di Umberto Montuoro
L’Unione europea è fortemente impegnata nell’assumere un ruolo da protagonista nell’opera di assistenza e cooperazione in alcuni Stati della sponda meridionale del Mediterraneo. Ma, a fronte della disponibilità operativa, in una prospettiva di maggiore consapevolezza, sono state predisposte adeguate previsioni in materia di tutela legale per il personale impiegato?
- 1. La “clausola di solidarietà” nel territorio UE
Una delle più interessanti novità di sistema, introdotte dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, ricordiamo entrato in vigore ormai già dal 1° dicembre 2009, all’art. 222, è rappresentata da una specifica previsione espressa che rafforza sul piano giuridico la sua fisionomia di organizzazione regionale di sicurezza, in ipotesi, progressivamente acquisita.
L’Unione e gli Stati membri “agiscono congiuntamente in uno spirito di solidarietà qualora uno Stato membro sia oggetto di un attacco terroristico o sia vittima di una calamità naturale o provocata dall’uomo. L’Unione mobilita tutti gli strumenti di cui dispone, inclusi i mezzi militari messi a sua disposizione dagli Stati membri”, allo scopo di prevenire la minaccia del terrorismo, di proteggere le istituzioni democratiche e la popolazione civile da attacchi terroristici, di prestare assistenza a uno Stato membro sul suo territorio, a richiesta delle sue autorità politiche, vittima di un attacco terroristico, o nell’ipotesi di catastrofe naturale o provocata dall’uomo.
Appaiono evidenti gli accresciuti ambiti operativi e, dunque, implicitamente istituzionali, della cooperazione militare e civile dell’Unione che presuppongono una forte reattività di settore da parte di assetti e dispositivi preordinati di uomini, mezzi e correlate tecnologie d’avanguardia. L’ombrello di protezione legale dei diritti e degli interessi del personale impiegato è garantito dall’insieme di norme di rilievo comunitario, convenzionale o pattizio, consolidatosi nel corso di un comune percorso di civiltà giuridica.
Ma gli strumenti giuridici e la tutela legale del personale impiegato in missione, invece, al di fuori della sfera territoriale dell’Unione, sono adeguati ad assicurare una idonea salvaguardia dei diritti garantiti nella vecchia Europa?
Al fine di conseguire una più piena comprensione degli elementi d’insieme del regime giuridico applicabile in materia di giurisdizione penale al personale militare e civile impiegato fuori dai confini geografici della UE, appare opportuno delineare una sintetica disamina di diritto comparato estesa anche agli altri modelli normativi precedentemente configurati ed attualmente in uso.
- 2. Status of Force Agreements: SOFAs NATO, UE, UN
SOFA, Status of Force Agreements: questi accordi internazionali sono volti a disciplinare il regime giuridico ed amministrativo applicabile al personale militare e civile inviato da uno Stato a prestare servizio nel territorio di un altro Stato. Le principali materie in essi disciplinate sono relative all’esercizio della giurisdizione penale e civile, alla composizione delle controversie in tema di risarcimento dei danni, alle esenzioni fiscali e doganali, alle agevolazioni di carattere amministrativo e sanitario concesse al personale ed eventualmente ai loro familiari a carico, all’inviolabilità delle sedi, degli archivi, della corrispondenza e delle telecomunicazioni. Questo insieme organico di disposizioni attinenti allo status, immunità e privilegi ha carattere eminentemente funzionale ed è volto a consentire il pieno e libero svolgimento delle attività di servizio del personale inviato in missione nella sfera territoriale dello Stato ospitante.
