Il nuovo corso dell’Iran, un’opportunità da cogliere rapidamente

La svolta iraniana

Con un’affluenza del 72,7% di tutti gli Iraniani aventi diritto al mondo, che vuol dire circa l’84% dei residenti in Iran, in condizioni di votare, Hassan Rohani è stato eletto al primo turno nuovo presidente dell’Iran, avendo ottenuto il 50,68% dei voti, pari a 18,6 milioni di schede. Hanno votato in tutto 36,7 milioni degli aventi diritto residenti in patria. Un risultato frutto «dell’intelligenza, della moderazione e del progresso sull’estremismo», come ha dichiarato a caldo alla TV di stato lo stesso eletto. L’allusione è chiara ed è rivolta all’avversario politico, il “falco” Ahmadinejad.

L’amministrazione americana spera in un “segnale di speranza”, ma – come vedremo – la situazione non è assolutamente migliorata per il loro punto di vista e per le aspettative loro e dell’alleato israeliano.

Chi è Rohani?

Montanaro, del nord del Paese, 65enne, la sua vita e la sua personalità gli hanno fatto ricoprire ogni tipo di incarico.

Da giovane rivoluzionario, militò con Rafsanjani nella resistenza contro lo scià Reza Pahlavi, fu arrestato e torturato.

Da religioso, cominciò i suoi studi al seminario di Semna nel 1960 per poi spostarsi l’anno seguente a quello di Quom. Parallelamente a questo indottrinamento, frequentò corsi moderni e fu ammesso all’Università di Teheran nel 1969 presso cui conseguì la laurea in giurisprudenza nel 1972. Proseguì in Europa, alla Glasgow Caledonian University, dove si laureò nel 1995 con una tesi intitolata “The Islamic legislative power with reference to the Iranian experience”

Da militare, durante la guerra Iran-Iraq ottenne la nomina a membro del Consiglio Supremo della Difesa (1982-1988), membro del Consiglio Superiore di supporto bellico, del comitato esecutivo (1986-1988), vice comandante della guerra (1983-1985), comandante della Khatam-ol-Anbiya Operation Center (1985-1988), della Iran Air Defense Force (1986-1991) ed infine Vice Comandante in Capo delle Forze Armate (1988-1989). Alla fine del conflitto gli fu assegnata la medaglia Fath (Vittoria) di secondo grado e fu insignito, dall’allora Comandante in Capo delle Forze Armate Ayatollah Khamenei, dell’onorificenza Nasr in occasione della liberazione di Khoramshahr. Terminato il conflitto, fu posto a capo dei pasdaran, i 120.000 guardiani della rivoluzione.

Nel campo dell’intelligence, fu insignito dell’incarico di vice presidente della Majlis e di Segretario del consiglio supremo della sicurezza nazionale, incarico che ricoprì dal 1989 al 2005. È stato membro dell’Assemblea degli Esperti dal 1999, membro del Consiglio del Discernimento della Repubblica islamica dell’Iran dal 1991, membro del Supremo consiglio per la sicurezza nazionale dal 1989, e capo del Centro per la ricerca strategica (Markaz-e Tahqiqat-e Estratejik) dal 1992.

Da politico, fu eletto all’Assemblea Consultiva Islamica nel 1980 e rimase deputato per 5 mandati consecutivi (fino al 2000), ricoprendo la presidenza del comitato per la difesa (I e II mandato), per la politica estera e la vicepresidenza dell’Assemblea (IV e V mandato).

