= PARTE IV – il ruolo dei non belligeranti =
La situazione internazionale
Non può essere ignorata la situazione internazionale del momento, che permise ad Israele di essere protetta dalle due potenze uscite maggiormente vincitrici dalla guerra: USA e URSS, senza contare Francia e Gran Bretagna.
Douglas Little,[1] mette in luce come “Israele era visto dai media americani come una derelitta unità geopolitica avversata dai vicini orientali a causa del suo riconoscersi in valori occidentali”. E continua “quando l’Arabia Saudita e gli alleati arabi furono sul punto di sviare i piani statunitensi per il pronto riconoscimento di Israele nella primavera del 1948, il consigliere della casa Bianca Clark Clifford sollecitò un’azione decisiva. <<Gli Stati Uniti appaiono nel ruolo ridicolo di chi trepida di fronte alle minacce di poche tribù nomadi del deserto. Come dovrebbero trattarci, se non con disprezzo, la Russia, la Jugoslavia o qualsiasi altra nazione alla luce della nostra titubante acquiescenza con gli arabi?>> scrisse a Truman al principio di marzo. Anche dall’altra parte della città, a Foggy Bottom,[2] dove gli esperti del dipartimento di stato apparivano simpatizzanti, degli arabi assai più che degli ebrei, i funzionati di vertice consideravano i vicini di Israele irrazionali e irrealistici. <<non mi interessa un fico secco di come la pensano gli arabi>>, grugnì il primo luglio un caustico funzionario addetto alla Palestina, Robert McClintock, <<E’ tuttavia importante per l’interesse di questo paese che un popolo così fanatico e sovreccitato non arrechi danni ai nostri interassi strategici con rappresaglie contro gli investimenti petroliferi>>. Come McClintock, George Kennan, il maggior sovietologo del dipartimento di stato e neo direttore dello staff di pianificazione politica, metteva in dubbio l’opportunità del supporto USA a Israele. Ma egli non era amico degli arabi, da cui in tempo di guerra in Iraq aveva ricevuto la durevole impressione di un popolo propenso <<all’egoismo e alla stupidità, disposto ad ogni comportamento da bigotto e da fanatico>>. Pochi politici vedevano ragioni per metter in dubbio l’interpretazione orientalista di Clifford o di Kennan circa l’atteggiamento dei musulmani durante il secondo mandato di Truman.
Né, come riporta sempre Little, si può ignorare quanto detto da Truman nel 1946 <<debbo rispondere a centinaia di migliaia di persone che trepidano per il successo del sionismo>>, disse ad un contestatore del dipartimento di stato. <<Non ho tra i miei elettori centinaia di migliaia di arabi>>.
E i voti erano decisivi all’interno della battaglia elettorale che opponeva nel 1948 Truman a Thomas E. Dewey nel novembre di quell’anno; scrive sempre Little <<convinti che accontentare Ben Gurion fosse un buon affare, gli assistenti di Truman ritennero che solo un pronto riconoscimento del costituendo stato ebraico avrebbe ridato al Presidente il sostegno elettorale degli scontenti sionisti americani. Il 5 maggio, un influente democratico newyorkese disse <<francamente il presidente non potrebbe avere con sé lo stato di New York nelle attuali circostanze. Il voto degli ebrei contro di lui sarebbe schiacciante>>. In meno di due settimane le prospettive di Truman sarebbero migliorate clamorosamente. Il 12 maggio il presidente fece da arbitro ad un dibattito tra il segretario di stato Marshall e Clifford sulla Palestina <<uno stato separato ebraico è inevitabile>> argomentava Clifford e, dal momento che il Cremlino avrebbe probabilmente stabilito presto relazioni con il nuovo regime, <<è meglio riconoscere ora e battere sul tempo l’Unione Sovietica>>. Chiamiamolo “un chiaro espediente per ottenere pochi voti”. Marshall ribatte che <<il parere offerto da Mr Clifford si basava su considerazioni di politica interna, mentre il problema con cui ci si confrontava era internazionale>>. Inoltre, <<se il Presidente dovesse seguire il consiglio di Mr Clifford e se io dovessi votare, voterei contro il Presidente>>, aggiunse adirato il segretario di Stato, di norma sempre moderato.
Dopo alterne vicende, descritte nel libro, alla fine l’amministrazione Truman sposò la causa sionista sopratutto perché, come scrive ancora Little “durante le ultime ore prima dello storico annuncio, il 14 maggio, Clifford disse a Lovett[3] che <<il Presidente era sotto pressione insopportabile perché riconoscesse prontamente lo Stato di Israele>> e che l’argomento era <<per il Presidente importantissimo da un punto di vista interno>>”.
Per quanto attiene ancora alla posizione statunitense ed in particolare della presidenza Truman, rimando a quanto scritto da Antonio Donno,[4] che confermano il supporto fornito ad Israele.
Se servissero ulteriori prove del supporto fornito al novello stato sionista nell’occasione, non solo diplomatico e politico, si veda quanto scrive Hart:[5] “the decision which most determined the outcome of the first Arab-Israel conflict was taken on 22 May. On that day Britain withdrew her -++-+veto on the security council’s order for a ceasefire. It was to include an embargo on ammunition and rams to both sides, with severe sanctions against any of the combatants who did not keep to the rules of the ceasefire once it was on place. The British had been fully aware that Ben Gurion wanted war in order to grab more Arab land by fighting than he could get from diplomacy; and when the war started Britain’s unstated but real position was that events should be allowed to take their own course for a while. London’s hope was that the Arab armies would be competent enough to prevent the Israelis taking territory that had been allotted to the proposed Arab state of the vitiated partition plan. Why on 22 May the eight day of the war, did Britain change its position and remove her veto on the security council’s call for a ceasefire and arms embargo? The short answer is that Washington told London that Britain could forgery assistance for economic recovery if it did not fall into line on the Middle East. In the years to come, British diplomats would recall with great bitterness the pressures exerted by America to prevent Britain supplying the Arabs with a single bullet while the Israelis were importing everything they needed to impose their will on the Arabs-not just the Palestinians, but the Arabs”.
Al contrario di questo atteggiamento negativo verso la costituzione di uno stato Palestinese e sopratutto nei confronti degli arabi, corrispondeva, come abbiamo appena visto, un atteggiamento esternamente favorevole alla causa sionista da parte della Presidenza degli Stati Uniti e di una parte dell amministrazione.
Solo quando Israele ruppe la seconda tregua il 15 ottobre 1948, lanciando la sua offensiva che intendeva non solo distruggere quello che rimaneva delle forze egiziane nel sud e chiarificare la situazione sul campo con quello siriano nel nord, e continuare l’espulsione della popolazione araba dai territori occupati, l’amministrazione americana tergiversò nel suo supporto; il presidente Truman espresse il disappunto sulla situazione attraverso una nota “deep disappointment at the Israel refusal to make any of the desired concessions on refugees and boundaries” richiedendo “Israel withdraw to the boundaries of the partition plan” e richiedeva urgentemente a Israele “ to allow Palestinian refugees too return to their homes”; Truman specificò inoltre che l’atteggiamento di Israele era “in opposition to the general assembly Resolutions” e “dangerous to peace”, aggiungendo che, se il nuovo stato avesse perseguito nella sua azione, “The US will regretfully be forced to the conclusion that a revision of its attitude toward Israel has become unavoidable”.[6]
La risposta di Israele era compendiata nelle seguenti parole “The war has proved the indispensability to the survival of Israel of certain vital areas not comprised originally in the share of the Jewish state”. In quanto al problema di profughi essi erano “ members of an aggressor group defeated in a war of its own making”.