È necessario distinguere tra SOFA di carattere generale da quelli appositamente stipulati tra gli Stati partecipanti a specifiche missioni fuori area, nonché tra SOFA compiutamente configurati e vigenti ed i Model SOFA, costituiti da semplici modelli standard predisposti da adattare, di volta in volta, alle esigenze contingenti e da stipulare tra gli Stati interessati e lo Stato ospite. Il SOFA NATO ed il SOFA NATO PfP (Partnership for Peace) rappresentano ipotesi esemplificative di accordi di natura generale, vigenti ed aperti all’adesione di nuovi Stati membri dell’organizzazione regionale di sicurezza. Il SOFA UE è un ulteriore esempio di strumento di portata generale. È stato negoziato e predisposto, invece, nell’ambito delle Nazioni Unite un SOFA Model, (denominato anche SOMA Model UN) le cui clausole sono da adeguare alle peculiarità del teatro operativo e da stipularsi tra le UN e lo Stato territoriale interessato dalla presenza dei contingenti, o nel caso di operazioni su delega dell’ONU, tra i singoli Stati od organizzazioni regionali e lo Stato ospite. Questa soluzione è stata adottata anche dalla UE, mediante la predisposizione dell’Agreement between the European Union and Host State on the status of European Union led Forces in Host State, del 4 febbraio 2005. Nella prassi, inoltre, si è verificata più volte l’ipotesi di applicazione unilaterale di un SOFA vigente tra gli Stati invianti le forze (es. NATO SOFA) ma non firmato dallo Stato ospite, in relazione a situazioni di completa dissoluzione dei poteri sovrani di quest’ultimo e della conseguente assenza di un autorità statale legittima.
Il NATO SOFA[1] è il trattato contenente il regime giuridico ed amministrativo d’ordine generale applicabile al personale militare e civile di tutte le Forze Armate degli Stati membri dell’Alleanza Atlantica presente nel territorio di uno Stato membro, in transito o ivi stanziato, in connessione allo svolgimento delle funzioni loro assegnate o all’esecuzione del servizio.
Questa Convenzione è applicabile, quale cornice giuridica di carattere generale, a coloro i quali prestano servizio sia nell’ambito di Comandi nazionali dislocati nel territorio di un altro Stato membro nel quadro dell’Alleanza Atlantica (es. Basi US in Germania), sia presso i Comandi internazionali o i Quartieri generali internazionali (es. Basi NATO negli Stati Uniti o in Europa,[2] in conformità al Protocollo di Parigi del 28 agosto 1952). Inoltre, nei singoli Stati membri le Basi NATO sono disciplinate da ulteriori accordi bilaterali di attuazione. Tuttavia, la formale previsione della sua vigenza esclusivamente entro la sfera territoriale dei soli Stati appartenenti all’Alleanza, statuita in via principale dagli artt. I, secondo comma e XX della stessa Convenzione, è stata frequentemente superata dalla precitata prassi della sua unilaterale applicazione ai propri contingenti chiamati ad operare in Stati entro le quali le autorità governative legittime o de facto erano ormai sostanzialmente assenti.
L’ampia disciplina disposta si apre con la generica previsione del rispetto delle leggi in vigore nello Stato di soggiorno da parte di tutti i membri delle forze e delle persone a loro carico e dal generale dovere di astensione dal porre in essere qualunque attività incompatibile con lo spirito della Convenzione; art. II. Le disposizioni della Convenzione si applicano anche alle persone a carico del personale militare e civile, intendendosi con questa locuzione il coniuge ed i figli a loro carico; art. I, lett. c.
Nel NATO SOFA, l’esercizio della giurisdizione penale è disciplinato in base a dei criteri di ripartizione d’ordine generale. L’art. VII, par. 2, riconosce giurisdizione penale esclusiva sia allo Stato di origine sia allo Stato di soggiorno per i reati compiuti dagli appartenenti alle forze che siano punibili solo in base alle rispettive legislazioni penali nazionali, incluse, in modo espresso, le violazioni delle norme in materia di sicurezza dello Stato (in particolare: tradimento, sabotaggio, spionaggio) ed inosservanza delle disposizioni relative al segreto di Stato o della Difesa nazionale. La rilevanza degli interessi tutelati in queste ipotesi delittuose espressamente elencate determina il loro giudizio da parte delle autorità giudiziarie dello Stato leso.