Come negoziatore, si mise in luce quando si tennero i colloqui segreti tra Stati Uniti e Repubblica islamica nel tentativo di normalizzare i rapporti tra i due Paesi: era a capo della delegazione iraniana. Conobbe allora i vertici della diplomazia e dell’intelligence statunitense, con i quali seppe creare e intrattenere rapporti cordiali e costruttivi. Fu anche il negoziatore capo con i paesi dell’AIEA riguardo al programma nucleare iraniano. Fu successivamente a capo della Commissione per le trattative sul nucleare (2003-2005), come uomo di fiducia del presidente Khatami, anch’egli ritenuto “moderato”; negoziati, quelli sul nucleare, che ebbero un esito nefasto per l’Iran e che, una volta naufragati, scatenarono quelle sanzioni economiche che ancora strangolano il Paese. L’incarico ebbe termine nel giorno in cui la guida suprema del Paese, l’ayatollah Ali Khamenei, decise di estrometterlo dalla delegazione iraniana giudicandolo “troppo morbido”.

Il nuovo Presidente – E’ una persona di grande carisma, molto gradita sia al popolo che alla classe politica e dirigente, tant’è che i suoi ministri sono stati tutti accettati dal Parlamento. Le sue elezioni hanno segnato un grande afflusso di elettori, molto più che in passato, nonostante i martellanti inviti internazionali a disertarle. Ma gli Iraniani hanno una peculiarità molto marcata, sviluppata attraverso millenni di storia, antica ed importante: quando il loro Paese è in pericolo si uniscono in sua difesa, qualunque sia il loro credo politico o religioso. E’ stata elevatissima la presenza dei giovani, in massa, tutti convinti di dover votare Rohani. Cosa che ha molto sorpreso sia gli Americani, sia gli Israeliani, ma anche la stessa Guida Suprema; questa non si aspettava la sua elezione, ma è verosimile che saprà giovarsene sia all’interno dei fedelissimi, sia verso l’esterno e verso l’estero. La cosa più sorprendente è stata la pronta fiducia accordata ai nuovi ministri, pur essendo la maggioranza del Parlamento dello schieramento opposto, notoriamente conservatori. Altra componente sorprendente che riguarda i neo ministri è la loro provenienza, sono tutti laureati o dottori e qualcuno ha insegnato in università americane o occidentali.

L’Italia, la sua nuova politica estera e la visita del Vice ministro italiano in Iran – La politica estera italiana, che con la Bonino sembra essersi ridestata e spogliata delle esitazioni e delle contraddizioni degli ultimi anni, ha finalmente acquisito verso gli eventi di questa regione una sensibilità che recentemente aveva perso ed ha assunto iniziative che sembrava non le appartenessero irrimediabilmente più. Significativo il ritmo fortemente mediorientale/mediterraneo impresso dal Ministro alla sua attività dalla data del suo insediamento: 8/5-Roma-Incontro con il Ministro della Giustizia israeliano, Tzipi Livni, 8/5-Roma-Incontro con il Ministro degli Esteri giordano, Nasser Judeh, 22/5-Amman-Partecipazione alla riunione ministeriale sulla Siria, 30/5-Roma-Incontro con il Segretario Generale della Lega Araba, El Arabi, 5/6-Roma-Incontro con il Vice Ministro degli Esteri di Israele, Z. Elkin, 25/6-Visita in Giordania, 26/6-Roma-Incontro con il Ministro degli Esteri palestinese, Riad Malki, 26/6-Roma-Incontro con il Presidente dell’UA Dlamani-Zuma, 3/7-Roma-Incontro con il vice primo ministro irakeno, Al Shawys, 4/7-Roma-Partecipazione all’incontro del Capo dello Stato con il Primo Ministro libico Ali Zidan, 6-8/7-Visita in Kuwait ed Oman, 18/7-Roma-Incontro con il Presidente del Partito Socialista albanese Edi Rama, 24/7-Roma-Incontro con il Ministro degli Esteri cipriota, Ioannis Kasoulides, 21/8-Bruxelles-Partecipazione al CAE straordinario sull’Egitto, 22/8-Roma-Incontro con il Ministro degli Affari Esteri del Qatar, Khalid bin Mohamed Al-Attiyah, 23/8-Roma-Incontro con il Ministro degli Affari Esteri della Turchia, Ahmet Davutoglu, 30/8-Roma-Incontro con il Ministro degli Affari Esteri degli Emirati Arabi Uniti, Sheikh Abdullah Bin Zayed Al Nahyan, 3/9-Missione a Tunisi. E, concordemente, la parallela attività dei suoi più stretti collaboratori.