Ma, certamente, nonostante l’ufficiale dichiarazione di non consentire ai combattenti delle due parti di approvvigionassi militarmente, da parte del Governo statunitense non fu fatto quanto dovuto e potuto.
La rete clandestina ebraica di approvvigionamento delle armi
a) L’Italia
Non si spiega altrimenti come la rete clandestina di acquisto di armi messa in piedi dall’agenzia ebraica e diretta da Teddy Kollek e Yehuda Arazi, potesse attingere alle immense scorte di materiale militare statunitense.[7] L’amministrazione Truman ha decretato l’embargo sulle armi, ma le stesse riescono a partire dagli USA ed arrivare in Israele.
E non si tratta, fra l’altro, di materiale di poco conto: 12 bimotori Curtiss Commando (C46) e tre quadrimotori Constellation, aerei che partiranno da Burbank (USA) per dirigersi verso l’Italia all’aeroporto di Castiglione del Lago, dove un industriale italiano, Angelo Ambrosini, proprietario del campo, faciliterà il volo iniziale; anche se, per motivi di agibilità della pista, il luogo di raccolta diventerà l’aeroporto di Perugia.[8]
L’Italia è il luogo ove l’unico tentativo di contrabbandare armi, circa 6.000 fucili verso la Siria, viene vanificato dal fatto che i membri delle organizzazioni sioniste affondano con esplosivi ed attraverso una operazione di sommozzatori il battello Lino nel porto di Bari la notte del 9 aprile 1948.[9]
Le armi, in seguito recuperate ed in attesa di essere trasferite in Siria con il veliero Agire, verranno invece trasferite in Israele attraverso l’occupazione della nave a Mola di Bari di personale Israeliano travestito da finanzieri italiani, obbligando i marinai a navigare verso Israele. Quando ci potrebbero essere ripercussioni internazionali per la palese operazione di pirateria, le casse vengono trasferite in mare aperto sulle due corvette della marina israeliana J.Wedgewood e Haganà,[10] il veliero italiano si inabissa a causa di una falla. L’equipaggio italiano verrà, all’arrivo in Israele, internato e rilasciato solo il 29 marzo 1949, salvo per un membro che morì di tubercolosi in prigionia.[11] Le armi verranno distribuite alla brigata Etzioni.[12]
Un’Italia di fatto sotto il controllo statunitense nel 1948 e messa in scacco da un vero e proprio ricatto politico, secondo quanto racconta Ada Sereni, una delle organizzatrici, se non la responsabile della rete dell’Intelligence israeliana[13] in Italia, quella che verrà poi conosciuta come Mossad. E la lettura del libro della Sereni svela su quale complessa e capillare rete di complicità potesse contare la struttura ebraica in Italia, soprattutto ai livelli decisionali, vuoi per interessi politici che per interessi economici o ideologici, nata per favorire l’allora illegale immigrazione ebraica in Palestina e quindi utilizzata anche per l’approvvigionamento di armi.
Scrive al riguardo Eric Salerno[14] riprendendo quanto raccontato da Ada Sereni:[15] “Un incontro a tre organizzato da Massimo Teglia, un noto aviatore ebreo di Genova che ha avuto un ruolo fondamentale negli eventi di quegli anni difficili. Presenti Ada Sereni, Yehuda Arazi e, di fronte a loro, Alcide de Gasperi. Il presidente del consiglio democristiano investe la donna con una raffica di domande sul Medio Oriente. Infine concluse: <<quello che voi chiedete è praticamente di farvi vincere la guerra in Palestina. Quale è l’interesse dell’Italia alla vostra vittoria?>> La mia risposta fu pronta: <<Primo: l’Italia non ha nessun interesse a essere circondata da paesi arabi troppo forti; noi siamo uno degli elementi equilibratori contro una futura arroganza araba nel Mediterraneo. Secondo: sono tre anni che ci aiutate a far defluire dall’Italia i profughi. Se noi perderemo la guerra in Palestina ci sarà un deflusso di masse di profughi; per ragioni geografiche la maggior parte arriverà in Italia; che interesse avete a riprenderveli?>> De Gasperi rimase un attimo in silenzio, poi disse: <<Allora cosa dobbiamo fare per voi?>> <<Chiudere un occhio e possibilmente due sulle nostre attività in Italia>>.
<<Va bene>>, disse De Gasperi alzandosi.[16]
La vera contropartita, al di là del paventato ricatto della Ada Sereni sui profughi? Come scrive ancora Eric Salerno, “e, a parte i rapporti ambigui, costruiti ad arte, per non precludere i potenzialmente ricchi mercati arabi e favorire una soluzione pacifica del conflitto mediorientale, l’Italia non sarebbe stata ostile nemmeno a Israele, che, come ricompensa per una certa amicizia, aveva offerto più volte di fare da intermediaria tra gli “amici americani dello stato ebraico” e l’Italia postfascista.
Né ritengo che vada sottovaluto il timore di De Gasperi di essere coinvolto in una situazione particolare, quale era quella dello scontro in Palestina e che aveva già avuto ripercussioni in Italia; la notte del 31 ottobre 1946 l’ambasciata britannica a Roma era stata distrutta in buona parte da una esplosione di 50 Kg circa di tritolo;[17] operazione concepita, organizzata e messa in atto dall’Irgun Zva Leumi.[14]
Alcuni autori dell’attentato furono arrestati, ma le indagini evidenziarono come a Roma, in via Sicilia, fosse stata impiantata una vera e propria scuola per atti di sabotaggio in quanto il territorio italiano era stato reputato il più adatto allo svolgimento dell’attività segreta[19]. Bombe carta erano state fatte esplodere nel 1947 in otto città italiane – Bari, Firenze, Milano, Napoli, Roma, Padova, Torino e Venezia – per richiamare l’attenzione degli Italiani sulla lotta condotta dalla comunità ebraica in Palestina contro gli inglesi.
Tutto questo, come racconta una nota del ministro dell’Interno italiano datata 23 gennaio 1943, nella quale si legge: “la situazione, in mancanza di opportuni provvedimenti per fronteggiarla, va evolvendosi rapidamente e tende a capovolgersi e da un problema di ordine pubblico ne consegue uno politico, anche perché gli interessati fanno apertamente comprendere di poter influire – a seconda del nostro atteggiamento – sull’opinione pubblica americana nei riguardi dell Italia, problema questo che sfugge alla valutazione degli organi di Polizia”, e pertanto “sta di fatto che, non affrontando tempestivamente il problema, esso può avere riflessi molto gravi in avvenire, in quanto ci verremmo a trovare in casa nostra una continuazione della Palestina, con tutti i guai che sono successi nell’Europa centrale”.[20] L’immanente situazione italiana, fortemente influenzata dalle elezioni alle porte e dal prevedibile scontro politico, deve avere indotto De Gasperi, decisamente una persona solida e pragmatica, a fare scelte tali da allontanare qualsiasi rischio di intromissione esterna in una situazione politica italiana ove già troppi erano i problemi interni per vedersi aggiungere anche quelli esterni. Né sarà sfuggita a qualche organismo di informazione italiano, fra i tanti che proliferavano all’epoca, il legame già esistente fra la parte più intransigente dei movimenti politici ebraici, quelli così detti revisionisti e facenti capo alle idee di Ze’ev Jabotinsky, ed il fascismo.
