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L’effetto dell’espansione dell’Islam ebbe effetti devastanti sul commercio dei paesi europei continentali, su quello della Gallia in particolare. L’interdizione del traffico marittimo da/per i porti che avevano assicurato l’accesso verso l’Europa dei generi provenienti dall’oriente comportò la scomparsa dei mercanti di professione nelle stesse aree. Né, d’altronde, i commercianti musulmani si istallarono in territori al di fuori dell’Islam. Il poco commercio residuo cadde saldamente nelle mani degli Ebrei, numerosi dappertutto e organizzati in una rete di reciproco sostegno, tollerati dai Cristiani, non espulsi dagli Arabi. Costituivano l’unico legame economico esistente tra l’Islam ed il mondo cristiano, tra Oriente e Occidente.
La conseguenza macroscopica dell’avvento dell’Islam è la rottura dell’unitarietà mediterranea e della sua continuità politica, economica e sociale e la creazione, come vedremo, di mondi completamente diversi tra loro, che avranno storie differenziate nei secoli successivi. La navigazione “cristiana” continua solo in Oriente e nelle estreme propaggini italiane rivolte verso est e verso sud, sostenuta da Bisanzio e dalle città marinare italiane. A Venezia, nell’Italia meridionale (con gli avamposti di Napoli, Gaeta e Amalfi) e nell’impero bizantino si mantengono le caratteristiche di una civiltà progredita, con città fiorenti e ricche, con moneta aurea, con mercanti professionisti: in altre parole, la continuazione dell’antica civiltà.
I territori prospicienti la costa meridionale franca e quella occidentale della penisola italiana, dal Golfo del Leone alle foci del Tevere, soggetta a guerre persistenti, flagellata dalle incursioni dei pirati, cadono in un profondo stato di regresso economico, soffocate dall’assenza di flotte e di commercio marittimo. Per queste regioni il mare è interdetto ed il commercio sparito; ci troviamo in presenza di ricchezza unicamente terriera e di circolazione dei beni mobili ridotta al minimo. Le regioni della Gallia, sino a qualche decennio prima molto fiorenti, ora sono le più povere. Prima il movimento era diretto dal Sud, ora il Nord trova energie nuove e forme alternative di organizzazione politica, economica e sociale.
Vedremo nel prosieguo come Bisanzio debba ridurre il proprio campo di azioni e di interessi, come la sua influenza sarà molto ridimensionata nel bacino mediterraneo. Ma i secoli del suo splendore debbono ancora arrivare e nel Mediterraneo orientale si instaurerà una convivenza poco pacifica tra Islam e Bisanzio.
L’Italia si spacca in tre: il sud islamico, l’oriente settentrionale bizantino, l’occidente settentrionale strozzato
L’Europa continentale, ed è di essa che si occuperà la nostra narrazione odierna, non più alimentata e supportata dal commercio mediterraneo, sprofonda in un periodo di profonda crisi economica e sociale causata dalla crescente anemia del commercio, esattamente dalla scomparsa del commercio marittimo, provocata dall’espansione dell’Islam sulle coste del Mediterraneo. Prima dell’VIII secolo la situazione generale è di continuazione dell’economia mediterranea antica; dopo l’VIII secolo c’e la rottura completa con questa economia. in questo momento, che coincide all’incirca con la presa di Cartagine, il commercio marittimo è ridotto quasi a niente. Le condizioni di vita delle popolazioni di questi territori avranno un indicibile degrado. La storia ci ha tramandato la narrazione delle lotte politiche, quelle di una dinastia contro l’altra, quelle della nobiltà contro i re, quelle dei religiosi contro il potere temporale, ma poco si è occupata, salvo poche e interessantissime eccezioni, delle condizioni della vita umana negli ultimi secoli del millennio.
