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MEDinMED |
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Nei tre secoli abbondanti seguiti all’avvento dell’Islam, l’Europa continentale ha sofferto della chiusura del Mediterraneo nella sua direzione e dei suoi traffici e del blocco dei suoi sbocchi a Sud, ossia dei porti del sud dell’odierna Francia, Marsiglia Arles e Narbona. Come visto, ne danno ampia testimonianza con le loro intramontabili opere, vere testimonianze universali, scrittori del calibro del belga Pirenne, del francese Braudel e del nostro Umberto Eco.
Il decadimento del benessere dei tempi dei Merovingi sembra irreversibile. Sembra evidente che l’indebolimento del tesoro di questa dinastia, che provocò quello della regalità e dello Stato, sia stata soprattutto la conseguenza della crescente anemia del commercio. Essa fu dovuta alla scomparsa dell’attività marittima, provocata dall’espansione dell’Islam sulle coste del Mediterraneo. La decadenza del commercio toccò molto meno le regioni del Nord, essenzialmente agricole. Tra il 680 e il 683, momento che coincide all’incirca con la presa di Cartagine, la navigazione di imbarcazioni appartenenti all’Europa continentale è ridotta quasi a niente. Nel 717 l’Europa viene salvata dalla conquista dei musulmani grazie alla decisiva vittoria di Leone III, imperatore d’Oriente. Il commercio, alimentato quasi esclusivamente dall’estremo oriente, ha direttrici gestite da Bisanzio o dall’Islam.
Nell’epoca carolingia la moneta aurea è sparita, il prestito su interesse è vietato, non esiste più una classe di mercanti di professione, l’importazione dei prodotti orientali (papiro, spezie, seta) è cessata, la circolazione monetaria è ridotta al minimo, il saper leggere e scrivere è sparito nel ceto dei laici, non si trova più un’organizzazione fiscale, le città sono diventate non altro che fortezze. Civiltà, che è regredita a quello stadio puramente agricolo che non ha più bisogno di un commercio, di credito e di scambi regolari per la conservazione della società. Quanto al commercio tra la Francia e la Spagna, quest’ultima di certo è in piena prosperità: per esempio, nel 970, in piena epoca islamica, il porto di Almeria era provvisto di locande; ma, dalla parte della Gallia, la sola importazione che si possa constatare in Spagna è quella degli schiavi, portati senza dubbio da pirati o da Ebrei di Verdun. Il grande commercio, pertanto, era morto dall’inizio dell’VIII secolo. Fu possibile mantenere solo il commercio di oggetti preziosi venuti dall’Oriente, esercitato da mercanti ambulanti ebrei. Forse si mantenne un certo traffico fra Bordeaux e la Gran Bretagna, ma certo in proporzioni molto ristrette.
E’ la desolante immagine di un mondo al lumicino, prossimo a rientrare nelle tenebre da cui era uscito qualche secolo avanti. E tale sarebbe probabilmente stata la sua sorte se non stesse schiudendosi sotto la dura terra della crisi economica, politica e sociale il germoglio della ripresa. Protagonista di questo processo inaspettato fu la Chiesa e i suoi strumenti. Probabilmente anche quelli divini, sicuramente quelli terrestri, ossia l’organizzazione territoriale che andava cominciando a darsi. Le città, dicevamo, sono diventate fortezze e la vita pubblica in esse è sparita. Ma, a cominciare dalla fine del VI secolo, prende a diffondersi un certo fervore monastico che si concretizza nella conversione degli anglo-sassoni dal 597 ad opera di Sant’Agostino ed i suoi 40 monaci tutti provenienti dal bacino mediterraneo e nel ripristino della laboriosa vita nella solitudine degli eremi ad opera di San Colombano e dei suoi discepoli irlandesi e franchi, che fondano monasteri fuori dalle città-fortezze, in zone boscose e spopolate, preferibilmente in riva a un corso d’acqua, o alla confluenza di due, o a breve distanza tra un corso d’acqua e un altro, o su di un’isola fluviale.