Il principio della giurisdizione concorrente è sancito per tutte le altre ipotesi di reato costituenti una violazione degli ordinamenti giuridici nazionali sia dello Stato d’origine che di soggiorno, aventi entrambi conseguentemente un interesse punitivo e sanzionatorio, par. 3. Il criterio di riparto adottato attribuisce, da un lato, allo Stato d’origine la giurisdizione primaria nel caso i reati siano rivolti unicamente contro la proprietà e la sicurezza dello stesso Stato o i beni o la persona di un appartenente alla forza o per gli atti ed omissioni compiuti durante lo svolgimento del servizio. Simmetricamente è riconosciuto diritto di priorità nell’esercizio della giurisdizione allo Stato di soggiorno per tutti gli altri reati. Sia lo Stato d’origine che di soggiorno possono rinunciare all’esercizio della propria giurisdizione in modo autonomo o per specifica richiesta proveniente dall’altro Stato. Sono previsti obblighi di reciproca assistenza nello svolgimento delle indagini ed acquisizioni probatorie, par. 4.
La disciplina giuridica vigente in materia nell’Alleanza Atlantica ha rappresentato un valido modello sottoposto ad ampia e collaudata sperimentazione, dal quale trarre importanti materiali di costruzione per l’edificazione di un idoneo regime giuridico per le Forze dell’Unione Europea. Le lezioni apprese ormai in decenni di attività e di interpretazioni giurisprudenziali hanno contribuito a fornire preziose indicazioni in merito ad una più adeguata rispondenza tecnica delle disposizioni alle esigenze da disciplinare. Tuttavia, è da porre in evidenza che per taluni profili interpretativi il quadro giuridico generale di riferimento, costituito dal diritto comunitario, è profondamente diverso rispetto all’ambito di applicazione delle disposizioni e dei trattati della NATO. Inoltre, sono diversi i meccanismi giurisdizionali ed istituzionali considerati. La prospettiva politica, infine, posta a fondamento del giudizio di bilanciamento degli interessi tutelati dalle norme, si fonda su una sensibilità giuridica maturata in momento storico completamente differente, prodotta da una matrice internazionale rappresentata dall’Unione Europea ormai allargata del secondo millennio e, non all’indomani della conclusione del II Conflitto mondiale, dalle stringenti logiche delle potenze vincitrici alleate.
L’Accordo tra gli Stati membri dell’Unione europea relativo allo statuto dei militari e del personale civile distaccati presso lo Stato Maggiore dell’UE, dei Quartieri generali e delle forze che potrebbero essere messi a disposizione dell’UE nell’ambito della preparazione e dell’esecuzione dei compiti di politica estera e di sicurezza comune, comprese le esercitazioni, nonché dei militari e del personale civile degli Stati membri messi a disposizione dell’Unione per essere impiegati in tale ambito, stipulato a Bruxelles nel 2003, costituisce il SOFA UE. Queste clausole, infatti, descrivono un compiuto regime giuridico applicabile alle forze, ponendo in maggior evidenza, rispetto alle vecchie disposizioni del NATO SOFA, i profili funzionali delle singole norme e dei singoli istituti giuridici considerati. L’ambito di applicazione appare essere circoscritto, sul piano formale, analogamente al NATO SOFA, al solo ambito territoriale degli Stati membri; art.19, quinto comma. Qualora Stati terzi siano interessati da attività a cui si applica questo accordo, la sua applicazione potrà essere estesa anche in questi ultimi. La futura auspicata espansione dell’utilizzo di missioni di pace fuori area a guida UE determinerà i futuri e concreti ambiti di applicazione di questo nuovo e, nelle intenzioni, aggiornato strumento giuridico, a disposizione di un ruolo presumibilmente più attivo dell’Unione nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, sotto l’egida delle Nazioni Unite.
La tutela è accordata al personale militare e civile durante il proprio mandato prevalentemente nell’esercizio delle proprie funzioni: questo principio accresce il suo valore di chiave interpretativa delle singole fattispecie delineate.
