LA RIMONTA DELL’EUROPA CONTINENTALE

Storia

MEDinMED

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Nel settore occidentale inizia una nuova fase storica, comincia a prendere quota una nuova cultura, prevalentemente d’importazione nordica, avente il suo fulcro proprio in quei paesi periferici dell’epoca imperiale latina, i paesi anglosassoni, che furono i più lesti a sfilarsi dall’influenza romana.

Rizzoli Larousse, 1973 (*)

La completa inerzia medievale venne corretta dalle attività commerciali, su due differenti percorsi. Le esigenze di ripristinare le linee di rifornimento e di ridare immediato impulso ai traffici commerciali. La maturazione di imprenditorie autoctone che si affermarono nel tempo assumendo il controllo dei principali filoni commerciali.

Come visto in uno degli articoli già pubblicati, il consolidamento delle capacità produttive e commerciali autoctone avvenne attorno alle abbazie e favorì la formazione di comunità urbane, in seno alle quali si andò sempre più specializzando accanto e, poi, al posto di mercanti stranieri, una nuova categoria di missi, incaricati regi, abbaziali, vescovili, che diventavano, già nel secolo IX, i nuovi uomini d’affari impegnati nel grande commercio internazionale. Abbiamo visto come sia avvenuto lo spostamento della zona nevralgica del commercio verso nord/nordest, con il sostituirsi dei porti di Dorestadt, Maastricht, Quentocic, Rouen, a quelli di Marsiglia, Arles, Narbona (inizio VIII sec.) in parte a causa delle catastrofiche conseguenze dell’invasione araba nelle aree meridionali, in parte come segno del mutamento nell’economia e nella società merovingia, soprattutto come risultato più evidente di un processo evolutivo interno (cfr. Cinzio Violante, Un problema di storia sociale: mercanti e potentes nella società merovingia, in «Il mulino», novembre-dicembre 1953, pp.537-550).

Alle sollecitazioni immediate delle esigenze commerciali furono destinati nell’area franco-germanica quasi esclusivamente i commercianti ebrei. E’ necessario premettere che la comunità rappresentativa di questo mondo franco, che aveva arrestato in Occidente l’espansione continentale dell’Islam, si sentì insignita della responsabilità di ricostituire l’Europa su nuove basi. Da essa sentì che dipendeva l’avvenire del continente europeo in un contesto nel quale tutta l’area dal golfo del Leone fino alla foce del Tevere, era sconvolta dalle guerre e dai pirati, ai quali, per mancanza di flotta, gli Europei non poterono resistere e nel quale il legame con l’Oriente era tagliato e non si stringeva nessun rapporto con le coste musulmane. Per la prima volta nella storia l’asse della civiltà occidentale è spostato verso il nord, e per molti secoli si terrà fra la Senna e il Reno. E i popoli germanici, che fino ad ora non hanno avuto che una parte negativa di distruzione, sono chiamati a rappresentare una parte positiva nella ricostruzione della civiltà europea. Ma la Francia come appariva in quel momento era molto differente da quella dei Merovingi. Il suo centro di gravità non era più nella Romania; si era spostato verso il Nord germanico, e per la prima volta appariva con essa una forza politica che non gravitava più verso il Mediterraneo dove dominavano Bisanzio e l’Islam e quest’ultimo impediva ogni possibile collegamento con l’Oriente. Con i Carolingi l’Europa prende un nuovo definitivo orientamento. Se comincia a prendere quota la nuova vita attorno ai monasteri, non certo attraverso questi che si può mantenere la grande circolazione delle mercanzie. Il rallentamento del commercio è cominciato intorno al 650, ciò che corrisponde esattamente col progresso dell’anarchia nel reame. Dal 744 il capitolare di Soissons aveva incaricato i vescovi di aprire in ciascuna città un legitimus forus; ma nessuno di questi piccoli mercati era molto frequentato. Per la maggior parte del tempo non vi si vendevano che pollame, uova, etc. Senza dubbio in alcuni di quei mercati in condizioni più favorite potevano trovarsi anche dei manufatti: così doveva essere probabilmente per i tessuti nella regione fiamminga. Questi piccoli mercati così numerosi dovevano essere alimentati dall’industria domestica di vasai, fabbri, tessitori rurali, per lenesigenze della popolazione locale. Ma niente di più: non si trova traccia di mercanti ed artigiani stabili. Il fatto che molto spesso accanto al mercato si crea una piccola zecca è una nuova prova dell’assenza di circolazione. In quei mercati non era possibile procurarsi nulla di provenienza lontana. Gli affari più importanti, quando ce ne furono, non si facevano nei mercati; ma dovevano aver luogo quando se ne presentava l’occasione. Essi si basavano su oggetti preziosi, perle, cavalli, bestiame. Il testo di un capitolare mostra che in questo consisteva il commercio dei negociatores propriamente detti; costoro – gli specialisti e i mercanti di professione – erano quasi tutti Ebrei.