Il lettore troverà autorevolissima testimonianza del forte degrado sociale e delle condizioni di estrema indigenza nello scritto che proponiamo di seguito, appartenente ad Umberto Eco, fra gli storici italiani più autorevoli, esimio medievalista, affidato all’Introduzione al Medioevo, in “Il Medioevo” opera in 12 volumi di Federico Motta editore, Milano, 2009, per il Gruppo editoriale L’Espresso S.p.A., Introduzione, pag. 21), «… i secoli prima dell’anno Mille erano alquanto scuri perché le invasioni barbariche … avevano a poco a poco distrutto la civiltà romana: le città si erano spopolate o erano andate in rovina, le grandi strade non venivano più curate e sparivano fra gli sterpi, erano state dimenticate tecniche fondamentali come quelle dell’estrazione dei metalli e della pietra, si erano abbandonate le culture e … interi territori erano ritornati foresta»; e ancora «… il Medioevo prima del Mille era certamente un periodo di indigenza, di fame, di insicurezza», «… La fame aveva reso tutti smunti, poveri e ricchi, e – quando non erano più restati animali da mangiare – ci si era cibati di ogni tipo di carogne e “di altre cose che destano ribrezzo al solo parlarne”, sino a che alcuni si erano ridotti a mangiare carne umana. I viandanti venivano aggrediti, uccisi a pezzi e messi a cuocere, e coloro che si mettevano in viaggio nella speranza di sfuggire alla carestia, durante la notte venivano sgozzati e divorati da chi li aveva ospitati. C’era chi attirava i bambini mostrando un frutto o un uovo per poterli scannare e cibarsene. In molti posti si mangiavano cadaveri disseppelliti …». E infine «La popolazione, sempre meno numerosa e meno robusta, era falciata da malattie endemiche (tubercolosi, lebbra, ulcere, eczemi, tumori) e da epidemie tremende come la peste. … secondo alcuni l’Europa, che nel III secolo poteva contare tra i 30 e i 40 milioni di abitanti, nel VII secolo si era ridotta a 14 o 16 milioni. Poca gente che coltivava poca terra, poca terra coltivata che nutriva poca gente. Però quando ci appressiamo al millennio, le cifre cambiano, e si parla di nuovo di 30 o 40 milioni di abitanti per l’XI secolo, mentre nel XVI secolo la popolazione europea oscillerà ormai tra i 60 e i 70 milioni … si può dire che nel giro di quattro secoli la popolazione come minimo raddoppia. Nel X secolo iniziano a diffondersi le colture intensive di legumi».
A livello politico, si esaurisce la forza propulsiva della dinastia merovingia dilaniata dall’erosione dei suoi possedimenti terrieri da parte della nobiltà e dal degrado morale della corte. Si crea il potere dei Maggiordomi e, attraverso essi, subentra la dinastia carolingia
Sino all’inizio del VII secolo il Sud prevale sul Nord, ed il Sud è l’area mediterranea; la Gallia Merovingia è anch’essa fiorente come l’Africa e la Spagna; la navigazione mediterranea è intensa e il commercio fiorente; i centri cittadini pulsanti, la moneta circola e persiste il prestito a interesse, sostenuto da un commercio condotto da professionisti in materia. La persistenza di un’attività cittadina perpetua l’esistenza del fisco, della necessaria burocrazia, in definitiva di uno Stato nella pienezza romana del termine. La continuazione del modello romano si ha anche nel campo della cultura ed in quello morale. Dagli anni ‘30 comincia la decadenza merovingia, alla quale contribuiscono in maniera determinante le lotte civili tra i re. Queste, che erano state una consuetudine sino al 613 (basti pensare al conflitto tra Fredegonda e Brunechilde ed ai successivi intrighi di quest’ultima sino alla sua orrenda morte nel 613), vengono rese da allora più gravi dalla verde età e dall’immaturità dei re, dagli eccessi immorali e dalle implicazioni veneree dei rampolli reali. La gran parte di loro sono degenerati, Clodoveo II muore pazzo. E’ un quadro lugubre, in forte contrasto con la tradizione degli imperatori romani di Occidente e con quella dei Carolingi che li seguiranno. ma, soprattutto, con le condizioni di vita delle persone comuni, indigenti, proprietà dei proprietari delle terre nelle quali vivono, oggetto della narrazione di Umberto Eco già proposta.