L’esercizio dei poteri di giurisdizione penale e disciplinare, sul personale militare e civile impiegato nelle forze dell’Unione, è attribuito, in via generale, alle autorità dello Stato di origine; art.17. Queste ultime esercitano la giurisdizione su tale personale per quanto attiene ai reati commessi nel territorio dello Stato di soggiorno e punibili in base alla sue previsioni legislative. L’esercizio della giurisdizione esclusiva è, invece, disposto per quei titoli di reato qualificati come tali dall’ordinamento giuridico dello Stato d’origine ma non da quello dello Stato ospitante, inclusi, in ogni caso, i delitti contro la sicurezza a causa della particolare natura degli interessi statuali salvaguardati. In modo speculare, lo Stato ospitante esercita la giurisdizione esclusiva per quelle ipotesi delittuose, compresi i reati contro la propria sicurezza, previste come tali dal proprio ordinamento ma non da quello dello Stato di origine. È indicata una elencazione, di natura esemplificativa, dei titoli di reato classificati contro la sicurezza di uno Stato: il tradimento, il sabotaggio e le ipotesi di spionaggio e/o di condotta volta alla violazione, in senso lato, delle norme poste a tutela del segreto militare o di Stato.
Nei casi di concorso di giurisdizione sono configurate due disposizioni complementari, la seconda delle quali ha carattere residuale, ovvero considera le ipotesi non contemplate dalla prima. Lo Stato d’origine esercita la sua giurisdizione sul personale che nell’ambito del suo impiego commetta reati rivolti contro la proprietà o la sicurezza di detto Stato o diretti contro la persona o la proprietà di un componente militare o civile dello stesso Stato, comprese le persone a carico, e in tutti quei reati derivanti da condotte commissive o omissive compiute durante l’espletamento delle proprie funzioni. In tutte le restanti ipotesi di reato è lo Stato ospitante che ha diritto di priorità nell’esercizio della giurisdizione. È espressamente contemplata l’ipotesi di rinuncia da parte dello Stato che ha diritto di priorità all’esercizio della giurisdizione, da notificare alle preposte autorità dell’altro Stato. Questo regolamento di giurisdizione si conclude con una clausola di chiusura, volta ad assicurare le prerogative sovrane in materia di giurisdizione dello Stato ospitante sui propri cittadini e sui soggetti che abitualmente vi risiedano, a meno che non facciano parte delle forze armate dello Stato di origine.
In queste specifiche clausole il drafting normativo si è solo in parte evoluto determinando una maggiore chiarezza del dato testuale, a fronte di soluzioni giuridiche di contenuto complessivamente analogo a quelle disposte dal NATO SOFA. Gli obiettivi a suo tempo dichiarati erano di ben altra portata.
Nel capitolo VI, Status of the members of the UN peace-keeping operation, ed, in particolare, nel paragrafo 46 del Model SOFA delle Nazioni Unite sono fissati i principi generali in materia di giurisdizione penale del personale impiegato in missione.[3] Vi è, innanzitutto, una ripartizione per categorie dello stesso personale. Al Rappresentante speciale, al Comandante della componente militare, al Capo della polizia civile delle NU ed agli alti funzionari dello staff dei medesimi sono riconosciute le ampie immunità disposte dalla Convenzione Generale sui Privilegi e le Immunità delle NU del 1946, assimilabili alle previsioni di carattere assoluto poste a tutela degli agenti diplomatici. Gli osservatori militari, i membri della polizia civile ed il personale civile non appartenente alle NU possiedono, invece, la qualifica di esperti in missione, ai sensi dell’art. VI della predetta Convenzione. Questi ultimi godono dell’immunità di carattere eminentemente funzionale da ogni tipo di processo esperibile dal Paese ospitante, in relazione alle attività poste in essere nell’esercizio delle proprio mandato istituzionale.
