito il lavoro giornaliero rientrano a casa loro, nei loro villaggi. I Romeni, no. Loro tendono ad installarsi, a farsi raggiungere dai familiari. Potrebbe verificarsi una grossa variazione negli assetti etnici.
Cosa ci dice in proposito?
Ambasciatore – Si, ci sono lavoratori anche di molti paesi del sudest asiatico. La priorità per gli Israeliani è rendere impossibile la vita alle persone palestinesi, anche da ciò dipende questa immigrazione. I Palestinesi della striscia di Gaza che lavorano in Israele sono passati da 100.000 a 10.000. Le decisioni del governo israeliano sono sempre tese a rendere impossibile la vita ai Palestinesi. Come notato dagli stessi Israeliani in parecchie occasioni, le misure del governo israeliano non tengono conto delle ricadute sulla sicurezza, l’importante è rendere la vita impossibile ai Palestinesi. Rubano il 90% della nostra acqua e cercano il petrolio e il gas naturale nel territorio della Cisgiordania, dove c’è un giacimento di petrolio molto importante, ma che è al contempo la parte più fertile del territorio palestinese, la valle del Giordano. Prevale sempre la visione economica, obbligano i Palestinesi a comprare i prodotti israeliani, spesso scaduti o di qualità scadente, mentre non consentono l’importazione dei generi di prima necessità dai Paesi arabi amici. Le importazioni palestinesi debbono passare per Israele, venendo assoggettate a tassazione e a continuo taglieggiamento.
Naser – L’arrivo di numerosi ebrei russi, iniziata dopo la caduta del muro di Berlino, crea ad Israele diversi problemi. Innanzi tutto di turbative all’equilibrio etnico e politico interno, visto che è stato creato un partito composto di soli ebrei russi. Sul piano sociale e della sicurezza, inoltre, Israele comincia ad avere sensibili problemi di spaccio della droga e della prostituzione, fenomeni nuovi ed in forte crescita. che si sono diffusi in modo inimmaginabile dopo l’arrivo di questi immigrati. Figuriamoci quelli che arrivano per lavorare e cui si ricongiungono i familiari: se gli ebrei russi hanno creato problemi, questi, quando saranno un’entità consistente, sono destinati a crearne ancora di più grandi e sensibili.
Omeganews – Anche i territori sotto controllo dell’ANP sono afflitti dai fenomeni creati dall’immigrazione russa?
Naser – Ancora non in modo visibile, ma certamente il rischio di coinvolgimento è altissimo.
Omeganews – Tra i numerosi problemi che affronta, l’ANP è preparata adeguatamente al contrasto ti questo tipo di minacce, ad uno sforzo in termini di sicurezza?
Naser – In parte si , ma finché non vi sarà autonomia dall’occupazione israeliana, di quale sicurezza possiamo parlare? Alla presenza di Nethaniau c’è recentemente stata una conferenza presso la Knesset centrata sulla società palestinese che vive in Israele. Essa ha evidenziato problemi gravi, tipo i traffici illeciti tra cittadini di origine palestinese che vivono in Israele, come dimostrato da Ahmed Tibi, deputato palestinese all’interno del Parlamento israeliano, secondo cui è chiaro il tentativo da parte delle autorità israeliane di favorire traffici criminali come armi, droga e lo sfruttamento della popolazione tra la popolazione palestinese al fine di fomentare la divisione all’interno di quest’ultima.
Omeganews – Ciò è reso molto facile laddove vi siano terreni sociali più deboli e dunque maggiormente permeabili a tali fenomeni.
Naser – Esattamente.
Ambasciatore Tawfiq Ziyad, “poeta della protesta”, eletto sindaco di Nazareth nel ’73, pronunciò una frase molto significativa: <Se Israele non è riuscita a fare la pace con i cittadini israelo-palestinesi, come farà a fare la pace con 300 milioni di Arabi?> C’è un sentire razzista molto radicato, in Israele. C’è forte avversione tra Ebrei Sefarditi ed Ebrei Askenaziti. La maggioranza della popolazione di Israele è di provenienza araba, Tunisia, Marocco, Egitto, Irak e Yemen. Solo in minima parte sono Askenaziti: non esistono matrimoni tra la loro. L’elite economica, scientifica e militare è di provenienza europea. Il 76% della popolazione israeliana è orientale, Sefardita. Ma solo il 7% degli universitari israeliani è Sefardita. E questo la dice lunga circa la distribuzione della “inteligentia” tra la varie etnie. La divisione tra destra e sinistra è un’apparenza per sembrare democratici, e questo da loro la licenza di uccidere. La realtà è che Israele non vuole la pace. Secondo la mia personale analisi. Tra quelli che governano Israele, la leadership invisibile unitaria né di destra né di sinistra, non c’è volontà di pace, chiunque governi, perché in questo modo possono influenzare le comunità ebraiche di tutto il mondo. Non vogliono la pace. A dimostrazione molto semplice di ciò, basti considerare che noi abbiamo accettato l’esistenza di Israele sul 78% della Palestina. Abbiamo svolto con lode tutti i compiti assegnatici dal Quartetto. In Israele non hanno compiuto nessuno dei compiti individuati per il Paese dal Quartetto, nessuno!
Naser – Dopo la distruzione delle forze di sicurezza palestinesi fu organizzato il ritiro da Gaza dei militari israeliani e l’abbattimento degli insediamenti dei coloni ebrei, ben sapendo che Hamas sarebbe subentrata nel controllo della striscia.
Ambasciatore – Si incrociano gli interessi di Hamas ed Israele, che può così più facilmente giustificare le proprie azioni, dichiarandosi minacciato da una forza terroristica. Un’analogia può essere vista nell’ascesa di Hezbollah in Libano. Israele è alla continua ricerca di argomenti per non impegnarsi nel processo di pace. Mentre Abu Mazen, che è riconosciuto sul piano internazionale per il proprio background democratico, per il suo spirito di collaborazione e la manifesta volontà di giungere ad un concreto obiettivo di pace, è sempre stato ostacolato nella sua leadership da parte di Israele e scarsamente considerato in qualità d’interlocutore.
Stanno facendo con Abu Mazen la stessa cosa che hanno fatto con Arafat. Prima hanno detto che Abu Mazen faceva terrorismo diplomatico, ora che è un ostacolo per la pace. Lieberman ha anche dichiarato di volerlo eliminare fisicamente. E’ drammatica l’assenza di risposte della comunità internazionale!
Omeganews – La Siria di Bashar al-Assad ha due protettori in seno al Consiglio di Sicurezza delle NU. Voi come pensate di ottenere la vostra legittimazione?
Ambasciatore -Noi possiamo contare sulla solidarietà di tutta la comunità internazionale, tranne quella della Micronesia, delle isole Marshall e degli Stati Uniti. E la Micronesia è stato l’alleato degli Stati Uniti che ha permesso che gli Americani dovessero porre il veto al riconoscimento palestinese, cosa che per loro sarebbe stata terribile sotto il profilo dell’immagine, soprattutto nel momento della “Primavera araba”. E questa è un’altra dimostrazione di come la rivolta dei popoli arabi, che noi sosteniamo a livello ideologico ed in linea di principio, si ripercuota in nostro danno.