Riporta Salerno[21]: “Scrive Parlato,[22] in realtà due testimonianze convergenti, quella di Marina Romualdi, figlia di Pino, e quella di Carlo Dinale, all’epoca giovane militante del MSI e stretto collaboratore di Romualdi, fanno nuova luce sulla episodio. Se viene confermata l’ideazione e la realizzazione dell’attentato da parte dell’organizzazione ebraica (NdA, Irgun), l’esplosivo, secondo le due testimonianze, sarebbe stato fornito dai neofascisti dei FAR.[23] Romualdi, che successivamente ne avrebbe parlato in diverse occasioni, pubbliche e private, sarebbe stato contattato per la fornitura dell esplosivo da un personaggio che disse di chiamarsi Jabotinsky; il leader neofascista fornì agli ebrei l’occorrente per l’attentato recuperandolo per l’occasione dagli opportuni nascondigli dove era stato occultato prima del 25 aprile. A queste due testimonianze va aggiunta l’importante dichiarazione del senatore Alfredo Mantica, in passato stretto collaboratore di Romualdi, in sede di commissione stragi: ponendo una domanda a Francesco Cossiga, Mantica ricordava come i fascisti avessero utilizzato le armi nascoste al crepuscolo della RSI, fornendole poi ai servizi segreti israeliani” e, giustamente, aggiunge: “L’ideologo del revisionismo sionista Jabotinsky è morto nel 1940. Quelli dell’Irgun si erano serviti del suo nome per contattare Romualdi come se fosse una parola in codice.”
Se a molti appare strano e impossibile il legame fra fascismo e nazismo e comunità o gruppi ebraici, significa che la storia di tali regimi non è stata pienamente conosciuta. In Italia fu creata, per volere ovviamente di Mussolini, la prima scuola della marina ebraica proprio a seguito di accordi fra le idee di Jabotinsky e quelle di Mussolini; quest’ultimo, infatti, vedeva il Betar[24] e le idee revisioniste del movimento come un potente alleato ideologico in Medio Oriente anche in funzione anti-britannica.[25]
A Civitavecchia nel 1934 sorse l’accademia Navale del Betar, il movimento fondato da Jabotinsky,[26] le cui caratteristiche si ispiravano alla cultura ed ideologia fascista e che in Italia aveva passato una parte della propria vita considerando tale nazione la sua madrepatria spirituale avendo sviluppato una enorme ammirazione per Garibaldi e per la lotta italiana per l’indipendenza nazionale[27]; la scuola fu chiusa nel 1938, non prima tuttavia che la nave Quattro Venti, acquistata da un generoso donatore Belga, Mr Kirschner, e ribattezzata Sarah partisse per una crociera nel Mediterraneo raggiungendo poi Haifa, sempre con equipaggio totalmente ebraico di aderenti all’idea di Jabotinsky.[28]
A Milano nel 1932 si tenne la prima conferenza del sionismo revisionista italiano, visto come controparte della World Zionist Organization, e i cui obiettivi politici erano in linea con il governo fascista; sulle pagine del giornale revisionista “L’idea Sionistica”, pubblicato in Italia, apparvero articoli nei quali si tracciava una netta demarcazione fra l’antisemita nazismo, idea derivante da un mondo nord atlantico e che contemplava anche il razzismo contro i neri presente negli USA, e il fascismo, che, essendo di radici latine, non contemplava tali idee. I pezzi furono scritti a cavallo del 1936 mentre fra Hitler e Mussolini esistevano ancora divergenze riguardanti l’Austria. Ma non vi è da illudersi ritenendo che i revisionisti favorissero un progresso civile che vedeva tutti i pioli eguali, in quanto i revisionisti sionisti erano decisamente a favore di una attività coloniale italiana, in questo già indicando quale fosse la loro idea riguardo popolazioni non occidentali ed europee.[29]
Si è a lungo parlato anche di un accordo segreto fra Stern, il fondatore della banda Stern e l’Italia di Mussolini, con cui sarebbe stato approvato un documento, il così detto “accordo di Gerusalemme”, con cui il Mediterraneo sarebbe stato considerato come un mare italiano e un regime di tipo fascista sarebbe stato instaurato in Palestina con Haifa che sarebbe diventata una base della marina italiana, in cambio del riconoscimento della sovranità ebraica sulla Palestina mandataria dai due lati del Giordano, con l’eccezione di Gerusalemme e dell’aiuto dell’Italia per organizzare il trasferimento degli ebrei europei in Palestina; e si è anche reputato che tale accordo sia stato una provocazione dei servizi segreti inglesi. Di fatto, i contatti ci sono stati.[30]
Come si può quindi rilevare, i legami erano solidi fra i fascisti e la dirigenza ebraica, in particolare quella facente capo ai gruppi più oltranzisti quali l’Irgun, derivato proprio dal Betar.
Inoltre l’Italia fornisce al novello stato ebraico un deciso aiuto militare; alcuni uomini della X MAS, al comando di Fiorenzo Capriotti[31], con il consenso e la volontà dello stato italiano, partono per il Medio Oriente ed addestrano i primi nuclei di incursori israeliani che affondano la nave egiziana El Amir Farouk nel porto di Gaza.[32][33]
Né, al contrario di quanto scrive la Sereni nel suo libro citato, ritengo che l’esplosivo usato per l’affondamento del Lino, di cui si è in precedenza trattato, sia stato prodotto artigianalmente attraverso materiale comprato nelle farmacie di Roma da parte del responsabile del gruppo operativo subacqueo ebraico incaricato di compiere l’attentato, tale Iossel. Appare molto più verosimile che il materiale sia stato ricevuto da esperti nel settore delle demolizioni navali subacquee, e chi più degli operativi della X MAS aveva esperienza al riguardo? Ricordo i bauletti esplosivi applicati dal compianto Luigi Ferraro ad Alessandretta sotto la chiglia delle navi da trasporto alleate innescate attraverso un semplice meccanismo ad elica che attivava l’esplosione solo ben lontano dai porti, al fine di fare ritenere l’esplosione opera di un attacco di sommergibili, il successivo invio di esperti in attività di guerra non convenzionale in Israele, come più su detto, e secondo quanto accennato dalla stessa Sereni nel suo libro citato riguardo al desiderio di poter disporre per l’operazione sul Lino anche di subacquei italiani, lascia comprendere che i fatti citati vanno ancora investigati e studiati.