Infine, i membri militari dei contingenti militari delle operazioni di mantenimento della pace sono soggetti alla giurisdizione esclusiva del loro Stato di origine, in riferimento a qualunque titolo di reato commesso nello Stato ospitante. Il principio della giurisdizione esclusiva di carattere assoluto, discendente da una norma di natura consuetudinaria e non dall’espletamento di funzioni su mandato dell’Organizzazione internazionale, costituisce un fondamento giuridico posto in evidenza più volte dalle stesse Nazioni Unite, al fine di motivare, ad esempio, fino ad oggi, la mancata estensione di tale trattamento al proprio personale di polizia ad ordinamento civile.
Le articolate discipline sancite nel SOFA Model UN o nel NATO SOFA e PfP, tuttavia, solo in parte, hanno costituito le fonti autorevoli, la prima qualificata dal carattere di universalità, le seconde rilevanti nell’ipotesi di partecipazione di forze dell’Organizzazione regionale, dalle quali trarre moduli costruttivi precostituiti e condivisi, immediatamente disponibili per la configurazione dei SOFA per i singoli teatri d’operazione. La previsione dell’applicazione nel solo ambito territoriale degli Stati parte dell’Alleanza Atlantica, infatti, disposta dall’art. XX dello stesso NATO SOFA, è stata ampiamente superata dalla prassi prevalente. Inoltre, si è proceduto a configurare Status of Force Agreements in accordi internazionali di rango formale non sempre adeguato o ad essi allegati in forma di Annessi,[4] svilendo inevitabilmente il loro alto valore giuridico. Accordi, altresì, a volte non stipulati dalle autorità, anche de facto, dello Stato ospitante, perché del tutto assenti, ma dai soli Stati partecipanti alle missioni.
Il principio della sottoposizione del proprio personale alla giurisdizione penale esclusiva dello Stato inviante ha rappresentato, invece, nella prassi ricorrente non solo di questi ultimi anni,[5] un baluardo granitico posto ad insindacabile presidio degli appartenenti ai contingenti nazionali nella partecipazione alle operazioni fuori aerea. Il carattere assoluto di questo principio è stato costantemente sostenuto ed ampliato fino ad assumere i contorni di una questione pregiudiziale insuperabile per alcuni Stati, che hanno, ad esempio, firmato ma non ratificato, anche in ragione di tali motivazioni, lo Statuto della Corte penale internazionale, monumento di civiltà giuridica. Le inevitabili conseguenze funzionali sono note.
La nascita e la lunga applicazione della predetta Convenzione di Londra del 1951 sono state determinate da un particolare bilanciamento di interessi non solo di natura giuridica, ma eminentemente politica all’indomani del secondo conflitto mondiale in uno specifico e non esteso assetto multilaterale comprensivo delle Potenze vincitrici e vinte. L’allargamento della NATO è avvenuto nel rispetto di un insieme di norme convenzionali vigenti da decenni e cristallizzate dalla lontana ma condivisa conclusione di un difficile processo negoziale, svoltosi tra i padri fondatori dell’Alleanza Atlantica e dello stesso Partenariato per la Pace. Gli attuali complessi equilibri politici, ancora esistenti all’interno dell’Alleanza tra i vecchi Stati membri, non alterati dall’ingresso dei nuovi membri già appartenenti al dissolto blocco contrapposto di diritto socialista, dimostrano sul piano storico e diplomatico la concreta intangibilità delle logiche negoziali già codificate e le enormi difficoltà che avviluppano una del tutto ipotetica opera di revisione delle disposizioni in materia di riparto di giurisdizione.
La prospettiva d’insieme e di diritto comparato, tuttavia, relativa ai sistemi penali d’ordine sostanziale e processuale, vigenti, alla data odierna, negli ordinamenti di tutti gli Stati appartenenti dell’Alleanza, è da ritenersi complessivamente fondata su principi generali se non omogenei certamente non antitetici. Queste comuni matrici rinvenibili nel diritto romano e nei sistemi di common law non appaiono, tuttavia, estendibili ad ordinamenti caratterizzati da tradizioni giuridiche ed impostazioni assiologiche completamente differenti ed appartenenti a lontane aree geopolitiche.
