Comunicazioni mediterranee: l’etere ed i cavi sottomarini

di Enrico La Rosa

Finalmente!

Finalmente le grandi testate italiane, che non brillano per le loro cronache estere, concentrate soprattutto su quanto accade in casa, si sono dovute tuffare nel Mediterraneo tirate per i capelli dalle rivelazioni di Edward Snowden, la nota “talpa” del Datagate, e di Gleen Greenwald, il giornalista americano custode dei suoi file.

E’ in questo modo che il grande pubblico, che normalmente non legge questo giornale, è potuto venire a conoscenza dell’esistenza dei netodotti mediterranei e che i segnali delle nostre comunicazioni web non sono propagati esclusivamente nell’etere, ma compiono lunghi percorsi all’interno di fibre ottiche, non sempre ad essi esclusivamente dedicate.

Si è anche potuto apprendere da Greenwald che i cavi sottomarini in fibre ottiche che hanno terminali in Italia sono tre. Dei quali, il primo è il SeaMeWe3, con “terminale” a Mazara del Vallo, ed il secondo è il SeaMeWe4, con uno snodo a Palermo, da cui transita anche il flusso di dati del Fea (Flag Europe Asia).

Il 1° luglio 2011 Maurizio Agazzi, un vero esperto in materia, pubblicava un istruttivo articolo sulle pagine di <omeganews>, comprendente, tra l’altro, le seguenti affermazioni: «La facilità d’accesso ad Internet nel nostro mondo occidentale tende a farci dimenticare l’aspetto importante legato alle Infrastrutture di TLC. Al di sotto del “Cyber Space” virtuale si cela un mondo “sommerso”, dove i collegamenti via cavo sottomarino dominano per estensione la Grande Ragnatela, l’ecosistema di autostrade telematiche della World Wide Web. I cavi sottomarini utilizzano le fibre ottiche e tecnologie di ultima generazione per garantire trasferimenti dati fino a 3.8 Tbps. Richiedono investimenti in TLC dell’ordine di centinaia di milioni di dollari ed un elevato livello di cooperazione internazionale. Per citare un esempio, il cavo I-ME-WE (India, Middle East, Western Europe ) che collega Marsiglia a Mumbai, ha richiesto 480 milioni di dollari. Si estende per 13.000 Km e serve oggi otto paesi: India, Pakistan, Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Egitto, Libano, Italia e Francia. Gli investimenti nei cavi sottomarini sono stimolati dai nuovi modelli di business basati sul protocollo IP (Internet Protocol) che consumano banda d’Internet per erogare servizi di Voice-Ip, Streaming Video e Cloud Computing. In altre parole, gli investitori nel settore delle TLC partecipano ai progetti di collegamento della World Wide Web nella misura in cui la Ragnatela sottomarina potrà generare Return on Investment (ROI), quindi in funzione anche di un mix di fattori geo-economici nell’area». E ancora: «…la Sicilia rappresenta un hub naturale. Le sue coste offrono punti d’approdo ai cavi sottomarini, mentre le città di Palermo e Catania ospitano i nodi strategici d’Internet (Point-of-Presence). La Ragnatela sottomarina collega città come Catania, Atene, Istanbul, Haifa, Tel Aviv e convoglia i dati dal Sud-Europa al Medio Oriente. Oltre il 95% del traffico d’Internet tra i continenti avviene via cavo sottomarino transoceanico. Solo per situazioni molto particolari e per collegare aree difficilmente raggiungibili si utilizzano collegamenti satellitari, per lo più per rispondere ad esigenze temporanee di continuità operativa. I cavi sottomarini sono disciplinati dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (United Nations Convention on Law of the Sea-UNCLOS). Godono di uno status prioritario sotto la UNCLOS, soprattutto in acque internazionali. Le navi che posano e riparano i cavi sono protette dalle Leggi del Mare». Ecco trasformata i disegno la situazione mediterranea della data dell’articolo:

 comunicazioni mediterranee

Recentemente sulle pagine di un portale dal nome molto importante e dalla notorietà in forte lievitazione interviene sull’argomento anche l’ex parlamentare PCI Agostino Spataro, una vita nella politica ed una conoscenza profonda della storia italiana del dopo guerra, ricostruisce la storia pregressa di questa ragnatela di collegamenti sottomarini mediterranei e fornisce importanti e puntuali testimonianze giornalistiche: «Ricordo che nei primi anni ’80 del secolo scorso- vedi documentazione giornalistica allegata- ci occupammo, per conto del Pci, di questo importante progetto, al quale era associata Italcable, un’ottima azienda italiana a partecipazione statale. Lo sostenemmo, in Parlamento e sulla stampa, perché ritenemmo fosse un’ infrastruttura d’avanguardia, una tecnologia evoluta, di qualità da mettere al servizio dello sviluppo dell’Italia e della Sicilia, nel quadro delle diverse ipotesi prospettate di cooperazione economica, commerciale e culturale con i Paesi arabi e mediterranei e perfino del medio e dell’estremo Oriente. Questi erano, a quel tempo, la valutazione e l’intento comunemente dichiarati e condivisi, a livello politico e parlamentare. In sede di accordi fra enti pubblici (regione compresa) e società promotrici del progetto saranno stati concordati protocolli, norme e procedure a garanzie dell’uso corretto del sistema. Se poi, nel corso degli anni più recenti, la rete è stata utilizzata anche per usi impropri (spionaggio) bisognerebbe prima accertarlo e quindi perseguire le eventuali responsabilità politiche e di gestione. In verità, tale rischio lo paventammo anche noi (sulla base di un documento della cellula Pci di Italcable) come si evince dall’allegato articolo su “l’Ora” del luglio 1983. Esattamente, 30 anni addietro!» e conclude con molta saggezza: «Ritengo che il vero problema politico e morale non sia quello di vedere chi ci guadagna dallo spionaggio e domandargli la questua ossia le royalties per il transito della rete, ma quello di non consentire le attività illecite che hanno provocato una seria incrinatura del tessuto democratico delle nazioni, una sfiducia diffusa verso le istituzioni preposte alla sicurezza (quella vera e necessaria), una violazione patente della tanto decantata “privacy” del cittadino e, in ultima analisi, della sovranità degli Stati. Dunque, un problema molto serio da affrontare e risolvere con riforme e cambiamenti appropriati, in sede europea, della Nato e dell’Onu e non certo con le “scuse” di rito o con infantili ripicche scambiate da una sponda all’altra dell’oceano Atlantico»

Non c’è altro da aggiungere. Tranne riportare l’informazione circa il coinvolgimento israeliano nella costruzione, controllo e gestione della rete di fibre ottiche che trasportano i segnali informatici attraverso il Mediterraneo; prendere nota dei frequenti contatti a livello governativo -e soprattutto commerciale e militare – tra l’attuale intellighenzia italiana e la dirigenza israeliana; notare non senza qualche apprensione l’intensa attività didattica formativa e promozionale svolta in Italia dal Maglan Group israeliano, che, come leggibile sul suo sito, «Information Defense & Intelligence Group (hereinafter: “Maglan”), was founded in 1998 and provides organizations worldwide with elite Information Security and Cyber Defense services. Maglan’s international HQ and core labs are located in Tzur-Yigal, Israel and the European HQ is located in Milan, Italy. Additional offices and representatives are located in Lugano (Switzerland), Singapore C. (Singapore), Nairobi (Kenya).»

Enrico La Rosa

1 comment for “Comunicazioni mediterranee: l’etere ed i cavi sottomarini

Comments are closed.