Fine settimana rovente.
Ma non è di quello italiano, sabato-domenica, che parliamo, nonostante le ultime sentenze meneghine e gli ultimi provvedimenti governativi in materia fiscale.
Ci interessa qui scrivere di quello islamico, giovedì-venerdì, che, a settimane alterne, interessa ora un Paese, ora l’altro.
Questa settimana la crisi tornerà in Egitto, nell’Egitto del primo anniversario dell’era di Morsi. Nel deludente Egitto di Morsi, nell’Egitto delle disillusioni, delle speranze tradite, dell’arroganza del potere che si reinstalla sotto altre sembianze.
Sono previste manifestazioni di piazza in tutto il Paese, l’esercito è mobilitato, viene riferito che elicotteri sorvolano i centri abitati. Osservatori internazionali presenti in loco e molto realistici, oltreché attendibili, definiscono come prive di fondamento queste indiscrezioni allarmistiche. Forti di esperienze vissute in analoghe situazioni in Paesi “simili”, non ci è difficile credere alla matrice “allarmistica” delle indiscrezioni. Non abbiamo difficoltà a pensare che simili allarmi possano essere stati alimentati dalle frange estreme dello scontento e dagli avversari politici, da quegli stessi ambienti che vorrebbero ribaltare l’attuale situazione.
E’, viceversa, plausibile che la popolazione venga attentamente controllata, per il momento con molta discrezione. Che siano predisposti piani per l’interdizione di qualsiasi azione venga valutata pericolosa ai fini della degenerazione del quadro generale. E’ verosimile che “il regime” intenda non contribuire ad eccitare gli animi, nell’attesa che l’attuale tensione possa scemare spontaneamente e senza bisogno di aiuti “istituzionali”. La vigilanza delle autorità è al massimo, si vuole evitare una replica di Siria e Turchia. L’instabilità regionale è destinata a crescere decisamente. Anche ad Occidente non sono rose e fiori, la Tunisia è ad un passo dal reinfiammarsi ed il Marocco continua ad essere in bilico. Per non parlare dell’Algeria, su cui pesa il precario stato di salute del suo Leader e la pressione esercitata dall’instabilità di matrice “qäedista” dei confinanti Paesi sub sahariani.
Le ambasciate europee al Cairo, anche quella italiana, hanno inviato opportuni warning alle loro rappresentanze locali e queste non hanno mancato di sensibilizzare gli operatori commerciali e turistici in loco. E’ misura ricorrente e usuale, se non altro per evitare coinvolgimenti ministeriali a causa di mancati allarmi: meglio, piuttosto, un eccesso di prudenza!
Certo è che il cammino di Morsi non è stato sin qui quale si sarebbe sperato e la principale risorsa nazionale, il turismo, ne ha fortemente risentito, con un calo di almeno il 30% dei turisti e, quindi delle entrate. Si parla di brusco arresto nella crescita del prodotto interno lordo, di spaventoso deficit di bilancio, di un debito pubblico enorme, di un’inflazione che divora l’inconsistente salario dei ceti più indifesi (operai non specializzati ed impiegati non di concetto). Omettiamo le cifre solo perché sono variabili con le fonti, ma i fenomeni sono sicuri al di là delle cifre stesse!
Quali sono stati, in estrema sintesi, i rapporti di Morsi con gli altri poteri dello Stato? Ha contrastato il potere militare attraverso l’annullamento nel giugno 2012 dello scioglimento delle camere precedentemente disposto ed il successivo allontanamento (agosto 2012) del Ministro della Difesa Hussein Tantawi e del Capo dello Stato Maggiore Generale Sami Annan. Si è opposto al potere giuridico nel pretendere (luglio 2012) l’annullamento di una sentenza della Corte suprema che dichiarava non valide le elezioni parlamentari; la Magistratura si è successivamente vendicata dichiarando inammissibili le elezioni parlamentari del passato mese di aprile, portando a pretesto l’omissione nei confronti della Corte Costituzionale del riferimento alla legge elettorale. Si è inimicato il favore popolare allorché ha fatto approvare il progetto di variante alla Costituzione che rafforza il ruolo dell’Islam e secondo il quale vengono fortemente limitate la libertà di parola e quella di riunione. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la nomina di qualche settimana fa a Governatore della regione turistica di Luxor di Adel El-Khayat, membro di spicco dell’ex gruppo armato islamista “Jamaa Islamiya”, già coinvolto nell’assassinio del presidente Sadat e negli attacchi che proprio a Luxor causarono alla fine del ’97 la morte di alcune decine di turisti.
Un repentino declino della popolarità del Leader che, nel discorso dell’altro ieri, ammette di avere commesso qualche errore, ma ribadisce con energia i fondamenti della propria politica e le idee-guida chiaramente poste a base della trasformazione delle Istituzioni sin qui perseguita.
A fine week-end ne sapremo probabilmente di più.
Enrico La Rosa