La diversità del contesto normativo esistente, ad esempio, in estremo e medio oriente o in Africa, afferente ai reati contro il patrimonio, legati alla libertà di pensiero o alla sfera sessuale (ipotesi esemplificative sono rappresentate dall’omosessualità e dall’adulterio), ed alle connesse pene edittali, si manifesta in misura sicuramente esponenziale, in particolare, sul piano delle sanzioni applicabili, impensabili negli ordinamenti occidentali. Questo grave salto logico sembra poter esporre, in ipotesi, il personale del nostro Paese, ivi impiegato e privo di specifico status diplomatico, agli evidenti rischi connessi soprattutto al compimento di reati, anche se colposi, derivanti dalla non piena conoscenza delle norme vigenti in quei Paesi.
Appare importante e non semplicemente retorico distinguere il piano del diritto da quello delle relazioni diplomatiche, del peso specifico dei singoli Stati, singolarmente considerati o nell’ambito delle alleanze o delle organizzazioni internazionali entro le quali sono collocati, e dei concreti rapporti di forza intercorrenti tra i governi dei Paesi eventualmente interessati da un eventuale conflitto di giurisdizione. Le mere ipotesi di scuola hanno lasciato, anche in un non recentissimo passato, il campo alle tormentate vicende giudiziarie, balzate agli onori delle cronache, di cittadini italiani ed occidentali in genere, sottoposti in via ordinaria alla giurisdizione penale dello Stato nel quale si trovavano per motivi di studio, lavoro o per turismo, presunti autori di titoli di reato ritenuti gravemente lesivi di interessi giustiziali essenziali, rigorosamente tutelati e rigidamente sanzionati dall’ordinamento giudiziario del Paese ospitante.
- 3. Giurisdizione e pena di morte
Non sembra emergere, altresì, dal modello di clausola in materia di giurisdizione, ad oggi ampiamente adottato, alcun elemento ostativo alla astratta possibilità di irrogazione della pena capitale al personale nazionale militare o civile impiegato, nella sfera territoriale dello Stato ospitante, durante la permanenza connessa alle attività a cui adempiere. Permanenza che non si esaurisce nel solo espletamento delle attività di servizio, con le previste tutele di carattere funzionale, ma è comprensiva della quotidianità della vita di relazione, spesso condivisa con il proprio nucleo familiare. La finzione giuridica, costruita sull’onere personale della conoscenza della legge, appare inevitabilmente acquisire, in questa sede, vuoto valore nominale. La stessa tecnica di redazione sintetica e l’utilizzo della terminologia giuridica sembrano orientare in senso intenzionalmente generico la reale portata definitoria della disposizione, in ossequio a ipotetiche esigenze e difficoltà di carattere negoziale. Un vero e proprio regolamento di giurisdizione, inoltre, postula delle pur concise disposizioni in tema di modalità di cooperazione giudiziaria ed assistenza tra gli ordinamenti nazionali, in merito alle attività necessarie per l’esercizio stesso della giurisdizione. Segmento questo carente.
