di Adele Lerario
Per vivere abbiamo bisogno di energia, per vivere abbiamo bisogno di acqua. E non ci si riferisce solo al bisogno fisiologico di soddisfacimento della sete, ma a quello che è ormai divenuto un bisogno primario: l’accesso a fonti energetiche alternative. Dipendiamo dall’energia elettrica: non se ne può fare a meno. Sebbene, temporalmente parlando, quel magico tempo in cui in casa non esistevano frigoriferi e lavatrici, computer e televisioni, fornelli elettrici e impianti stereo non sia molto lontano, per tutti noi una vita senza elettricità è inimmaginabile. Per questo la necessità di sostituire la nostra fonte primaria di rifornimento elettrico.
L’acqua è una delle fonti privilegiate di “energia pulita”. Nel secolo delle energie rinnovabili, gli studi e le ricerche su come aumentare il potere idroelettrico sono all’ordine del giorno. Il pianeta vive una crisi energetica non di secondo ordine, dettata soprattutto dall’uso eccessivo che una porzione del mondo fa dell’elettricità, un consumo che potrebbe aumentare anche del 50% entro il 2035. E se uno sviluppo del nucleare avrebbe potuto esservi, garantendo a molti Paesi un’indipendenza economica da parte degli Stati produttori e possessori di petrolio, le speranze si sono dimezzate dopo il disastro di Fukushima dell’11 marzo 2011. È dall’acqua che ci si attende un “miracolo energetico”: le speranze sono giustificate da cifre piuttosto soddisfacenti. Nel 2007 il 15% dell’energia era già prodotta dalla forza idroelettrica. L’ostacolo che si potrebbe incontrare risiede proprio nel naturale processo di evaporazione: perdite di quantità di energia non imputabili al sistema energetico di per sé, ma alle condizioni geologiche dei vari bacini quali, ad esempio, la sua superficie, o le condizioni climatiche alle quali sono sottoposti.
Eppure l’acqua è già imprescindibile nella produzione di energia elettrica, sebbene pochi pongano attenzione a questo aspetto. L’oro blu è strettamente connesso ai vari modi per ottenere elettricità: tutte le forme di energia richiedono acqua, in ogni processo del loro ciclo produttivo:
– il petrolio ha bisogno di acqua in ogni passaggio, dal trivellamento alla raffinazione: un consumo che raggiunge i 1058 metri cubi per Giga Joule;
– il carbone, seconda fonte mondiale di produzione di energia, utilizza 0,164 metri cubi di acqua per Giga Joule in vari processi, a partire dall’estrazione;
– il gas naturale richiede meno acqua, 0,109 metri cubi di acqua per Giga Joule;
– l’energia nucleare, ancora raramente utilizzata, ma con una prospettiva di crescita mondiale nel mercato economico energetico, utilizza 0,086 metri cubi di acqua per Giga Joule;
– le biomasse ed i biocarburanti stanno iniziando in alcune parti del mondo a rimpiazzare i normali carburanti fossili. L’acqua da utilizzare varia a seconda della materia prima da cui sono prodotti[1]
Solitamente, il prelievo industriale di acqua è maggiore rispetto all’utilizzo che se ne fa nella pratica e si tende ad utilizzare, il più delle volte, dell’acqua riciclata, non pura e non altrimenti utilizzabile. Vi sono però rami industriali, come il farmaceutico o l’alimentare, che richiedono acqua di elevata qualità. A ciò si aggiunge un aspetto considerevole nella questione idrica: non è solo importante risparmiare acqua nella produzione di energia elettrica, è anche indispensabile porre stretta attenzione alla fase di post – produzione. Si parla di acqua reflua, inutilizzabile, inquinata, scaricata da edifici adibiti alla produzione per fini commerciali.[2] Le problematiche ambientali inerenti l’inquinamento idrico sono tristemente note: la pervasività dell’inquinamento è stata sì elevata da compromettere molte volte l’intero funzionamento dell’ecosistema. Si parla di normative ambientali sempre più restrittive e punitive che, tuttavia, raramente sono messe in atto. Si parla dell’introduzione di depuratori all’interno delle industrie, non sempre controllate, non sempre a norma.
Nel frattempo l’acqua utilizzabile diminuisce, quella inquinata aumenta in modo esponenziale e distrugge tutto intorno a sé.
Adele Lerario