L’Amour, la fantasia è uno dei romanzi più interessanti di Assia Djebar. Pubblicato nel 1985 in lingua francese, il romanzo è un viaggio tra passato e presente, in cui al racconto autobiografico si affiancano la testimonianza e le storie delle donne algerine.
Esso si colloca, infatti, nello spazio dell’entre-deux, tra il mondo francese e quello arabo, tra realtà e finzione, tra «je» e «nous»: con grande originalità, l’autrice narra le storie du Même e de l’Autre, in cui ognuna porta la sua testimonianza e la sua impronta per un lavoro di memoria personale e collettiva.
Accompagnata a scuola per mano dal padre, insegnante algerino alla scuola francese, Assia Djebar apre il romanzo con il racconto della sua doppia appartenenza all’Algeria e alla Francia, condizione comune a tutti gli scrittori maghrebini francofoni, situati nello spazio dell’entre-deux, tra l’Occidente e l’Oriente, tra la Francia e l’Algeria, tra la lingua francese e quella araba.
La lingua francese è la lingua dell’invasore europeo, della violenza e degli orrori del colonialismo: «J’ai senti que pour moi, dans le français, il y avait du sang dans cette langue». L’impossessarsi di quelle terre, di quei corpi e quelle identità diventano un’eco alla storia personale della scrittrice, che si fonde con la storie delle altre donne algerine. Tuttavia, Assia Djebar trasforma la lingua del nemico in lingua dell’ospitalità, per se stessa e per l’Algeria, accogliendo il grido e il lamento della sua terra e delle donne.
L’Amour, la fantasia si presenta, infatti, al lettore come una sorta di autobiografia collettiva, in cui la scrittrice si “mette a nudo”, svelando se stessa e le donne algerine. L’io narrante diventa un «noi» che si confonde con altri «io», con altre voci, voci di donne che hanno partecipato alla guerra di liberazione. Attraverso la lingua francese, la lingua del nemico, del colonizzatore straniero, la scrittrice dà voce a chi non l’ha mai avuta, a coloro senza nome, alle donne velate e rinchiuse dietro le mura di un harem, alle memorie messe a tacere, nell’intento di costruire una memoria collettiva tutta al femminile.
La storia dell’Algeria diventa essenziale, all’interno del romanzo, come parte fondamentale della soggettività della scrittrice, la cui storia diventa l’oggettività condivisa dal popolo algerino, del «noi» di una patria.
Dopo il racconto della sua infanzia e della sua adolescenza, nonché della sua vita di donna sposata, Assia Djebar, infatti, abbandona la propria individualità per raccontare le vite delle altre donne, trasformando la propria autobiografia in tante biografie, rompendo, in questo modo, il silenzio dei racconti ufficiali coloniali e postcoloniali. Questa mescolanza di voci, di corpi, di volti e di vite si intrecciano in maniera complessa, raccontando la Storia e le storie, dove il passato non è fermo né condannato al silenzio.
L’amour, la Fantasia è un romanzo autobiografico e storico allo stesso tempo, in cui la storia personale della scrittrice si combina con quella delle altre donne algerine, e dell’Algeria in generale. L’intero romanzo si sviluppa attorno all’inevitabile dicotomia tra passato e presente, tra il silenzio e la parola. La sovrapposizione di diversi segmenti temporali, infatti, sottolinea la complessità dell’identità dell’autrice, un’identità dinamica, inscindibile dalla storia coloniale e postcoloniale dell’Algeria, creando, in questo modo, un’opera altrettanto complessa e varia, sia a livello della narrazione, sia a livello stilistico, in cui l’autobiografia e il romanzo si mescolano attraverso una molteplicità di voci e di storie (DJEBAR Assia, L’amour, la Fantasia, Parigi, Jean-Claude Lattès, 1985, 247 pagg.)
Deborah Nancy Simeone