Altra indicazione del fatto che la Sereni abbia volutamente scelto di non entrare in particolari, lo dimostra quanto scritto da Lapierre e Collins proprio in relazione all’affondamento del Lino, quando parlano della bomba usata per affondarlo come composta di TNT e “lardellata di detonatori”.[34]
Non solo, ma nella versione della Sereni non si fa affatto menzione della presenza all’operazione di Munya Mardor,[35] probabilmente per non fare risaltare il nome di una delle persone chiave del progetto militare nucleare israeliano negli anni dal 1955 in avanti e si parla della possibilità di affondare il Lino attraverso un bombardamento aereo a mezzo di un Piper, piccolo aeroplano a due posti che sarebbe dovuto decollare dall’aeroporto di Bari, a disposizione della organizzazione ebraica,[36] quando invece Lapierre & Collins parlano del tentativo, effettuato da parte di Freddy Fredkens di bombardare la nave, con due bombe da duecento libbre l’una, a bordo di un bombardiere Anson decollato dall’aeroporto francese di Toussous-le Noble, per Roma; impresa non riuscita, secondo gli autori, in quanto non venne trovata la nave. Una versione differente ci viene fornita da Janusz Piekalkiewicz che parla di un C46, tra quelli comprati negli Stati Uniti e giunti all’aeroporto di Perugia, di cui si è in precedenza parlato, che ha l’incarico di trovare nell’Adriatico una nave le cui caratteristiche corrispondano a quelle del Lino.[37]
Ulteriore versione viene data da Eric Salerno, che fa anche il nome del capo degli incursori israeliani, Yossele Dror.[38]
Probabilmente nulla di più preciso si potrà conoscere sull’argomento, in quanto, ovviamente, si tratta qui di preservare fonti, informazioni delicate e sensibili; ma certamente possiamo dire che esisteva una struttura con fortissimi addentellati e conoscenze ai vari livelli della struttura militare politica e in generale nella società italiana, tale da poter compiere qualsiasi attività anche alla luce del sole.
Ritengo che De Gasperi, già alle prese con problemi di politica interna, abbia in realtà cercato di evitare ulteriori elementi di tensione alla nazione stremata che doveva recarsi alle urne ed in cui erano già presenti forti elementi di tensione; si ricorderà l’attentato a Togliatti del luglio 1948, che portò il paese sulla orlo di un’altra guerra civile.
b) Gli Stati Uniti
Nella realtà, sono gli Stati Uniti che manovrano gran parte delle attività e chiudono occhi ed orecchie.
I rapporti interpersonali fra Reuven Shiloah, Consigliere per gli Affari Speciali del Ministero degli Affari esteri della neonata Repubblica, e l’OSS[39](Office of Strategic Services) statunitense datano alla guerra mondiale da poco conclusa ed erano poi stati incrementati grazie alla conoscenza personale con il capo centro della sezione X2 dell’OSS in Italia, James Angleton; rapporti tenuti anche con Maurice Oldfield, responsabile britannico del SIME (Security Intelligence Middle East)[40] al Cairo, e, spesso, i rapporti fra i vari servizi sorpassavano le rivalità ufficiali fra governi; scrivono Black e Morris:[41] From 1948 onwards according to an authoritative brush source, the SIS station in Tel Aviv, its incumbent, usually one of the few women officers, ensured two way flow of intelligence during years when overt relations between the two governments varied from cool to frigid”.
La dottrina Truman del 1947, benché riferita espressamente alla Turchia ed alla Grecia, aveva un significato abbastanza chiaro: “da un lato essa costituiva la prima attuazione della strategia del containment nei confronti di ogni ulteriore espansione dell’influenza sovietica e, dall’altro, come immediato corollario, implicava una più rigorosa organizzazione politica ed economica nella sfera di influenza americana”.[42] Giova ricordare che nel 1948, per l’esattezza il 18 aprile, si tennero in Italia le elezioni politiche in cui il rischio principale da parte statunitense era una presa di potere delle sinistre in maniera democratica, per cui l’Italia fu in quel periodo un sorvegliato speciale e destinatario di numerosi aiuti economici sottoposti alla condizione che le sinistre non vincessero; dubito, pertanto, che l’Italia fosse in condizioni di fare scelte autonome, in particolare in politica estera, ma sopratutto potesse svolgere attività collegate alla politica estera al di fuori di un quadro voluto dall’alleato e garante statunitense.
Non solo, ma non poteva certo passare inosservato alle autorità statunitensi il continuo flusso di materiale verso Israele. Come accaduto il 3 giugno 1948, allorquando, su un molo del porto di Newark, sulla nave Executor, nello stivaggio di casse recanti l’indicazione di concime, una delle casse si schianta al suolo rivelando la presenza di esplosivi; i successivi accertamenti di polizia porteranno alla scoperta di 250 tonnellate di esplosivo; il tutto probabilmente grazie alla complicità dei due gangster ebrei Abner Zwillman, che controllava i depositi del porto, e Meir Lansky, che collaborava con l’Haganah e controllava i magazzini del porto di New York.[43]
Al riguardo degli aerei comprati negli Stati Uniti e trasportati in Italia, oltre quanto già riferito, sembra opportuno aggiungere che negli Stati Uniti viene comprata la Service Airways Inc che diventa di proprietà di Jehuda Arazi, un uomo del gruppo d’azione del Rehesh che deve acquistare armi ed aerei per l’Haganah. Suo compito è quello di trasferire gli aerei in Palestina per il nascente stato ebraico. A seguito di un controllo dell’FBI, che cercava armi, un’altra società viene costituita a Panama, e gli aerei cominciano partire dagli Stati Uniti verso l’Italia, come abbiamo visto.[44] Non è un caso che il primo aereo carico di armi che arriva in Israele fu un DC4 con insegne panamensi e gestito da piloti statunitensi che operava in Europa.[45]
Golda Meir, inviata da Ben Gurion, riusciva a rastrellare per l’acquisto di armi[46] dalla comunità ebraica statunitense ben cinquanta milioni di dollari, dopo che si era rivelata non sufficiente una precedente operazione di raccolta fondi operata dal gruppo Sonnenborn facente capo all’industriale Rudolph G. Sonnenborn e attraverso cui erano state acquistate due corvette, più tardi ribattezzate Haganah e Wedgwood, altre navi ed aerei. Quantificare la raccolta fondi degli ebrei statunitensi per le necessità della nuova costituenda nazione non è possibile, ma certamente la cifra dell’epoca si aggirava sui diversi milioni di dollari; nel libro “The Jews’ Secret Fleet: Untold Story of North American Volunteers Who Smashed the British Blockade”, di Murray S. Greenfield & Joseph Hochstein, si dà un quadro generale e particolare di alcune di queste somme, alcune delle quali rimaste segrete per quarant’anni, ma certamente il loro ammontare complessivo nel corso di alcuni anni supera le centinaia di milioni di dollari. Dati confermati dalle cifre riportate da Kathleen Christison, che scrive:”From revenues in 1941 of $ 14 million, the United Jewish Appea [47]increased its monies raised in 1947 and 1948 to an annual total of $ 150 million, virtually all contributed by U.S. Jews”.[48]
Quanto sia influente la comunità ebraica lo si vede non solo dall’enorme cifra raccolta dalla Meir, ma anche dai vari tentativi, fruttuosi, posti in essere dalla stessa per spingere il presidente Truman a favorire la nascita dello stato ebraico, ma, sopratutto, a non considerare i palestinesi.