Da segnalare, in particolare, il viaggio compiuto in Iran dal Vice Ministro Lapo Pistelli a ridosso dell’insediamento del Presidente Rohani. Significative le dichiarazioni rilasciate da Pistelli al rientro, evocanti <il cambiamento di clima>, <il caro prezzo pagato dall’Italia a causa dell’allineamento alle scelte compiute assieme alla comunità internazionale a causa dei comportamenti della leadership iraniana di Ahmadinejad>, <gli ottimi rapporti storici esistiti tra Roma e Teheran, fra il nostro sistema imprenditoriale e il loro>, <la convenienza per l’Italia derivante da un possibile cambio di clima tra le parti>,<la democrazia intrinseca del sistema politico iraniano, nel quale Presidente e Parlamento sono eletti dal popolo>, <la legittimità di questo Presidente votato al primo turno da almeno il 75% dell’elettorato>, <la necessità di sfruttare questa pagina elettorale>, <lo ‘sdoganamento’ internazionale di Teheran>,<la nuova squadra di governo iraniana piena di personalità educate in America, in Inghilterra, conoscitori dell’ambiente occidentale>, <la squadra che tende la mano all’Occidente>, <l’Iran pronto a discutere e a trattare>, <la necessità di facilitare dialogo su nucleare e negoziati seri e sostanziali da entrambe le parti>, <il diritto rivendicato dall’Iran di acquisire la fonte energetica nucleare in quanto Paese firmatario del TNP (trattato di non proliferazione, ndr)>, <l’obiettivo iraniano per un verso di riconfermare questo diritto e per l’altro  di fornire garanzie alla comunità internazionale>, <la natura della crisi siriana, in parte affare nazionale, ma in grande parte guerra regionale dove ciascuno dei Paesi coinvolti arma milizie straniere>, <la necessità che l’Iran sia coinvolto nella soluzione della crisi siriana, visto che è generalmente considerato parte del problema>, <l’auspicio che la nuova situazione creatasi e la buona volontà dei contendenti aiutino il compimento di alcuni processi diplomatici, quali il caso del nucleare iraniano e il caso della Siria>.

Ma ancora più meritevoli di menzione nel nuovo corso della politica estera italiana ci sembra siano state la netta condanna del colpo di stato dei generali egiziani, che hanno destituito Morsi, e il netto intendimento di dissociarsi da eventuali missioni belliche contro la Siria «l’Italia non prenderà parte a soluzioni militari al di fuori di un mandato del Consiglio di sicurezza dell’Onu … l’unico quadro di riferimento giuridico» per una azione armata contro la Siria (Guido Moltedo 28 agosto 2013 in http://www.europaquotidiano.it/).

Qualche considerazione con l’occhio puntato alla carta geografica

I confini – L’Iran confina via terra o attraverso il Mar Caspio, il golfo Persico ed il golfo di Oman con ben 15 Paesi: Iraq, Turchia, Armenia, Azerbaijan, Russia, Kazakistan, Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan, Oman, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar, Bahrain, Kuwait.