Anche in questo caso l’autorevole testimonianza di uno storico di prima grandezza potrà dare una precisa idea di ciò che vogliamo significare. Scrive Henri Pirenne, belga, nel suo “Maometto e Carlomagno” (Laterza, Roma-Bari, 1996): «La corte dei Merovingi è un lupanare. Fredegonda è una megera spaventevole. Teodato fa assassinare sua moglie. E’ tutta una serie di reciproci tradimenti; dappertutto regna una mancanza di moralità quasi incredibile. La storia di Gundobaldo per questo riguardo è caratteristica. L’ubriachezza sembra essere il modo di vivere comune a tutti. Donne fanno assassinare i loro mariti dagli amanti; tutti si vendono per denaro; e tutto questo senza distinzione di razza, tra Romani come tra Germani. Perfino il clero – e non sono esenti le monache – è corrotto, sebbene pur sempre in mezzo ad esso la moralità si sia rifugiata. Però in mezzo al popolo la religiosità non si eleva al disopra di una grossolana taumaturgia. Si può dire che siano spariti in parte i vizi cittadini, i mimi, le cortigiane, ma neanche dappertutto, perché si trovano tra i Visigoti, e soprattutto in Africa tra i Vandali, che pure erano i più germanici fra i barbari del Sud. Essi divennero effeminati, amanti dei bagni e delle ville lussuose. Le poesie composte al tempo di Unerico e Trasamondo sono smaltate di tratti priapei. Si può concludere che dal tempo del loro stanziamento nell’impero tutti i lati eroici ed originali del carattere barbarico siano scomparsi per far posto ad un assorbimento romano. Il suolo della Romania ha succhiato la civiltà barbarica. E come poteva essere altrimenti, quando l’esempio veniva dall’alto?».
Inutile che tentiamo di spiegare ai lettori con nostre argomentazioni come si sia arrivati a questo stato. Lo ha già fatto molto meglio di come potremmo farlo noi Cinzio Violante in Un problema sociale: mercanti e potentes nella società merovingia, pubblicato da «Il Mulino», novembre-dicembre 1953, pp. 537-550, e di cui cercheremo di sintetizzare nelle righe che seguono i passaggi più significativi.
A partire dal VI secolo la nobiltà franca, la cui fedeltà al sovrano era stato un fondamento etico-giuridico, radicato nella tradizione delle antiche Sippen nobiliari germaniche anche per l’influsso della classe senatoria gallo-romana, assicura il proprio aiuto di natura bellica al sovrano solo in cambio di generosissime elargizioni di terre regie. Anche la nobiltà franca diveniva terriera e si legava alla terra, dal cui possesso cominciavano a discenderne autorità e potere. I nobili gallo-romani cessavano di costituire una casta e tra la fine del VI secolo e l’inizio del VII si esauriva in Gallia e in Provenza la tradizione culturale e letteraria romana, perché veniva meno quella classe senatoria che ne era stata la depositaria. L’atto con il quale la nobiltà si impone al sovrano, dando avvio a un profondo processo di trasformazione del regno e della società merovingi è l’editto di Parigi del 18 ottobre 614. Si tratta di un impegno particolarmente solenne da parte del sovrano, mediante il quale la nobiltà merovingia, compatta e salda nell’affermazione dei propri diritti, forte dell’aiuto prestato e del valore decisivo della sua fedeltà, potente per la forza delle armi e per i vasti possedimenti terrieri, imponeva il riconoscimento dello stato di fatto. I Potentes erano inseriti ormai nel vivo della società merovingia e dell’economia delle singole regioni.
Dopo il 614 non passeranno molti anni prima che comincino ad apparire – verso la metà del secolo – attorno ai grandi signori terrieri laici ed ecclesiastici quei missi, quei merchands d’abbaye, che non hanno ancora conquistato la loro autonomia di mercanti, ma già provvedono ai nuovi bisogni commerciali dei loro signori e dei domains ruraux divenuti più vasti.
L’editto di Parigi rappresenta il culmine della profonda crisi del potere regio. La riunificazione del potere nelle mani di Clotario II segna l’affacciarsi sul proscenio degli Arnolfingi e l’avvento al potere dei Maestri di Palazzo. Questi ultimi diventeranno presto gli esponenti della nobiltà in lotta contro la monarchia.