La famosa lettera scritta al New York Times il 4 dicembre 1948 da numerosi intellettuali ebrei fra cui Albert Einstein ed Hanna Arendt per protestare contro l’ideologia professata da Menachem Begin, allora in visita proprio negli Stati Uniti per cercare fondi e sostegno per le sue idee politiche, e che tratta anche del massacro di Deyr Yassin, evidenzia quanto sia stato importante il sostegno anche economico sino allora fornito dagli ebrei statunitensi agli interessi ebraici prima ed israeliani poi, proprio mentre maggiori erano le esigenze di carattere economico per acquistare quella superiorità in mezzi, armamenti e tecnologia che avrebbe decisamente fatto pendere la bilancia del conflitto a favore di Israele.[49]
La situazione economica viene infatti descritta anche da uno di maggiori storici marxisti ebrei, Nathan Weinstock: “Lo stato israeliano beneficia, sin dalla sua creazione, dell’aiuto americano: nessun ostacolo si frappone al trasferimento di fondi di privati americani a favore d’Israele (questi possono essere detratti dalle imposte a titolo di beneficenza) che servono a pagare le armi ceche acquistate dal nuovo stato”.[50]
Nel periodo in cui si cercano soldi per conseguire la superiorità negli armamenti, tutti i maggiori leader sionisti si recano negli Stati Uniti, bene accolti dall’opinione pubblica e da una accorta opera di propaganda orchestrata dalla comunità ebraica locale.
E gli arabi? All’interno degli Stati Uniti dell’epoca non avevano alcuna voce. L’unico legame era quello petrolifero, attraverso gli accordi fra la presidenza statunitense e la dinastia saudita. Nell’incontro avvenuto nel 1945 fra Franklin Delano Roosevelt, ormai irrimediabilmente malato, e il re d’Arabia Abdul Aziz Ibn Saud, il Presidente Statunitense prese per la prima volta coscienza di un problema palestinese, o meglio di un problema arabo legato alla massiccia e continua immigrazione ebraica. Per la maggioranza della popolazione statunitense il massacro dei campi di concentramento era del tutto sconosciuto, e ne vennero a conoscenza solo dopo il 1945, attraverso un articolo del National Geographic dal titolo “Palestine Today”, in cui ebrei relativamente occidentalizzati reclamavano da arabi orientalizzati il loro posto legittimo in Terrasanta.[51] “In miniatura – quasi in scala da laboratorio – una visita in Palestina oggi è piuttosto come una visita all’America di ieri” scriveva il National Geographic,[52] paragonando l’immigrazione ebraica alla ricerca del sogno dei coloni britannici nel nuovo continente; dimentichi, nell’un caso come nell’altro, che vi era comunque una popolazione nativa.
“Il numero di novembre 1948 di National Geographic, ad esempio, comprendeva Sailing with Sinbad’s Son, un resoconto di viaggio del Bayan, un’imbarcazione a vela quadrata, alato galeone d’Arabia, che ripercorreva la rotta del vecchio commercio di schiavi e spezie da Aden, all’imboccatura del mar rosso, a Zanzibar, al largo della costa orientale africana. La descrizione dell’equipaggio del Bayan conferma il classico mito orientalista del nativo primitivo, ma felice. <<Come scimmie in cima agli alberi, gli Arabi si arrampicano su un pennone da 130 piedi>> si legge in una didascalia <<la loro paga è irrisoria e il loro cibo scarso, eppure essi sono felici>>” [53].
Le terre e popolazioni palestinesi, sconosciute ai più, vengono pertanto osservate solo con l’occhio giornalistico in una visione di quel fenomeno che Edward Said chiamerà “Orientalismo” mentre ad un mondo ignorante, incivile e selvaggio delle popolazioni locali, si oppone una visione di prosperità, civilizzazione e benessere portata dalla civiltà occidentale, in questo caso rappresentata dalle persone di religione ebraica; peccato che in questa visione venga esaminato essenzialmente il mondo ebraico Askenazita che ha le sue radici sopratutto nell’est europeo e, pertanto, usi e costumi riconosciuti come tali dal mondo occidentale, ed ignorato quello Sefardita, ben radicato e rappresentato proprio nel mondo Arabo, Africano e Medio Orientale.
Appare, pertanto, evidente che la conoscenza del problema generale della lotta in Medio Oriente veniva percepito solo con la vicinanza ad una popolazione di cultura occidentale, di cui comunque si conosceva qualcosa e che aveva in comune con una nazione a prevalenza cristiana un senso di affinità derivante dalla comune matrice religiosa: il mondo arabo era ridotto a stereotipi come ci insegna l’impietoso resoconto del viaggio di Mark Twain in Palestina nel 1869, in cui gli arabi vengo descritti come brutali, ignoranti, arretrati e superstiziosi[54]; si potrebbe dire la stessa visione che i popoli bianchi avevano dei nativi americani, come detto in precedenza.
Nel mondo politico statunitense gli arabi erano importanti solo come popolazioni abitanti aree imbevute di petrolio; risale al 1942 la creazione della Petroleum Administration for War, voluta da Roosevelt e presieduta dal segretario degli interni Ickes, allorquando ci si rese conto dello stretto legame fra petrolio e sicurezza nazionale. E la successiva decisione del presidente Truman di ignorare le leggi antitrust nel 1947 in favore di Jersey Standard e Mobil che unirono le forze con Socal eTexaco per diventare partner dell’ARAMCO, contribuendo alla formazione di un cartello del petrolio: ma le risorse energetiche venivano ai primi posti della sicurezza nazionale, come dimostrò la decisione di Truman del gennaio 1953 sposando le tesi dei dipartimenti di stato, difesa ed interno contro quello della giustizia in relazione alla legislazione antitrust violata dalla società petrolifere in quanto[55] “erano prioritarie considerazioni di sicurezza nazionale”.
Il petrolio mediorientale serviva dal 1945 in avanti sia per sviluppare l’Europa legata agli Stati Uniti attraverso il piano Marshall, ma anche per non intaccare le riserve statunitensi.
“Nell’aprile 1946 il Segretario alla marina, James Forrestal disse <<se dovessimo imbarcarci in un’altra guerra mondiale, potremmo non avere accesso alle riserve del M.O., ma fino a quel momento l’uso di tali riserve eviterebbe l’esaurimento delle nostre, un esaurimento che potrebbe diventare preoccupante nei prossimi 15 anni>>. Con il consumo postbellico salito del 20% rispetto ai livelli prebellici e con le riserve accertate dell’America incrementate solo del 7%, la sicurezza nazionale sembrò dipendere in modo crescente dalla espansione della produzione mediorientale. Anche se la produzione era ancora superiore alla domanda, John Lotus, del Dipartimento di Stato, ipotizzò che entro pochi anni gli USA sarebbero diventati una nazione importatrice di quantità significative di petrolio. Per minimizzare la loro vulnerabilità, essi dovevano sfruttare <<le ricche aree del M.O.>> e ridurre <<il salasso delle riserve dell’emisfero occidentale, caratteristico del modello di commercio mondiale di petrolio nel passato>>.[56]
E’ evidente come gli interessi statunitensi fossero circoscritti al solo mondo petrolifero in un’ottica di sfruttamento delle risorse altrui in un quadro in cui già si delineavano i futuri assetti della guerra fredda; ma ancora il colosso statunitense non ha soppiantato nell’area medio orientale il colonialismo britannico e le velleità francesi, cosa che avverrà in seguito, nel 1956 con la crisi di Suez ed il disperato tentativo anglo-francese di continuare ad esercitare un controllo sull’area attraverso un patto con l’ambizioso stato di Israele in cerca di espansione territoriale ai danni della nuova repubblica egiziana, che aveva nazionalizzato il canale.