Il ruolo regionale dell’Iran – Il ruolo dell’Iran è sempre stato determinante nell’area. Determinante e, spesso, indispensabile. Utile all’Europa e all’Occidente più di quanto essi stessi non si siano spesso resi conto. Non si può dimenticare il suo ruolo di contrasto del narcotraffico talebano. Sotto lo Scia, l’Iran era uno dei più fedeli alleati americani della zona, insieme all’Arabia Saudita ed al solito Israele. Con l’instaurazione della repubblica islamica questo rapporto d’amicizia è venuto meno e si è andato trasformando in una irriducibile inimicizia. L’Iran è diventato uno dei principali avversari degli Stati Uniti. La guerra contro l’Iraq non è stata fatta per mandare via Saddam, gli USA volevano conquistare una posizione molto prossima all’Iran. E vogliamo parlare della guerra ai Talebani? Chi sono i Talebani? Chi li ha creati? Facciamo un passo indietro. Durante la guerra fredda le due grandi potenze si sono spesso combattute attraverso terzi, ossia sostenendo in vario modo avversari dell’avversario. Due “creature americane” si rivolteranno contro il creatore/protettore e sconvolgeranno tutta l’area che dal Mediterraneo orientale arriva sino alla Regione caucasica ed all’oceano indiano e che ha diretto impatto sulle vicende mediorientali. L’avidità ha perduto un Saddam Hussein che si era eccessivamente montato la testa. Sconfitto l’Iran con l’aiuto americano, dopo un bagno di sangue durato otto anni (80/88) e costato la vita a non meno di un milione di persone d’ambo le parti, non contento di un sottosuolo ricchissimo di petrolio, come le famose mappe di Cheney avrebbero dimostrato negli anni successivi, ha voluto interrompere e punire l’indebita sottrazione da parte del Kuwait, invadendolo (agosto ’90) e causando l’intervento nella penisola arabica della coalizione internazionale guidata dagli americani (17.01.91). Non sarebbe stato strano che questo intervento fosse stato dettato dalla necessità di mettere un caposaldo accanto all’odiato nemico. Oussama Ben Laden è l’altra creatura supportata dagli USA in funzione antisovietica, divenuto scomodo dopo avere assolto la missione per la quale era stato aiutato. Dopo la distruzione delle “torri gemelle” l’amministrazione americana decise di disfarsi di entrambi. Invase parte dell’Afghanistan e l’Irak, giustiziò le sue due creature divenute irriducibili avversari e distrusse l’ordinamento interno di entrambi i Paesi, favorendo l’elezione-burla di governi e parlamenti invisi e non rappresentativi e rendendoli, di fatto, due laboratori molto dinamici ed efficaci dell’internazionale del terrorismo islamico, fra loro intimamente correlati e capaci di proselitismo e simpatie in tutto il mondo mediorientale ed occidentale. E come considerare la Siria? Un regime filo americano in sostituzione del truce Bashar al Asad, amico di Iran, Russia e un po’ della Cina, sterminatore del suo popolo, contro cui lancia armi di distruzione di massa, probabilmente inesistenti come quelle immaginarie usate a suo tempo da Saddam Hussein, causa della sua morte. E la guerra civile da chi è combattuta? Da mercenari stranieri, cui l’America, per bocca di qualche suo esponente, non ha difficoltà ad ammettere di fornire armi. In Turchia, invece, Erdogan fa molto comodo e lo si è sostenuto, anche perché la sua intensità islamica è molto moderata, e – d’altronde – è anche molto amato dal popolo. Il fallimento in Iraq ed in Afghanistan ha indotto ad agitare le acque in Kurdistan e a cercare di attrarre l’Azerbaijan. Farebbe molto comodo anche l’Azerbaijan, nei confronti del quale è in atto un poderoso sforzo politico, diplomatico e commerciale israeliano.