Il re è nelle mani dell’aristocrazia. Per resisterle egli ha tentato di appoggiarsi alla chiesa, ma la chiesa stessa è caduta nell’anarchia. Se si pensa all’influenza considerevole che i vescovi esercitarono dal secolo VII in poi nelle città, si deve necessariamente concludere che decaddero le istituzioni urbane. Senza alcun dubbio quello che esse avevano conservato della loro curia disparve in mezzo a quell’anarchia. La vita urbana quale l’aveva conservata il commercio sparisce. La ragione è che la sorgente mediterranea del commercio, non disseccata dalle invasioni del V secolo, si dissecca ora che quel mare è chiuso.(Pirenne, op. cit). Situazione tale da favorire l’ascesa dei Maggiordomi, dei quali sono inconsapevoli strumenti, contro i quali nessuno osò mai ribellarsi, che, anzi, in diversi casi furono i loro assassini. Vivono sotto la tutela della madre o della zia. Dopo Brunechilde si diventa regine per l’avvenenza. La regina Nantechilde è una domestica che Dagoberto ha fatto entrare nel suo letto. E ciò non fa che aumentare il potere dei Maggiordomi.
Enrico La Rosa
Nota (*) Le cartine indicate con la denominazione “Rizzoli Larousse, 1973” sono state gentilmente concesse dalla Casa Editrice Larousse, Paris. Esse sono state pubblicate nel fascicolo delle carte allegato alla «Storia Universale» in quattro volumi, pubblicata da Rizzoli Larousse nel 1973.
Goti
Popolazione probabilmente originaria della Scandinavia, stanziata nel I sec. a.C. alle foci della Vistola.
III sec. dC. I Goti raggiungono le regioni del Mar Nero e successivamente le rive del Danubio, entrando in contatto con l’impero romano
250-251
Invadono la Tracia e la Mesia. Negli anni successivi si stabiliscono nella Dacia e campiono incursioni contro le coste della Grecia e dell’Asia Minore
269
Sono sconfitti a Doberus (Macedonia) e a Naissus dall’imperatore Claudio II; poco dopo vengono respinti a nord del Danubio dall’imperatore Aureliano
Metà del IV sec
Iniziano la loro conversione all’arianesimo sotto la guida del vescovo Ulfila. Essi risultano divisi nelle due grandi tribù dei Visigoti (Goti occidentali) e degli Ostrogoti (Goti orientali)
Ostrogoti
370 circa
Assaliti dagli Unni, sono per la maggior parte assorbiti da questi e costretti a seguirli nelle loro scorrerie in Occidente. Alla morte di Attila (453) gli Ostrogoti si sottraggono al dominio degli Unni e si insediano nella Pannonia e nel Norico. In seguito si trasferiscono nella Mesia e l’Impero remano d’Oriente li accoglie come federati.
488
Guidati dal re Teodorico degli Amali (474-526), sono inviati contro Odoacre dall’imperatore d’Oriente Zenone.
489
Giungono in Italia e sconfiggono Odoacre all’Isonzo e all’Adige.
490
Odoacre viene battuto all’Adda e si rifugia a Ravenna.
493
Odoacre viene assassinato. Gli Ostrogoti si insediano in Italia. Teodorico cerca di favorire la pacifica convivenza tra il suo popolo, ariano, e i Romani, di fede cattolica
523
In risposta alla persecuzione degli ariani ordinata dall’imperatore Giustino, Teodorico perseguita i Romani
526
Morte di Teodorico.
Visigoti
376
I Visigoti sono accolti in Tracia dall’imperatore Valente
378
Battaglia di Adrianopoli (Edirne): i Visigoti sconfiggono l’imperatore Valente
382
Si stabiliscono nella Mesia come federali dell’impero romano
395
Guidati da Alarico, iniziano le incursioni contro
I’impero romano d’Oriente. Si stabiliscono poi in Dalmazia.
401
Alarico li guida in Italia
402
Sono sconfitti a Pollenzo (Piemonte) dalle truppe del generale romano Stilicone
403
Sono sconfitti a Verona da Stilicone e lasciano
l’Italia
408
Alarico li riconduce in Italia e giunge alle porte di Roma.