Rizzoli Larousse, 1973 (*)

Ecco la risorsa mediante la quale si diede soluzione alle esigenze immediate, nell’attesa che venissero a maturazione i processi spontanei ed autoctoni avviati all’ombra dei monasteri.

Gli Ebrei erano persone votate al commercio, nelle cui attività sono gli unici esperti nel mondo occidentale-europeo, insieme ad alcuni Veneziani. Nei capitolari dell’epoca la parola judaeus si trova sempre insieme con l’altra mercator. Questi Ebrei evidentemente continuavano l’attività dei loro compatrioti, che abbiamo visti sparpagliati in tutto il bacino del Mediterraneo prima dell’invasione dell’Islam. Però la continuavano in condizioni molto differenti. La persecuzione di cui erano oggetto in Spagna alla fine dell’epoca visigota, allorché Egica (687- 702) giunse ad interdire loro il commercio con l’estero e coi cristiani, non era passata all’impero franco. Al contrario, in questo essi furono messi sotto la protezione del sovrano, che li esentò dal pagamento dei diritti doganali. Ludovico il Pio promulgò in loro favore un capitolare, oggi perduto, il quale vietava di intentare loro processi se non secundum legem eorum. L’assassinio di un Ebreo comportava un’ammenda, che andava a profitto della camera del reo. Erano privilegi molto importanti, dei quali gli Ebrei non avevano goduto prima, e che mostrano che il re li considerava indispensabili. I Carolingi si servivano di loro molto spesso. Per mandare un’ambasciata a Bagdad, da Harun-al-Rascid, furono scelti Ebrei, e si è visto più sopra che tra i mercanti di palazzo, ad Aix-la-Chapelle, c’erano Ebrei. Ludovico il Pio aveva preso al suo servizio ed accordato una protezione speciale all’Ebreo Abraham di Saragozza, che lo serviva fedelmente nel palazzo. Non si trova nulla di consimile a favore di un mercante cristiano. Un privilegio di Ludovico il Pio è accordato verso l’825 a David Davitis, a Joseph ed altri loro correligionari abitanti a Lione. Essi sono esentati dai diritti di dogana ed altri sulla circolazione, e messi sotto la protezione dell’imperatore (sub mundeburdo et defensione). Possono vivere secondo la loro fede, celebrare i loro uffici in palazzo, prendere al servizio cristiani ad opera sua facienda, comperare schiavi stranieri e venderli dentro i confini dell’impero, fare scambi e trafficare con chi credano meglio, quindi, se occorre, anche con gli stranieri (Pirenne, Maometto e Carlomagno).

Agobardo testimonia nei suoi opuscoli, redatti tra l’822 e l’830, delle ricchezze accumulate dagli Ebrei, del credito del quale godono in palazzo, dei privilegi che l’imperatore ha fatto comunicare a quelli di Lione per mezzo di missi, e della clemenza di questi missi verso di loro. Gli Ebrei – egli continua – forniscono vino ai consiglieri dell’imperatore; i parenti dei principi, le mogli dei conti palatini mandano regali e vesti alle donne ebree; nuove sinagoghe si elevano. Pare di sentir parlare un antisemita moderno dei «baroni» ebrei. Ci troviamo senza dubbio davanti a grandi mercanti, ai quali i regnanti non poterono rinunciare nello sforzo immane di ridare dignità e un futuro all’Europa Franco-Germanica. Si arrivò fino a permettere loro di avere servi cristiani e di possedere terre, che fanno coltivare da cristiani, poiché essi non sono agricoltori. Già il papa si lamentava di questo stato di cose tra il 768 e il 772. Essi possiedono terre e vigne anche a Lione, a Vienne in Provenza, nei dintorni delle città: terre acquistate senza dubbio per collocare il denaro di benefici ricevuti.

Il commercio fatto dagli Ebrei è dunque generalmente commercio in grande e fatto con l’estero. Per mezzo loro l’Occidente ha ancora qualche rapporto con l’Oriente. L’intermediario non è più il mare, ma la Spagna. Attraverso di essa gli Ebrei sono in rapporto con le potenze dell’ Africa musulmana e Bagdad. Ibn-Kordadbeh nel Libro delle strade (854-874)

 

Enrico La Rosa

Nota (*) Le cartine indicate con la denominazione “Rizzoli Larousse, 1973” sono state gentilmente concesse dalla Casa Editrice Larousse, Paris. Esse sono state pubblicate nel fascicolo delle carte allegato alla «Storia Universale» in quattro volumi, pubblicata da Rizzoli Larousse nel 1973.