Il balletto delle alleanze e delle responsabilità occidentali negli avvenimenti politici dei Paesi attorno all’Iran è evidente e sotto gli occhi di chiunque voglia vedere. La nuova situazione politica iraniana è un’occasione insperata per USA & Co, è il momento della buona volontà, di dimostrare la sincera intenzione di risolvere i problemi regionali, evitando che incancreniscano. Operando uno sforzo di fantasia che consenta di individuare soluzioni “globali”, pur essendo i singoli scenari molto diversi gli uni dagli altri. Soluzioni che non privilegino sempre e comunque gli interessi commerciali e unilaterali dei soliti noti, ipotesi che prevedano pari dignità per tutti, che salvaguardino l’integrità territoriale (anche retroattiva, se necessario) di tutti gli attori sul palcoscenico, che non contemplino la solita classificazione dei contendenti in “buoni” e “cattivi” (a nessuno piace essere additato preventivamente come “guastafeste”). La crisi siriana, nella quale anche l’Iran è coinvolto, è un’occasione unica e irripetibile, che non può e non deve essere risolta unilateralmente dall’amministrazione americana. Questa commetterebbe un grossissimo errore se dovesse alla fine prevalere l’univoca decisione di regolare la questione siriana scollegata dallo scenario circostante e con il solo ricorso alle armi. E non è neanche vero che ogni trattativa con il dittatore debba essere preceduta da un’azione militare di intimidazione, come qualche autorevole esponente USA va dichiarando. Potrebbe essere, questa volta, una decisione azzardata e senza ritorno. Nell’area c’è un Paese, l’Iran, deciso a giocare la partita sino in fondo. La nuova amministrazione si è ripetutamente dichiarata favorevole alla ricomposizione delle controversie, ma non la si può menare per il naso. Non si può, per esempio, causare la morte di parecchie persone appartenenti alle fasce vulnerabili della popolazione come i bambini, le donne, gli anziani e gli affetti da malattie particolari come il cancro per la scarsità dei necessari medicinali e del loro elevatissimo costo al mercato nero, sostenuto peraltro dalle imprese dei paesi partecipanti all’embargo stesso, e poi decidere di liberalizzare l’esportazione e la vendita di quei materiali elettronici riguardo ai quali la concorrenza cinese è più agguerrita e rischia la definitiva estromissione delle industrie americane. Non sono queste la trasparenza, la chiarezza e la coerenza invocate più volte dalla nuova amministrazione iraniana in cambio di un approccio più morbido nelle trattative. A tal proposito, per completezza, si riportano alcuni brani della lettera datata 21 agosto e pubblicata dal sito di Press TV giovedì 22, 09:23, con la quale il presidente dell’Accademia delle Scienze Mediche dell’Iran Seyed Alireza Marandi, ha chiesto al Segretario Generale dell’Onu di interessarsi al caso dei pazienti iraniani che per penuria di medicinali, effetto causato dalle sanzioni degli Stati Uniti, vanno incontro ad una inesorabile morte: “…scrivo ancora per sottolineare che queste sanzioni disumane…stanno avendo un impatto significativamente negativo sulla salute della popolazione iraniana in generale, incluse donne, bambini, pazienti ospedalieri e qualsiasi persona in cura”, ricorda il prestigioso medico iraniano. Marandi prosegue: “Come persona responsabile del monitoraggio della salute del popolo del mio paese a livello nazionale, la avviso nuovamente, come persona responsabile della difesa dei diritti umani fondamentali, che le sanzioni applicate hanno causato e continueranno a causare una forte mancanza di cibo e medicine. Inoltre le sanzioni stanno rendendo sempre più costosi questi beni essenziali rendendoli sempre più irraggiungibili per le fasce vulnerabili della popolazione come i bambini, le donne, gli anziani e gli affetti da malattie particolari come il cancro”. Il presidente dell’Accademia delle Scienza Mediche dell’Iran scrive ancora: “Per oltre tre decenni l’Iran ha portato avanti programmi per la salute di grande successo, sostenuti dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità che hanno elevato in maniera significativa la salute in tutto il paese. Questi traguardi raggiunti vengono ora minacciati seriamente dall’escalation delle barbare sanzioni avvenuta nelle scorse settimane ed effettuata in particolare dal governo del Stati Uniti”. E conclude: “La negligenza delle Nazioni Unite e degli altri organi internazionali rispetto a questo argomento di grande importanza, oltre alla permanenza sulle pagine della storia, indebolirà ulteriormente questi già indeboliti organismi internazionali nella difesa dei diritti inalienabili degli individui e delle popolazioni dinanzi alla sadiche punizioni collettive”.

