DEMOGRAFIA E ACQUA, IL LEGAME DA NON SPEZZARE

L’aumento demografico pone in condizione di stress idrico la maggior parte dei Paesi mediorientali

 

La zona medio orientale è una delle più popolose in tutta la terra. La sua popolazione è aumentata del 43% negli ultimi due decenni e potrebbe raggiugere i 461 milioni entro il 2025. L’asse crescente della demografia è da ascrivere anche alla migrazione economica associata allo sviluppo ed ai conflitti interregionali. I rifugiati sono aumentati in modo esponenziale ed hanno comportato emergenze civili non indifferenti. Ad esempio, la Giordania e la Siria, che in passato hanno accolto gli sfollati iracheni, hanno dovuto far fronte ad una crisi idrica poiché le risorse d’acqua dolce di cui erano fornite non erano sufficienti per soddisfare il bisogno della popolazione. Il naturale aumento demografico e la problematica configurazione del Medio Oriente che ha condotto popoli di diversa origine a migrare e a fondersi con gli abitanti di un altro Stato, hanno posto i governi delle nazioni mediorientali nelle condizioni di dover affrontare una nuova situazione demografica. Le città hanno visto ampliare le proprie recinsioni e ciò ha comportato dal punto di vista idrico una completa ristrutturazione del progetto di condivisione delle risorse. Una maggior popolazione urbana implica infatti un maggior utilizzo di acqua dolce. Ciò è necessario non solo per la sopravvivenza e per il soddisfacimento del basilare bisogno della sete, ma anche per far fronte ai problemi sanitari che una città priva di un adeguato apporto idrico potrebbe causare.

Per meglio comprendere l’urbanizzazione e la crescita demografica di questa regione, è consigliabile dividere idealmente l’intera sezione in due macro-insiemi: i Paesi del Mashreq e quelli del GCC, ovvero del Gulf Cooperation Council.

 

MASHREQ GCC
Egitto Arabia Saudita
Iraq Bahrein
Giordania Emirati Arabi Uniti
Libano Kuwait
Palestina Oman
Repubblica Araba della Siria Qatar

 

Il Mashreq presenta il 50% della popolazione rifugiata sulla totalità mondiale: un numero così ampio che ha modificato radicalmente la fisionomia della regione. L’urbanizzazione del Mashreq è difatti molto elevata quasi in tutte le sue aree: basti pensare che l’87% dei territori del Libano è costituto da impianti urbani e che la percentuale più bassa di inurbamento è detenuta dall’Egitto con un abbondante 47%. I Paesi del GCC ospitano una popolazione di oltre 39 milioni di persone, sebbene il 67% di queste viva nell’Arabia Saudita, una delle regioni più evolute e più urbanizzate a livello globale. Ben l’87% del suo territorio è infatti costituito da aree urbane e metropolitane, con una varietà etnica notevole. Oltre che a cercare di catturare l’interesse del turismo di lusso, l’Arabia Saudita ha aperto le sue porte ad oltre il 40% di popolazione straniera attualmente residente tra le sue sponde. Ciò si deve soprattutto all’elevato status economico che ha reso queste zone sempre più appetibili come meta per la migrazione interna. Nel 2010, il Qatar aveva l’87% di popolazione immigrata, seguito dal 70% degli Emirati Arabi Uniti, dal 69% del Kuwait, dal 39% del Bahrain e dal 28% dell’Oman. Con una simile densità urbana, gli investimenti degli stati del GCC sono volti soprattutto alla costruzione di migliori infrastrutture urbane: sorgono sempre più velocemente delle città di importanza secondaria da un punto di vista economico e politico ma che si situano, geograficamente, sui corridoi infrastrutturali diventando dei sobborghi delle principali città saudite. Grazie al petrolio, di cui sono produttori a livello globale, gli Stati del Golfo riescono a garantire un tenore di vita piuttosto elevato anche se non a tutta la popolazione: accanto ad un’opulenza sterminata e relegata a pochissime persone, convive la povertà disperata della maggior parte della popolazione locale. Quest’ultima vive prevalentemente nei resti degli insediamenti storici e nelle case popolari mentre i cittadini più ricchi occupano il centro delle città cosmopolite. Le ineguali condizioni di vita hanno condotto alla creazione di un sempre più crescente attrito tra la cittadinanza e il governo degli stati sauditi, favorendo una protesta che si leva soprattutto dallo strato operaio. La risposta del potere è stata la costruzione di alcune nuove città, chiamate “labour towns”, ovvero le città-lavoro, popolate esclusivamente dai salariati.

Con l’aumento della popolazioni le regioni del GCC e del Mashreq riescono sempre più difficilmente a far fronte alle richieste di risorse idriche.

 

Tabella 1 Aumento urbanizzazione in Mashreq e nel GCC 1970

  1970 1990 2010 2030 2050
MASHREQ 46% 52,9% 55.6% 60.3% 67.1%
GCC 52.7% 79.2% 75.4% 78% 82.2%

 

 

Tabella 2 Accesso diretto all’acqua nelle città del Mashreq e del GCC

  URBAN WATER ACCESS TOTAL ACCESS
MASHREQ 96 82
GCC 97 ..

 

 

Secondo i canoni del World health Organization and United Nations Children’s Fund Joint Monitoring Programme for Water Supply and Sanitation, questi paesi stanno ben reagendo agli standard richiesti per assicurare una decorosa esistenza, fatta eccezione per quei Paesi che devono fronteggiare un conflitto interno od esterno. La realtà sembrerebbe però essere ben diversa. La Giordania, ad esempio, secondo le carte ufficiali, avrebbe il 100% di accesso alle risorse d’acqua dolce. Nella realtà, molti ricevono l’acqua solo due volte alla settimana ed anche questa valutazione si basa sulla quantità numerica di bottiglie distribuite alla popolazione e all’erogazione generale delle autocisterne. Anche senza ricorrere a dati numerici, è ben evidente quanto questo quantitativo d’acqua sia totalmente insufficiente.

 

Adele Lerario