La completa inerzia medievale venne interrotta dalle attività che si andarono installando attorno e a servizio di quelle comunità religiose (monasteri, abbazie) che si formarono numerose nello sconfinato vuoto delle deserte regioni del nord/nordest europeo. Essi erano maggiormente diffusi nelle regioni più spopolate e germanizzate, nelle pianure del nord, tra la Schelda e la Somme. Si annoverano tra i più importanti: st. Valéry, st. Riquier, st. Omer, Marchiennes, st. Armand, Nivelles, st. Bertin, Peronne st. Quentin; verso est: Condé, Lobbes, Moorsel, st. Tryden; nella regione delle Ardenne e dell’Eifel: Stavelot, Malmedy, Echternach, Prum; lungo il corso inferiore della Senna: Fontanelle, Jumièges, st. Germain-des-Près, st. Denis; sulla Marna, nei pressi della confluenza con la Senna: st. Maur-I-Fossés; nella terra dei Vosgi: Moyenmoutier, Remiremont, st. Dié, Senones, Bonmoutier, Murbach; più vicino al Reno: Wissenbourg, Honau, Heichenau, San Gallo.
Ben presto i monasteri cominciarono ad organizzare le aree circostanti allo scopo di produrvi il necessario (bestiame, ortaggi e cereali) a garantire il sostentamento delle comunità monastiche e di quelle che attorno ad essi si andavano formando. Si preoccuparono di approvvigionarsi delle mercanzie che non potevano essere prodotte nei loro terreni e cominciarono ad acquistarne altri anche più lontani, idonei alla produzione di olio e vino, ovvero terre, botteghe e case nei pressi di porti e mercati importanti. Era fatale che nel tempo accorressero attorno ai monasteri uomini preposti ai trasporti e ai commerci. Inizialmente, nell’assenza di una classe di commercianti esperti, le grosse e più proficue mediazioni commerciali furono assicurate dagli Ebrei (specialisti soprattutto nel commercio degli schiavi) e dai Siri, abili nell’aggirare il blocco islamico delle vie verso oriente.
Si formarono gradualmente comunità urbane attorno a questi nuclei religiosi e, al loro interno, si andò sempre più specializzando al posto di mercanti stranieri una nuova categoria di missi, incaricati regi, abbaziali, vescovili, che diventavano, già nel secolo IX, i nuovi uomini d’affari impegnati nel grande commercio internazionale. Intorno al IX secolo questi marchands d’abbayeerano decisamente aumentati di numero e d’esperienza ed avevano acquisito piena autonomia negli affari su commissione, ma anche personali. Il commercio si sposta inesorabilmente verso Nord/Nord-Est e i porti del nord (Dorestadt, Maastricht, Quentovic, Rouen) sostituiscono quelli mediterranei di Marsiglia, Arles, Narbona, in un processo evolutivo iniziato già prima dell’avvento dell’Islam, che questo evento accelera moltissimo. Durante i regni merovingi il nucleo etnico più attivo è quello franco. Lo spostamento verso Nord-Est non è solo commerciale, ma anche politico e sociale.
Le più significative trasformazioni strutturali e ideologiche nel campo politico avvengono in quelle regioni fortemente germanizzate dando il carattere all’intera storia della Francia merovingia e carolingia. E tutto ciò ha avuto il suo peso determinante nella formazione del ceto dirigente attorno alla monarchia merovingia che piloterà il transito dall’epoca merovingia a quella carolingia e tanta importanza avrà nella formazione degli stati nazionali della fascia franco-tedesca.