Sotto il profilo della salvaguardia dei diritti umani elementari soprattutto delle fasce indifese, in virtù dei quali vengono spesso organizzate persino delle spedizioni militari, questa situazione è a dir poco odiosa e vergognosa.

E, considerando la cosa da una prospettiva commerciale, di solito più facile da essere recepita da orecchi che ormai sono sensibili principalmente al tintinnio del denaro, la crescita di Cina ed India e l’aumento della domanda e del consumo di idrocarburi di questi due Paesi, il cui fabbisogno energetico è in forte aumento, estromette definitivamente Stati Uniti ed Europa dal mercato iraniano a fronte di un tetto produttivo saturo e non ulteriormente aumentabile.

Conclusione – L’occidente ha ora una grande opportunità, e questa si chiama Rohani. Può fare in modo di rafforzare il nuovo leader, che – però – ha già dichiarato di esigere la massima trasparenza. E ciò senza pretendere la rinuncia all’arricchimento dell’uranio e all’energia nucleare da parte dell’Iran. Il Paese domanda quest’energia nell’ambito di quel contratto internazionale firmato dal Paese contro la produzione di armi di distruzioni di massa. Il popolo iraniano, ancorché provato dal lungo embargo, non permetterà questa rinuncia e non sopporterà la prepotenza dell’imposizione esterna. Esso è pienamente cosciente, tra l’altro, che la religione sciita non permetta l’impiego di armi di distruzione di massa, e sembra crederci sinceramente! Nel contempo, impedirà a qualsivoglia governo del proprio Paese di rinunciare alla acquisizione dell’energia nucleare.

Una normalizzazione dei rapporti con l’Iran avrebbe, inoltre, positive ricadute sulla situazione siriana e, di qua, sulla crisi generalizzata che grava su tutto il mondo mediorientale e nordafricano, su tutte le così dette “primavere”.

Sapranno i governanti occidentali inchiodare i loro interlocutori con la forza di coerenza, trasparenza e saggezza? In ogni comunità, dalla famiglia, al condominio, al rione, al Parlamento, e così via, è la componente più forte e più saggia che fa un passo indietro per favorire la maturazione di quella in crescita. Sapremo fare come il capo famiglia saggio e benevolo che, fermi i principi basilari, cede al figlioletto per infondergli fiducia e coraggio, nonché una crescente capacità di autogoverno e la coscienza dei propri mezzi e delle responsabilità derivanti dal far parte di una comunità, nella quale tutti sono ugualmente importanti e tutti debbono avere uguali diritti e doveri? Sarà il bambino a dover capire e imparare dalle conseguenze dei propri errori che tante volte avrebbe fatto meglio a dare retta ai consigli del papà. Se i genitori pretenderanno di insegnare “la vita” a suon di ceffoni, i figli cresceranno in modo distorto. Essi necessitano, al contrario, di fiducia, non di frustrazioni; di speranza, non di illusioni; di buoni esempi, non di imposizioni autoritarie.

Sapremo fare i bravi papà?

Enrico La Rosa

Intervista pubblicata da Radio Radicale il 9 agosto

Iran. Intervista al viceministro degli Esteri Lapo Pistelli

(Sintesi ed estratti)