Ritornando al discorso iniziale, si può quindi affermare che gli Arabi fossero… nessuno.
Non importanti per l’opinione pubblica che aveva di essi un’immagine distorta basata su una visione “ orientalistica”, e neppure per il Governo o la Presidenza, al di là di eventuali ripercussioni sul piano petrolifero.
c) La Francia
Ed a proposito di embargo e di come la realtà sia ben diversa rispetto alla teoria, non va sottovalutato l’aiuto francese dato all’Irgun, che porterà ad una resa dei conti fra le organizzazioni sioniste, con il problema della nave Altalena. Partita da Port-de-Bouc in Francia e diretta verso Israele, dopo essere stata acquistata dall’Irgun negli Stati Uniti ed avere attraversato l’Atlantico, il mercantile recava a bordo 5.000 fucili britannici Lee Enfield, 3 milioni di cartucce, 250 mitragliatori Bren, 250 pistole mitragliatrici Sten, 150 mitragliatrici Spandau, 50 mortai da 81 mm, 5.000 granate, centinaia di tonnellate di esplosivo, concessi gratuitamente dal capo di stato maggiore delle forze armate francesi generale Revers, su indicazioni del proprio governo, al gruppo estremista sionista.[57] [58]
L’Irgun, dopo l’attentato avvenuto a Roma contro l’ambasciata britannica, decise di trasferire, per sicurezza, il suo centro europeo da Roma a Parigi e ad uno dei responsabili principali dell’organizzazione, Eliyahu Lankin, fu concesso il visto di entrata nonostante ricercato dalle autorità inglesi.[59]
Samuel Ariel, altro membro dell’Irgun, il cui compito consisteva sopratutto nell’organizzare il trasferimento degli ebrei in Palestina sfidando il blocco britannico, ebbe legami molto stretti con le autorità francesi che lo appoggiarono notevolmente e, grazie a tali contatti, il quartier generale dell’Irgun a Parigi poté agire indisturbato.[60]
I legami fra francesi e membri ebraici, in particolare delle organizzazioni più estremiste, non sono nuovi. Cominciano con dei contatti fra qualche esponente della così detta banda Stern e ufficiali della Francia Libera.[61]
I motivi non sono dipendenti da simpatia verso le idee sioniste, ma molto dallo scontro che sta opponendo in Medio Oriente la Francia alla Gran Bretagna, ove ognuna delle due cerca di recuperare le posizioni colonialiste e l’influenza nell’area avuta prima della guerra. Il 31maggio 1945, dopo il bombardamento del parlamento di Damasco e la sparatoria contro la popolazione civile da parte delle truppe francesi su ordine del generale francese Olivet-Roget, Churchill lancia un ultimatum al generale de Gaulle rivelando di aver dato l’ordine alle forze britanniche “di intervenire per impedire nuovi spargimenti di sangue; il governo francese è invitato a dare l’ordine di cessare il fuoco e riportare le truppe nei loro acquartieramenti” e il comando militare britannico sul posto assume, di conseguenza, lo stesso tipo di atteggiamento dichiarando “Se i militari francesi aprono di nuovo il fuoco, farò bombardare le loro caserme”.[62]
I Britannici hanno ancora conservato una posizione di predominio nell’area del Mashreq e cercano di conservarla; i francesi non più, anche se cercano di riottenerla, in ciò collidendo con gli interessi britannici. I rapporti fra le organizzazioni ebraiche e il governo di de Gaulle sono ottimi, tanto che il quartier generale europeo dell’Haganah e la stazione radio vengono sistemate a Parigi. Il responsabile del Lehi in Francia, Yashka Levstein, contatta il colonnello Alessandri, un ex appartenente alla Francia Libera e governatore militare di Bizerte; vengono stretti accordi, anche in questo caso ufficiosi; purché vengano creati problemi alla Gran Bretagna.
Vengono accettati Irgun, Stern e qualsiasi altra organizzazione; se non ufficialmente, di certo ufficiosamente.
All’Irgun venne, pertanto, lasciata mano libera purché non venissero compiuti attentati anti britannici sul suolo francese. Anche in Francia una donna, Claire Weyda, giocò un ruolo importante per l’organizzazione ebraica, al pari dia auto abbia fatto Ada Sereni in Italia.
Obiettivo? fare in modo di stringere rapporti privilegiati con la nascente nazione dall’altra parte del Mediterraneo, creando un asse che possa riportare in auge la politica colonialista francese nell’area, estromettendone quella inglese; se la Francia aveva perso la Siria e il Libano, avrebbe avuto Israele con cui attuare la sua politica.
Il progetto indicato da Samuel Ariel, ossia un interesse comune fra la Francia e il nuovo stato di Israele nel costituire un asse strategico sulle due sponde del Mediterraneo, subentrando pertanto alla Gran Bretagna in quella zona in cui gli interessi francesi erano sempre stati notevoli, trovò notevoli adepti all’interno della dirigenza decisionale francese, come racconta lo stesso Samuel[63].
La storia dell’Altalena, interessante riguardo ai rapporti di forza all’interno delle strutture militari e politiche sioniste prima ed israeliane poi, è poco pertinente seppure interessante nel contesto; ma qui serve a puntualizzare come in realtà il tanto sbandierato embargo funzionava solo a senso unico; contro i Paesi arabi.
d) La Russia ed i paesi satelliti
Golda Meir, recatasi negli USA su incarico di Ben Gurion, nel 1948 riesce a raccogliere 50 milioni di dollari dalla comunità ebraica[64] .
Saranno soldi che, unitamente ad altri, serviranno per acquistare armi dall’altra superpotenza, l’URSS di Stalin.
Perché, ci si chiede oggi, Stalin ha aiutato così sfacciatamente Israele? Le risposte sono molteplici, ma vanno viste in quel clima post bellico in cui l’area medio orientale era ancora in via di formazione, e – sopratutto – in quanto l’Inghilterra ancora dominava la scena locale. Le attività sioniste contro la presenza inglese in Palestina avevano indotto a ritenere che da parte del nuovo stato vi sarebbe stata la possibilità di schierarsi su posizioni favorevoli all’URSS nel nascente conflitto ideologico.
Non erano estranee a tale visione le numerose visite fatte da esponenti ebraici in Russia, fra cui lo stesso Ben Gurion, i legami comuni, essendo numerosi ebrei in Palestina di provenienza od origine sovietica e la supposta idea socialista sbandierata dalla dirigenza sionista.