La Corte Costituzionale italiana, nella sentenza 27 giugno 1996, n. 223 (Venezia contro Stati Uniti d’America) ha posto in evidenza, anche sul piano delle relazioni e degli accordi internazionali,[6] la rilevanza della norma costituzionale dettata dall’art. 27, comma IV, per ogni articolazione istituzionale della Repubblica italiana, nell’impedire in ogni ipotesi e per ogni tipo di reato l’irrogazione della pena di morte. La garanzia assoluta riconosciuta dalla norma precitata non era assicurata dalla formula delle eventuali sufficienti assicurazioni che tale pena non sarebbe stata inflitta o, se già inflitta, non sarebbe stata eseguita. Infatti questa formula demandava a valutazioni discrezionali, caso per caso, il giudizio sul grado di affidabilità e di effettività di eventuali e collaterali garanzie accordate dal Paese richiedente. L’assolutezza della garanzia costituzionale incide sull’esercizio delle potestà attraverso le quali si realizza la cooperazione internazionale, incluso l’ambito settoriale della mutua assistenza giudiziaria. Tali ragioni hanno determinato la dichiarazione di incostituzionalità della legge 26 maggio 1984, n. 225, concernente la ratifica e l’esecuzione del trattato di estradizione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo degli Stati Uniti d’America, firmato a Roma il 13 ottobre 1983, nella parte in cui dà esecuzione all’art. IX del trattato di estradizione stesso. Il divieto della pena di morte si configura nel sistema costituzionale quale proiezione della garanzia accordata al bene fondamentale della vita, che è il primo dei diritti inviolabili dell’uomo riconosciuti dall’art. 2 della Costituzione.
- 4. Contegni negoziali dell’Unione nel seno delle Nazioni Unite
La preventiva formazione di un forte consenso unanime nell’ambito degli Stati appartenenti all’Unione europea e la conseguente individuazione di indirizzi condivisi da intraprendere e sostenere presso le Nazioni Unite non rappresenta, come è noto, una mera soluzione di natura politica. Esso individua, invece, un consolidato orientamento metodologico sul piano tecnico-negoziale largamente adottato da anni, pur se su diversi piani formali ed istituzionali, in tutti i consessi dell’ONU, al fine di consentire che il peso specifico del vecchio continente, non frammentato in molteplici direzioni, possa esprimere la sua reale capacità di impulso all’interno della complessa Comunità internazionale.
Le riunioni di coordinamento degli Stati membri dell’UE a latere dei lavori delle Nazioni Unite, altresì, sono una consolidata costante. In tal senso, l’individuazione di precise soluzioni tecnico-giuridiche e di adeguati contegni d’ordine politico, diplomatico e negoziale appaiono essere obiettivi indispensabili e presupposti d’ordine prioritario.
- 5. Conclusioni. Il primato del Diritto sulla Politica
Appare auspicabile, pertanto, nello specifico campo della giurisdizione, l’adozione di ogni ulteriore utile tentativo preventivamente e durante le attività di futura negoziazione volto a conseguire una quanto più possibile ampia tutela in sede penale del personale e dei propri familiari al seguito. In questo ambito, risulterebbe opportuno valutare attentamente il tema dell’esercizio del diritto di bandiera non solo per i reati legati al servizio o lesivi della sicurezza o dei beni del Paese d’origine, ma in relazione alle conseguenze connesse alla generalità dei reati sanzionabili dal Paese ospitante, in particolare, negli ordinamenti ove non sia stata ancora abrogata di diritto la pena capitale.
La ricerca di soluzioni di natura giuridica concettualmente innovative, mediante la predisposizione di nuovi modelli condivisi, realmente spendibili sul piano negoziale ed effettuale, sembrerebbe assumere in questa prospettiva carattere prioritario.
In tal senso, il terrorismo internazionale ha impresso, dopo l’11 settembre 2001, un’enorme spinta evolutiva in materia di cooperazione giudiziaria.
I principi di diritto consuetudinario devono poter trovare interpretazione evolutiva ed applicazione funzionalistica ai mutati bilanciamenti di interessi effettuati dai singoli Stati e dalla Comunità internazionale, così come realizzato anche in altri campi del diritto internazionale, seguendo indirizzi dottrinali e giurisprudenziali già ampiamente segnati.
In questi termini si sostanzia il primato del diritto sulla politica.
Umberto Montuoro
[1] Convenzione tra gli Stati membri del Trattato Nord Atlantico sullo Statuto delle Forze Armate, Londra 19.06.l951, l. n. 1335 del 30.11.1955.