… la visita nasceva dal bisogno di prendere atto personalmente di questo cambiamento di clima … l’impressione è che già il tipo di scelta di squadra di governo che è stata fatta è il primo messaggio che l’Iran manda alla comunità internazionale. Se si scorrono i curricula delle persone si scopre che sono tecnocrati si scopre che la metà di loro ha studiato negli Stati Uniti o in Inghilterra, … nessuno di questi è cresciuto in una madrasa pachistana; siamo di fronte a una squadra che tende la mano all’Occidente, … ma da una posizione di forte orgoglio nazionale … un Iran pronto a discutere e a trattare. Sul nucleare, l’Iran riconferma in ogni circostanza che, essendo Paese firmatario del TNP (trattato di non proliferazione, ndr) il diritto all’energia nucleare le tocca. E’ stato tuttavia detto che la nuova dirigenza capisce che l’Occidente ha delle preoccupazioni ed, anche non condividendole perché ritenute infondate, è pronta all’interno del TNP a dare tutte le garanzie che servono a fugare quei dubbi. … L’obiettivo è per un verso riconfermare questo diritto e per l’altro fornire garanzie alla comunità internazionale. Per questo Rohani auspica un negoziato “serio e sostanziale”, … non deve essere strumentale per seconde agende. Quanto al dialogo diretto con gli Stati Uniti, l’Italia, all’interno dell’Europa, pur non essendo tra i protagonisti, all’interno dell’Europa siamo forse più d’ogni altro una capacità di dialogo e di interlocuzione con questo Paese non da oggi … la matrice dei rapporti economici e culturali tra i nostri due Paesi è una matrice formidabile. Cioè, noi abbiamo pagato in questi anni un prezzo molto elevato all’allineamento rispetto alle scelte compiute assieme alla comunità internazionale a causa dei comportamenti della leadership iraniana di Ahmadinejad. Ma c’è assolutamente non un viottolo, ma un’autostrada nei rapporti tra Roma e Teheran, fra il nostro sistema imprenditoriale e il loro … noi abbiamo tutto da guadagnare in questo, se parte una stagione diversa. … Da Teheran il messaggio che arriva oggi è: «Noi abbiamo fatto la nostra scelta, cosa vogliono fare gli Americani?» Noi siamo a consigliare che gli Americani questo dialogo lo ingaggino! … Il Medio Oriente è già talmente pieno di incendi, di fratture e di focolai, che se riusciamo a evitarne uno e a utilizzare magari una nuova stagione anche per spengere altri incendi, abbiamo tutti da guadagnare. … Nella giornata che tradizionalmente è dedicata al Kuds a Gerusalemme e che in genere è momento rituale di propaganda antisionista … il presidente Rohani ha pronunciato un discorso in cui nemmeno in una riga è stato nominato Israele e il sionismo … la ferita era la mancata realizzazione dello stato palestinese, una roba che qualsiasi europeo o americano potrebbe sottoscrivere … credo che serva coraggio anche a Israele … forse c’è da compiacerci se finalmente gli Iraniani hanno voltato pagina e credo che da una stagione diversa di dialogo anche Israele possa trarre profitto. Con riguardo alla situazione siriana, se l’Iran è una parte del problema, in qualsiasi conferenza negoziale deve essere anche una parte della soluzione. … in parte è una guerra siriana, ma in grande parte sta diventando una guerra regionale dove ciascuno dei Paesi coinvolti arma milizie straniere. E dunque sarà il caso che, se vogliamo rallentare l’orrendo massacro che sta capitando, innanzi tutto ciascuno deve staccare la spina ai propri combattenti … Se l’Iran ritrova grazie a questa nuova leadership e a dei negoziati seri un ruolo al tavolo della comunità internazionale, allora si può parlare con Teheran di una pluralità di argomenti … Quando in un Paese partecipa oltre il 75% degli elettori, questo vuol dire che quel modello non è in discussione … Siamo alla 6a o 7a elezione presidenziale dal ’79 (l’11a, per l’esattezza, ndr) e quando il modello tiene, e tiene con il 75% di partecipazione, questo vuol dire che ogni seconda agenda destinata a boicottare il sistema per farlo cadere secondo me oggi non funziona … nell’area del Golfo quello è l’unico sistema che ha un parlamento e un presidente eletto, le altre sono monarchie ereditarie, monarchie con una dinamica politica interna mi permetto di dire un pochino più opaca di quella che siamo abituati ad analizzare criticamente per Teheran … ho ascoltato da parte loro una disponibilità perfino preventiva ad ingaggiare un dialogo critico sui diritti umani, che evidentemente per noi restano, lì come altrove, una piaga aperta.