410
I Visigoti saccheggiano Roma
Fine del 410
Morte di Alarico presso Cosenza. Gli succede il cognato Ataulfo (410-415), che risale l’Italia e guida il suo popolo nella Gallia meridionale (Narbonese)
414-415
Ataulfo conquista la Gallia e passa in Spagna; a Barcellona viene assassinato (415). Gli succede il fratello Vallia (415-419)
418
I Visigoti si insediano in Aquitania come federati dell’impero romano
419-451
Regno di Teodorico I. Tenta invano di conquistare la fascia costiera del Mediterraneo. Alleatosi con il generale romano Ezio contro gli Unni, muore ai Campi Catalaunici (451)
453-466
Regno di Teodorico II. Combatte contro gli Svevi insediati in Spagna. Viene fatto assassinare da suo fratello Eurico, che gli succede
466-484
Regno di Eurico. Conquista quasi tutta la penisola iberica ed estende il dominio dei Visigoti in Gallia
484-507
Regno di Alarico II. Nella battaglia di Vouille (507) è sconfitto e ucciso da Clodoveo re dei Franchi
711
Fine del regno di Visigoti in Spagna.
Franchi
E’ una popolazione germanica dei paesi baltici
III sec. dC
I Franchi sono stanziati nelle regioni del basso e del medio Reno e risultano divisi in due gruppi tribali: i Franchi Sali e i Franchi Ripuari
257
Sono sconfitti dall’imperatore Gallieno.
258-259 e 276
Compiono incursioni in Gallia.
288
Subiscono l’offensiva dell’imperatore Massimiano
Fine del III sec
Diventano federati dell’Impero romano
Prima metà del V sec.
Sono respinti oltre il Reno dal generale romano Ezio
447
Morte di Clodione. Gli succede Meroveo (447-457), che contribuisce alla
vittoria di Ezio ai Campi Catalaunici nel 451
Metà del V sec. ca.
I Franchi Ripuari si insediano nella valle della Mosella e i Franchi Sali, guidati da Clodione, occupano la regione della Schelda
457-481
Regno di Childerico I
481-511
Regno di Clodoveo, re dei Franchi
486
Clodoveo conquista i domini del generale romano Siagrio
496-506
Clodoveo sconfigge gli Alamanni a Zülpich presso Colonia, e assoggetta i Franchi Ripuari. In questo periodo si converte al cattolicesimo
507
Clodoveo sconfigge a Vouillé i Visigoti, guidati da Alarico II, e annette l’Aquitania al regno franco
511
Clodoveo muore a Parigi, dove aveva fissato la sua residenza
732
Nella pianura di Poitiers Carlo Martello sconfigge l’esercito musulmano e ne uccide il condottiero, Abd-er-Rhaman.
739
Nuove incursioni in Provenza, vanificate dal nuovo intervento di Carlo Martello.
744
I Franchi di Carlomagno sconfiggono definitivamente i Longobardi e ne inglobano il regno.
756
Assedio del longobardo Astolfo a Roma. Affrontato da Pipino, chiede la resa e rende il territorio occupato, che il re franco restituisce al papa.
768
Salita al trono di Carlomagno.
774
Desiderio, chiuso a Pavia, si arrende a Carlomagno, che rilevò il titolo di re dei Longobardi.
778
Carlomagno è battuto a Roncisvalle e la sua retroguardia viene massacrata.
797÷813
I Carolingi non possedevano flotte e non potevano quindi spazzare il mare dai pirati che l’infestavano. Essi fecero sforzi per conquistarsi la sicurezza del mare:
– nel 797 occuparono Barcellona;
– nel 799 le Baleari devastate allora dai Saraceni e che si abbandonarono a Carlo;
nell’807 Pipino scaccia i Mori dalla Corsica con una flotta italiana.
800
Roma, 25/12 – Il papa Leone III incorona Carlo Magno Imperatore.
812
Aix en Provence, 13/11 – Pace tra Carlomagno e Bisanzio: abbandono ai Bizantini di Venezia e delle città dell’Istria, della Liburnia e della Dalmazia.
Definitiva rinuncia al mare dell’impero carolingio .
Ascesa di Venezia come potenza marittima nell’orbita di Bisanzio.
843
Trattato di Verdun e suddivisione dell’impero Carolingio in tre regni.
973
Il conte Guglielmo di Arles riuscì a ricacciare i Saraceni di Spagna installati a Hyères, Fréjus e Fraxinetum.
987
Ugo Capeto è re dei Franchi.