In questa civiltà ancora fortemente anti-commerciale si trova però un’eccezione. Nella prima metà del secolo IX l’estremo Nord dell’impero, cioè i futuri Paesi Bassi, era animato da una navigazione molto intensa, la quale contrastava vivamente con l’atonia di tutto il resto dell’impero. Nessuna novità rispetto al passato anche più remoto, giacché già dal tempo dell’impero romano questo paese in cui la Schelda, La Mosa e il Reno mescolano le loto acque, aveva conosciuto un traffico marittimo con la Bretagna. Questa navigazione, molto ostacolata e rallentata dalle invasioni del V secolo e dalla conquista della Bretagna da parte dei Sassoni, si riaffacciò e continuò nell’epoca merovingia. Per effetto di questo commercio, che si estendeva nell’VIII secolo fino alla Scandinavia, nacquero i porti di Duurstede, sul Reno, e Quentovic sulla foce della Canche. La presenza della corte ad Aix-la-Chapelle, la pacificazione e l’annessione della Frisia non fecero che creare le condizioni necessarie per il ripristino dell’antica attitudine marinara di quelle popolazioni. E’ noto che la flotta frisona fu molto attiva per tutto il traffico fluviale della regione e sull’alto Reno fino alle invasioni normanne. Le principali dogane dell’epoca carolingia erano tutte poste al Nord (Rouen, Quentovic, Amiens, Maastricht, Duurstede, Pont-Saint-Maxence). Esistette dunque un grande commercio in quest’angolo settentrionale dell’impero e sembra anche che sia stato più attivo che in passato. Ma è un commercio orientato verso il Nord e che non ha più rapporti col Mediterraneo. Il suo dominio pare che comprenda, oltre i fiumi dei Paesi Bassi, la Bretagna e i mari del Nord. Verso l’interno, il retroterra di Amiens e Quentovic si stendeva fino alle soglie della Borgogna, ma non oltre. Anche a Tournai pare che l’attività commerciale sia stata abbastanza importante nel IX secolo. Ma nella seconda metà del IX secolo le invasioni normanne misero fine a questo commercio.
Esso dovette dipendere sempre più col tempo dal commercio degli Scandinavi, i quali nel IX secolo trasportavano vino dalla Francia in Irlanda. I rapporti che questi allacciarono coi musulmani attraverso la Russia dovettero dare un forte impulso al loro commercio. Nel IX secolo sul Baltico c’erano porti, diciamo meglio, scali marittimi importanti. L’archeologia ci dimostra che il commercio di Haithabu si stendeva, tra l’850 e il 1000, fino a Bisanzio ed a Bagdad, lungo il Reno, in Inghilterra e nel Nord della Francia. D’altra parte la civiltà vichinga ebbe un notevole sviluppo nel IX secolo, ma la sua più grande espansione avviene nel periodo dalla fine del IX e dalla metà del X. A Birka, in Svezia, sono stati trovati oggetti del IX secolo di provenienza araba ed altri originari di Duurstede e della Frisia. Da Duurstede, inoltre, gli Scandinavi di Birka esportavano vino nel IX secolo. Le monete di Birka del IX e X secolo erano diffuse in Norvegia, nello Schleswig, in Pomerania e Danimarca; esse erano un’imitazione dei denari di Duurstede coniati sotto Carlomagno e Ludovico il Pio. L’impero carolingio ha dunque due punti economici sensibili, l’Italia del Nord, grazie al commercio di Venezia, e i Paesi Bassi, grazie a quello frisone e scandinavo. Da questi due punti comincerà la rinascita economica dell’XI secolo; ma né l’uno né l’altro ha potuto svilupparsi pienamente prima di quell’epoca. Il primo sarà dopo breve tempo schiacciato dai Normanni, l’altro messo in difficoltà dagli Arabi e dai turbamenti interni dell’Italia.Enrico La Rosa
Nota (*) Le cartine indicate con la denominazione “Rizzoli Larousse, 1973” sono state gentilmente concesse dalla Casa Editrice Larousse, Paris. Esse sono state pubblicate nel fascicolo delle carte allegato alla «Storia Universale» in quattro volumi, pubblicata da Rizzoli Larousse nel 1973.