Intervista apparsa sul website MAE 12 agosto 2013

“Iran cambia pagina. Pistelli, Italia apripista”

(Trascrizione integrale)

Italia apripista in Iran, dopo l’insediamento del nuovo presidente Hassan Rohani. “Non si è trattato di una fuga solitaria – spiega in un’intervista all’Ansa il Vice Ministro degli Esteri Lapo Pistelli, appena tornato da Teheran – ma fortemente voluta dal Ministero con la piena consapevolezza, informazione e condivisione di Palazzo Chigi, del Quirinale e con la preventiva informazione degli alleati europei e americani e anche di Israele”. La missione affidata alla nostra diplomazia, precisa Pistelli, non è frutto di un caso.” Qualsiasi opinione si possa avere sulla politica internazionale iraniana siamo davanti a una potenza regionale che non può essere rimossa concettualmente dalla politica estera del nostro Paese – ricorda il Vice Ministro. Noi più di altri e prima di altri abbiamo storicamente avuto ottime relazioni con l’Iran, dai tempi di Romano Prodi e Mohammed Khatami e ancor prima da quelli di Enrico Mattei negli anni ’50. Se cambia qualcosa in quel Paese abbiamo tutto da guadagnare, non soltanto da soli ma come intera comunità internazionale”.

Aiutare il compimento di alcuni processi diplomatici

Pistelli aggiunge di credere ”molto nel ruolo che la politica estera italiana sta giocando perché siamo in pista da tre mesi, meno attenti all’ossessione di apparire e sedersi in alcuni tavoli, e invece molto più attenti ad aiutare il compimento di alcuni processi diplomatici. Il caso del nucleare iraniano potrebbe essere uno, il caso della Siria potrebbe essere un altro”. Reduce dall’Iran, Pistelli fa il punto sui dossier internazionali caldi nell’agenda della Farnesina tra i quali Teheran e’ uno dei fronti in prima linea.

Facilitare dialogo su nucleare

E se, come sembra, si preannuncia un settembre impegnativo, con la Russia che vorrebbe un nuovo round negoziale sul nucleare, la domanda, ovvia, è se l’Italia, fuori dal 5+1, cercherà di ritagliarsi un ruolo. “C’e’ un quadro già stabilito che è il 5+1, esistono dei pacchetti negoziali e ci saranno a breve anche i nuovi negoziatori iraniani: si immagina per esempio che la delegazione sarà guidata dal nuovo Ministro degli Esteri Mohammad Javaz Zarif. C’è una finestra di opportunità affinché ci siano negoziati seri e sostanziali da entrambe le parti. Noi siamo impegnati per facilitare quel tipo di dialogo”.

Siria, il ruolo dell’Iran

“Ginevra 2 – quando, se e come verrà – deve servire per mettere insieme in un compromesso opinioni che oggi sono radicalmente distanti, fra le quali c’è anche il ruolo che l’Iran, insieme ad altri, sta giocando nel conflitto siriano. C’è bisogno che tutti gli attori di quel conflitto si siedano in qualche modo al tavolo, Iran incluso”.

Su un possibile ‘sdoganamento’ internazionale di Teheran, Pistelli lascia aperta più di una porta. “Dipende da loro e dipende da noi. La pagina elettorale iraniana e stata una pagina oggettivamente nuova. Innanzitutto, abbiamo interesse a sfruttare questa pagina elettorale? La mia risposta e’ sì. Ci sono già tanti incendi nel mondo che se per caso abbiamo le condizioni per spegnerne uno dobbiamo festeggiare e scommettere su questa finestra. La nuova squadra di governo iraniana e’ piena di personalità educate in America, in Inghilterra, conoscitori dell’ambiente occidentale. Si possono cogliere buoni risultati sia sul piano del nucleare sia sul piano degli altri dossier regionali nei quali abbiamo interessi comuni”.