[2] La sua ultracinquantennale vigenza in Stati membri dell’Alleanza Atlantica, ove è contemplata la pena di morte, come gli USA o, in un ormai recente passato, la Turchia, si è protratta a fianco di tali discrasie e continua a lasciare, in ogni caso, attualmente irrisolte alcune considerazioni di natura non meramente teorica.
La pena capitale è stata abolita in Turchia nel 2004.
[3] SOFA Model UN, Doc. A/45/594, 09.11.1990.
[4] Appare opportuno ricordare che gli Annessi tecnici costituiscono, sul piano tecnico-giuridico, le sedi destinate, infatti, a contenere la disciplina di dettaglio di carattere tecnico o amministrativo degli accordi costituente parte integrante degli stessi ed è a loro allegata in modo da rendere immediatamente riscontrabili le loro modalità effettive di esecuzione. Lo scorporo di tali regolamentazioni è volto a rendere maggiormente agevole l’interpretazione sia delle clausole dell’accordo che le molteplici previsioni di carattere tecnico, componendole organicamente in distinti documenti disciplinanti i singoli quadri di settore. La procedura della loro modifica, nella normalità delle ipotesi, è configurata, nel testo degli accordi, in modo più agevole rispetto a quella stabilità per l’emendamento delle clausole generali, in relazione alle evidenti esigenze di periodico aggiornamento di dati d’ordine esclusivamente tecnico o amministrativo. La rilevanza delle previsioni in materia di giurisdizione, invece, rende evidente le improprietà funzionali e di carattere metodologico derivanti dall’utilizzo dello strumento degli Annessi, sia sul piano formale che sostanziale.
[5] Interessanti annotazioni in merito sono esposte da: V. CARLEVARIS, Recenti sviluppi nella prassi degli “Status of Force Agreements” per le operazioni di peace-keeping delle NU, in La Comunità internazionale, 1998, pp. 667-691; V. EBOLI, La stipulazione di accordi relativi alle PSO e ai SOFA, in Il diritto dei trattati nelle attività di interesse delle Forze Armate, a cura di N. RONZITTI, CeMiSS, Roma, 2002, pp. 217 e ss.; F. CAFFIO, L’esperienza dei SOFAs nelle più recenti operazioni internazionali, Roma, ed. CASD, Roma, 2006. Il principio della giurisdizione esclusiva sul personale dei contingenti militari all’estero è già fissato negli Arrangements, stipulati mediante scambio di note, dagli US con il Belgio, la Francia e la Gran Bretagna, in occasione della prima guerra mondiale. Lo strumento giuridico utilizzato costituisce, tuttavia, un’importante nota differenziale: accordi in forma semplificata caratterizzati dalle veloci modalità procedurali e dal valore vincolante sul piano tecnico-formale completamente differenti dalla Convenzione di Londra del 1951, contenente il NATO SOFA, trattato formale soggetto a ratifica da parte degli Stati parte. The Government of USA and the Government of His Majesty the King of Belgians recognize during the present war the exclusive jurisdiction of the tribunals of their respective land and sea forces with regard to persons subject to the jurisdiction of those forces whatever be the territory in which they operate or the nationality of the accused…The Government of USA and the Government of His Majesty the King of Belgians further recognize during the present war the exclusive jurisdiction within American territory of American justice over persons not belonging to the Belgian land and sea forces who may commit acts prejudicial to the said military forces and the exclusive jurisdiction, within Belgian territory, of Belgian justice over persons not belonging to the American land and sea forces who may commit acts prejudicial to the said military forces… I contenuti complessivi degli altri due accordi sono analoghi anche se maggiormente articolati, da The Legal Status of Members of American Forces in Europe, in Papers relating to the foreign relations of the US, 1918, Supplement 2 The World War, US Government Printing Office, Washington, 1933, pp.747 e ss.
[6] Rivista di Diritto Internazionale, 1996, pp. 815 e ss.; Giurisprudenza Costituzionale, 1996, pp. 1918 e ss.; il Foro Amministrativo, 1996, pp. 3013 e ss..