Corrispondenza da Algeri
Algeria: un Paese che per superficie si colloca al 10° posto nella classifica mondiale e al 2° posto fra gli stati africani con 2,4 milioni di km2.
39 milioni sono gli abitanti di cui 40% giovani.
Per 132 anni colonia francese, dal 1962 indipendente dopo una lunga, sanguinosa guerra per l’autodeterminazione, l’Algeria é oggi una Repubblica Democratica e Popolare a regime presidenziale.
I rapporti con l’Italia hanno profonde radici storiche oltre, naturalmente, alla vicinanza geografica. Da un punto di vista economico, la bilancia commerciale d’interscambio colloca attualmente l’Italia al 3° posto (preceduta da Cina al primo, Francia al secondo) quale fornitore di beni di consumo e macchinari, mentre é al 2° posto nelle importazioni di prodotti algerini, principalmente nel settore energetico (gas e petrolio), ma anche siderurgico e chimico.
La capitale Algeri è crocevia fra il mondo arabo, africano e mediterraneo. Le varie «primavere arabe» che si sono succedute nei Paesi vicini (Egitto, Tunisia, Libia) e le minacce «integraliste» prontamente stroncate ai confini sud (Mali, Niger) non hanno intaccato l’Algeria e la sua sicurezza interna. Sicurezza proclamata all’unisono quale bene più prezioso acquisito in questi ultimi quindici anni, dopo il «decennio nero» degli anno ’90.
Eletto per la prima volta Presidente della Repubblica nel 1999, Abdelaziz Bouteflika è stato rieletto il 17 aprile 2014, per il quarto mandato consecutivo. La campagna elettorale è stata molto dura e combattuta da parte di tutti e sei i candidati, fra i quali anche una donna.
Qui e là si sono svolte delle manifestazioni contro il quarto mandato del presidente uscente, il movimento di opposizione “Barakat” è stato senza dubbio il più attivo, ma nel complesso non ci sono stati importanti scontri e gli interventi delle forze dell’ordine sono risultati contenuti. Segno particolare di questa campagna elettorale: il presidente uscente e candidato al discusso quarto mandato si è fatto rappresentare dal Capo del Governo nelle tre settimane di campagna precedenti il voto. Le sue condizioni fisiche non permettevano la sua presenza, la quale – già da un anno – si era fatta rara a causa di un susseguirsi di problemi di salute, gravi, che lo hanno portato su una sedia a rotelle. La mancanza di bollettini medici ufficiali o di immagini che lo riguardassero ha alimentato voci dubbiose, scetticismo e polemiche sulle capacità intellettive di Bouteflika, arrivando a definirlo una «mummia».
Risultato finale: Abdelaziz Bouteflika, 77 anni, è stato rieletto Presidente della Repubblica con l’81,53% dei suffragi, il candidato arrivato in seconda posizione con il 12,18%, quindi largamente vincitore sugli avversari. Da registrare un dato significativo, e cioè una percentuale di partecipazione scesa al 51,70% in queste elezioni 2014, contro il 74,24% delle precedenti presidenziali del 2009, con un assenteismo di oltre 22% su base nazionale che ha toccato anche il 50% in alcuni centri.
Attivo da oltre 50 anni, Bouteflika aveva promesso, al momento della sua prima nomina nel 1999, una politica di riconciliazione nazionale per un ritorno a una pace civile e ad uno sviluppo socio-economico necessari dopo un decennio di stasi del Paese.
Attualmente l’Algeria vive tutte le contraddizioni e le problematiche del nostro tempo, né più né meno come in Italia, ma bisogna dare atto che gli obiettivi raggiunti non sono da poco: sicurezza interna ristabilita, maggiore libertà di espressione e di stampa, realizzazione di infrastrutture di grande rilevanza (da uno studio condotto dall’Ufficio Nazionale delle Statistiche, solo nel decennio 2003-2013 sono state realizzate più strutture rispetto a quelle messe in opera nei quaranta anni successivi all’indipendenza – 1962 – 2002), scuole, università, ospedali, alloggi, una rinascita della vita culturale con festival-concerti-eventi su tutto il territorio, un numero crescente di partiti (forse troppi!), un sistema sindacale plurimo e un insieme di associazioni che tocca tutti gli aspetti della vita.
Certo, tenuto conto dei mezzi finanziari di cui dispone l’Algeria grazie all’esportazione del gas e del petrolio, tali risultati non sono da record! Ma bisogna comunque tener conto dello sviluppo globale, del contesto e delle condizioni nelle quali viene effettuato. E’ comunque legittimo pensare che tre mandati sarebbero stati sufficienti, che 77 anni sono una veneranda età per una persona che ha seri problemi di salute e che in fin dei conti era giunto il momento di passare il testimone alle generazioni successive. Si aggiunga che la lista dei problemi da risolvere è ancora lunga, ma non esiste critica costruttiva senza obiettività.
Da più parti si levano voci a difesa delle facoltà mentali del Presidente Bouteflika, uomo di vigore e tempra che non intende lasciarsi manipolare. Una cosa è certa: il 5 maggio è stato costituito il nuovo governo con ben 7 donne nell’esecutivo e quarantotto ore dopo si teneva il primo Consiglio dei Ministri. Le priorità nel quarto mandato sono: una profonda revisione della costituzione toccando temi quali la separazione dei poteri, la difesa dei diritti dell’uomo e i diritti della donna nella società; una riorganizzazione territoriale seguita da una riforma dell’economia, ma in particolare un risanamento del clima che avvolge il mondo degli affari.
E bisognerà agire in fretta per raggiungere validi risultati, ma soprattutto per dare un’alternativa alla dipendenza dalla rendita economica di gas e petrolio, altra grande ed importante sfida del Paese che produce molto poco e le cui importazioni nell’ultimo anno sono aumentate dell’11,5% in valore e del 10,4% in volume. E’ ormai generalizzata la presa di coscienza che petrolio e gas non saranno eterni. E’ necessario quindi concentrare gli sforzi per una maggiore produzione nazionale, sia sfruttando a pieno le realtà industriali statali già esistenti, che incrementando sul territorio il tessuto di piccole-medie imprese private.
Per concretizzare i vari progetti ci vorranno tutti gli anni del nuovo mandato, tempo richiesto da Bouteflika per completare la sua missione e trasmettere il potere alle «nuove generazioni». E’ stata dunque una scelta di continuità e stabilità quella fatta dal popolo algerino per i prossimi cinque anni.
Algeri, dal nostro corrispondente, 15 maggio 2014