Vi furono contatti fra membri del LEHI e le varie organizzazioni comuniste, cercando di fare arrivare messaggi direttamente a Stalin, come nel caso di Yitzhak Markin che, amico del premier bulgaro Georgi Dimitrov, attraverso lui ebbe contatti con un emissario di Stalin, al fine di ottenere il supporto sovietico. La banda Stern presentò addirittura la sua candidatura al Cominform nel 1948, pur di ottenere l’aiuto sovietico.[65]
Nonostante i contrasti in relazione alla dimensione interna della realtà ebraica in Russia, tuttavia la dirigenza sionista cercò ripetutamente l’appoggio dell’Urss. Si segnala, al riguardo, la documentazione prodotta da Leonid Mlecin nel suo “Perché Stalin creò Israele”. La sintesi dell’argomento che qui interessa si trova a pag. 118-119. “il 5 febbraio 1948 Moshe Shertok si recò da Gromyko e lo pregò di intervenire, da una parte per bloccare la vendita di armi cecoslovacche agli arabi, e dall’altra per far recedere la Yugoslavia dal suo rifiuto di vendere armi agli ebrei. Stalin aveva già impartito l’ordine di armare gli ebrei palestinesi, perché potessero difendere il loro stato, che stava per essere costituito, perciò Gromyko senza lungaggini burocratiche, domandò a Shertok se gli ebrei fossero in grado di scaricare al loro arrivo le armi che sarebbero state vendute. Shertok telegrafò immediatamente a Ben Gurion, che diede subito risposta affermativa. I governanti cecoslovacchi avevano sempre simpatizzato per gli ebrei palestinesi e il primo presidente del paese, Tomas Masaryk, aveva caldamente sostenuto i sionisti … omissis … (pag. 120-121) delle forniture militari alla Palestina si occuparono a Praga due esponenti di spicco del PCC, entrambi emigrati a Mosca negli anni trenta: Bedrich Geminder e Bedrich Rejcin … la Cecoslovacchia destinò uno dei suoi aeroporti all’invio in Israele di armi e munizioni; equipaggiamenti, artiglieria, mortai e aerei da caccia Messerschmitt, armi che erano già state date in dotazione all’esercito tedesco, il che rendeva praticamente impossibile risalire a chi le avesse vendute agli ebrei palestinesi … (pag 122) i piloti volontari giungevano clandestinamente all’aeroporto cecoslovacco di Ceske Budejovice, dove imparavano a conoscere le macchine che avrebbero pilotato e partivano poi alla volta di Israele. Nello stesso luogo venivano anche addestrati carristi e paracadutisti. Millecinquecento fanti israeliani si prepararono ad Olomouc, e altri duemila a Mikulov, costituendo la Brigata Gottwald, che giunse in Palestina passando per l’Italia. Il personale sanitario fu istruito a Velka Strebna, i radiotelegrafisti a Liberec, gli elettromeccanici a Pardubice, mentre insegnanti sovietici tenevano ai giovani israeliani lezioni sui argomenti politici… (pag. 123). <<Non sappiamo – ricordò Golda Meir – se avremmo potuto resistere senza le armi e le munizioni comprate in Cecoslovacchia e trasportate attraverso la Yugoslavia e i Balcani in quel terribile inizio della guerra, prima che la situazione mutasse nel giugno del 48. Durante le prime sei settimane potemmo contare sulle mitragliatrici e le munizioni che l’Haganah era riuscito a compare nell’Europa dell’est, mentre perfino l’America aveva messo l’embargo sull’invio di armi in Medio Oriente. Nonostante in seguito l’URSS ci abbia duramente avversato, il riconoscimento di Israele da parte sovietica fu allora importantissimo per noi. Per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, le due maggiori potenze sostennero lo stato ebraico di comune accordo e noi sapemmo di non essere soli, nonostante fossimo in pericolo mortale. Da questa consapevolezza e dallo stato di terribile necessità, attingemmo quella forza, se non materiale, almeno morale che ci condusse alla vittoria>>.
Per motivi diversi e in un quadro geopolitico caratterizzato già dall’insorgere della guerra fredda, le due superpotenze si erano schierate in favore di uno stato ebraico senza alcuna considerazione per la realtà palestinese e sopratutto caratterizzato dalla rispettiva diffidenza verso tutto quello che era arabo, anche per gli ancora prevalenti interessi britannici nell’area. Occorre anche tener presente quanto fosse importante il canale di Suez per la politica e l’economia anglo-francese; i due stati saranno disposti nel 1956 a rischiare una guerra internazionale sfruttando proprio l’alleanza con Israele per recuperare tale “assett” dalle mani di Nasser che lo aveva nazionalizzato. Inoltre, da parte inglese non vi era alcun interesse alla nascita di uno stato palestinese, privo di controllo e che recava il peccato originale di avere come maggior leader quel Muftì di Gerusalemme – Haj Mohammed Effendi Amin el-Husseini – sostenitore della Germania Nazista durante la seconda guerra mondiale.
Che lo stesso abbia sopratutto supportato gli interessi tedeschi in funzione antibritannica, in vista della creazione di un futuro stato palestinese, non lo rendeva certamente affidabile per la potenza mandataria uscente che gradiva continuare a esercitare un controllo sull’area in via indiretta. Gli interessi Britannici all’epoca erano caratterizzati non dalla nascita di una nuova realtà politica, quale quella palestinese, ma sopratutto dal portare avanti una politica che vedeva la nascita di uno stato ebraico, l’ampliamento della realtà Transgiordana e la difesa dell Egitto.
Parlare a questo punto di una battaglia di Davide contro Golia è improprio. Dal punto di vista militare si è visto come, trascorse le prime settimane di guerra, durante le quali la situazione si era potuta considerare almeno di equilibrio, al termine della prima tregua la bilancia pendesse definitivamente in favore delle forze del nuovo stato di Israele sia militarmente ma sopratutto politicamente. Avere dalla propria parte le due maggiori potenze esistenti, l ‘URSS di Stalin e gli USA di Truman, cui si aggiungeva il supporto britannico, e certamente quello francese, non esprimeva un bilanciamento, ma, anzi, un forte sbilanciamento a favore di uno solo dei due contendenti.
A. G. Monno
[1] “Orientalismo americano-Stati Uniti e Medio Oriente dal 1945”, Pagg da 49 a 51; e quindi da 147 a 156.
[2] Nome con cui si indicava la sede del Dipartimento di Stato statunitense, situata per l’appunto in tale quartiere.
[3] Robert. A. Lovett,sottosegretario di stato.
[4] In collaborazione con Daniele De Luca e Paola Olimpo nel libro Ombre di guerra fredda. – Gli Stati Uniti nel Medio Oriente durante gli anni di Eisenhower (1953-1961), pagg .da 59 a 94.
[5] Libro citato, Vol. II a pag 65.
[6] Hart, libro citato, Vol. II pag 92.
[7] Charles Enderlin “Attraverso il ferro ed il fuoco – La lotta clandestina per l’indipendenza di Israele (1936-1948), pag.216.
[8] Janus Piekalkiewicz, Il lungo braccio di Israele”, pag. 217 e segg.
[9] Piekalkiewicz, libro citato, pag.211. Si veda, al riguardo, per una cronaca dettagliata anche di come fu ottenuta la notizia, Ian Black e Benny Morris, Israel’s Secret Wars, pagg. 66 e segg.
[10] Sull’acquisto delle stesse negli Stati Uniti ad opera delle Organizzazioni filantropiche statunitensi impegnate nella raccolta fondi a favore di Israele, vedasi la parte riguardante gli Stati Uniti.
[11] Piekalkiewicz, libro citato pagg.215-216 . Black e Morris, libro citato, pag.68.
[12] La foto del Lino affondato è tratta dal sito http://www.generazioneweb.net/ada-sereni-e-laffaire-lino/ e quella di Ada Sereni dal sito http://www.tlaxcala.es/pp.asp?reference=10258&lg=it.
[13] Il termine Mossad tratto dalla sigla HaMossad leModi’in U’LeTafkidim Meyuhadim, “Istituto per l’intelligence e servizi speciali” nacque di fatto il 13 dicembre 1949, anche se la sua nascita ufficiale risale al 2marzo 1951. I suoi predecessori erano lo Shai-Sherit Yedot, servizio informazioni dell‘Haganah, che il 7 giugno 1948 si trasformarono in uno Shai militare, uno per la sicurezza interna ed uno per la sicurezza esterna (tratto da Ian Black e Benny Morris,Israel’s secret wars, pag.55 e pag. 83).
[14] Mossad base Italia, pag. 24.
[15] Ada Sereni, I clandestini del mare, pagg 327-328.
[16] L’incontro ebbe luogo a Trento nell’aprile del 1948. Vedasi: http://www.fondazionespirito.it/newsletter/n4/saggiorossi.pdf.
[17] Eric Salerno “ Mossad base italia” pagg.65 e segg.
[18] La foto dell’ambasciata britannica distrutta dalla tentato è tratta dal sito http://www.mediatecaroma.it/mediatecaRoma/ricerca.html?show=14&index=2324&jsonVal=&filter=&query=archiveName%3AluceFondoLuceCronologico&id=IL3000011299&refId=12.
[19] Eric Salermo, libro citato pag.73.
[20] Eric Salerno, libro citato, pagg. 77-78.
[21] Ibidem, pag. 80
[22] Giuseppe Parlato, storico. La frase riportata da Eric Salerno è contenuta nel libro Fascisti senza Mussolini dello stesso Parlato.
[23] FAR: Fasci di Azione Rivoluzionaria, organizzazione costituita a cavallo del 1946 da diversi gruppi di reduci della Repubblica Sociale Italiana. Vds : http://fascidazionerivoluzionaria.blogspot.it/
valido al 9 settembre 2014
[24] Movimento politico nazionalista creato da Ze’ev Jabotinsky, in Palestina e nelle varie nazioni europee; dalle sue fila prese vita l’Irgun. Fra i suoi aderenti si ricordano sopratutto Menachem Begin e Yitzach Shamir. Per una generica conoscenza del Betar vedasi http://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/judaica/ejud_0002_0003_0_02836.html.
[25] La foto di Jabotinsky è tratta dal sito e quella dello stesso mentre visita alcuni giovani del Betar dal sito http://dancutlermedicalart.com/AlbertEinstein%27sZionism/07Einstein%27sZionism1940-1949.htm.
[26]Vladimir (Ze’ev) Jabotinskij, fondatore del Movimento Revisionista Sionista, le cui idee si ispiravano ad un forte nazionalismo e ad una espansione del sionismo sulle due rive del Giordano al fine di accogliere tutti gli Ebrei nel mondo e l’espulsione di tutti gli Arabi. Vedasi il suo articolo The Iron Wall https://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/Zionism/ironwall.html.
[27] Eran Kaplan, The Jewish Radical Right: Revisionist Zionism and Its Ideological Legacy,pag. 3 e 150.
[28] Eric Kaplan, The Jewish Radical Right: Revisionist Zionism and Its Ideological Legacy, pag.156.
[29] Ibidem, pag.153.
[30] Charles Enderlin, Attraverso il ferro ed il fuoco, pag.46.
[31] Citato da Junio Valerio Borghese nel suo Decima Flottiglia MAS alle pagine 137-139, come uno dei partecipanti all’attacco contro il porto di Malta. Informazioni sullo stesso reperibili sul sito http://digilander.libero.it/anmisbt/Fiorenzo%20Capriotti.htm.
[33] La foto di Fiorenzo Capriotti è tratta dal sito http://guerrecontro.altervista.org/blog/2010/06/08/shayetet-13-e-stata-fondata-da-un-fascista-italiano/.
[34] Dominique Lapierre & Larry Collins , “ Gerusalemme Gerusalemme, pagg. 270-271.
[35] Operatore dell’Haganah, con l’incarico di procurare armamenti per la stessa organizzazione. In seguito fondatore dell’Israel’s Weapons Development Authority, (RAFAEL), http://www.nti.org/country-profiles/israel/chemical/ ed uno degli organizzatori dello sviluppo militare nucleare israelianohttp://www.nytimes.com/books/first/c/cohen-israel.html.
[36] Ada Sereni, I clandestini del mare, pag 308-309.
[37] Janusz Piekalkiewicz, Il lungo braccio di Israele, pagg.207-209.
[38] Eric Salerno, Mossad base Italia, pagg 51 e segg.
[39] L’antesignano della CIA ( Central Intelligence Agency) durante la seconda guerra mondiale. L’agenzia attuale nacque nel 1947.
[40] Più tardi diventerà l’MI5.
[41] Testo citato, pag. 74.
[42] Storia D’Italia. volume 4 dall Unità ad Oggi. pag 2462.
[43] Charles Enderlin, Attraverso il ferro ed il fuoco, pag 235.
[44] Janusz Piekalkiewicz, Il lungo braccio di Israele, pagg. 205-206.
[45]Piekalkiewicz, libro citato, pag. 220.
[46] http://jwa.org/encyclopedia/article/meir-golda; Vedasi per il discorso tenuto da Golda Meir nel gennaio 1948 a Chicago ove raccolse i 50 milioni di dollari, il lavoro di Željko Uvanović dal titolo: Two iron ladies with rhetoric simplicity Golda Meir’s speeches, dialogues and interviews in comparison with their counterparts in Ingrid Bergman’s re-enactment in the film A Woman Called Golda (1982).
[47] Organizzazione filantropica ebraica sorta negli USA nel 1939 che riuniva diversi gruppi ebraici.
[48] Kathleen Christison, Perceptions of Palestine, pag73.
[51] Douglas Little, Orientalismo Americano. Stati Uniti e Medio Oriente dal 1945. pagg 47-48.
[52] ibidem, pag 48.
[53] Douglas Little, libro citato, pag 49.
[54] Ibidem, pag. 31.
[55] Ibidem, pag. 105.
[56] Douglas little, libro citato, pagg.. 98-99.
[57] Charles Enderlin, libro citato, pag 236.
[58] Simbolo dell Irgun tratto dal sitohttp://en.wikipedia.org/wiki/Irgun.
[61] Charles Enderlin, Attraverso il ferro ed il fuoco, pag71 e pag 137.
[62] Ibidem, pag. 138.
[63] http://www.eretzisraelforever.net/InTheirOwnWords/InTheirOwnWords_BioSketchView.asp?sAction=view&iBioId=1824155356
[64] Enderlin, libro citato, pag.218.
[65] Charles Enderlin, Attraverso il ferro ed il fuoco, pagg 182-183.