L’azione dei social network e le strategie di reazione

di Ferruccio di Paolo

Il 12 marzo si è tenuto il World Day Against Cyber-Censorship ed è stato l’occasione per fare il punto sull’importanza di Internet come strumento di mobilitazione e di trasmissione di notizie. Reporter without borders ha presentato un libro bianco sui “Nemici di Internet” e uno spaccato dei social network, della loro influenza e delle reazioni nel mondo.

Se già il 2010 aveva decretato il ruolo delle reti sociali e di Internet come strumenti di mobilitazione e di trasmissione di notizie, i primi mesi del 2011 ne hanno confermato la forza dirompente. I termini “rivoluzione di Twitter” e “rivoluzione di Facebook” sono diventate parole d’ordine. Nel solo 2010, 250 milioni di utenti Internet si sono iscritti a Facebook e alla fine dell’anno questo ha superato nel mondo i 600 milioni di iscritti. Nel settembre dello stesso anno, gli utenti di Twitter erano 175 milioni, ben 100 milioni in più rispetto all’anno precedente.

Evgeny Morozov, un esperto di nuovi media e dei loro riflessi sulla politica internazionale, nel suo recente libro The Net Delusion: The Dark Side of Internet Freedom, mette in dubbio il ruolo di Internet come strumento di democratizzazione. Infatti, anche se Internet è certamente utilizzato dai dissidenti, è utilizzato anche dalle autorità di alcuni regimi totalitari o autocratici per realizzare una propaganda di regime che, attraverso il monitoraggio dei rumors sui social network, possono rafforzare lo stato di polizia. Molti governi hanno investito nella costituzione di una sorta di “cyberpolizia” destinata ad una osservazione costante dei temi presenti nella rete e capace di seguire da vicino le attività dei dissidenti. Internet in effetti rimane uno strumento e come tale può essere usato con finalità diverse da parte di chi ne usufruisce. Ma indubbiamente è uno strumento potente e, per alcuni versi, ancora inespresso.

È evidente che, se esiste una volontà di bloccare o regolamentare il ruolo di Internet, questa volontà deriva dalla consapevolezza del suo potenziale rivoluzionario. Proprio nei primi mesi del 2011, anche a seguito delle manifestazioni nel nord dell’Africa, aziende come Facebook, Twitter e Google hanno messo da parte la loro reticenza e si sono apertamente schierate dalla parte della libertà di espressione online[1]. Facebook ritiene che “a nessuno dovrebbe essere negato l’accesso a Internet.” Google e Twitter, in occasione degli eventi in Egitto, hanno implementato la sinergia tra la rete, i telefoni e Twitter in modo da bypassare il blocco tentato nel paese. YouTube ha in poco tempo approntato e rafforzato un canale di notizie a disposizione degli egiziani che volevano diffondere i loro video.

In Tunisia ed in Egitto Facebook e Twitter  hanno fatto da casse di risonanza, amplificando le frustrazioni dei manifestanti e le loro richieste. Hanno anche reso possibile al resto del mondo la possibilità di seguire gli eventi man mano che accadevano, nonostante la censura. A prescindere da analisi geopolitiche più approfondite sulla parte avuta dai “poteri forti”, come ad esempio il ruolo svolto dall’esercito in Egitto, va riconosciuto che l’azione combinata dei telefoni cellulari accanto alle piattaforme web 2.0 si è dimostrata fondamentale per l’organizzazione e l’affermazione delle istanze dei manifestanti. In seguito allo stringente controllo dei media tradizionali da parte di molti governi il ruolo di fonte di notizie e vettore delle informazioni è stata rilevata dai social network.

Proprio per cercare di arginare queste dinamiche molti governi hanno istituito forme più o meno soft di controllo. Secondo il censimento condotto da Reporter without borders, 60 paesi al mondo attuano una qualche forma di censura di Internet, censure che vanno dal filtraggio dei contenuti alla persecuzione più o meno marcata, dei “cittadini della rete”. Tra le varie strategie adottate, oltre all’uso di distributed denial-of-service (DDoS), cioè di attacchi informatici mirati, è diventato frequente il phishing finalizzato a rubare le password dei cittadini e monitorarne i movimenti nella rete.

Nel 2010 alcuni regimi autoritari hanno cercato di controllare le velocità di connessione ad Internet del proprio paese, rallentando la larghezza di banda durante le elezioni o in occasione di disordini sociali, al punto che l’analisi della velocità di connessione può essere considerato un indicatore della situazione politica e sociale di un paese. L’Iran utilizza questa tecnica con estrema precisione sia nei giorni precedenti, quando è utile per minare le capacità organizzative, sia durante ogni manifestazione organizzata dall’opposizione. Sia Ben Ali che Mubarak hanno fatto ricorso a questa strategia. Spesso tali pesanti riduzioni della capacità del segnale sono accompagnate da jamming o dallo spegnimento delle reti di telefonia cellulare nelle zone interessate, come è accaduto a piazza Tahrir al Cairo.

Un’altra strategia, anche questa sperimentata ampiamente in Iran, è stata massicciamente utilizzata in Bielorussia durante la manifestazioni contro la rielezione del presidente Lukashenko, e consiste nel reindirizzare gli utenti di siti web di opposizione (o quelli che criticano il regime) verso siti apparentemente simili, ma con contenuti filo-governativi. Questa tecnica, più sofisticata rispetto alla semplice repressione ma finalizzata alla diffusione di contenuti favorevoli alle iniziative dei governi, ha visto anche la scesa in campo di blogger “sponsorizzati” dalle autorità: pagati per pubblicare online i commenti favorevoli al regime, offuscando in questo modo le opinioni critiche.

Le misure estreme che sono state prese in Egitto, e poi in Libia, per tentare di porre fine alla protesta dei movimenti contro i leader in carica non sono riuscite, alla resa dei conti, a fermare le proteste, suscitando forti reazioni negative in tutto il mondo. Non è la prima volta che l’accesso a Internet viene totalmente sospeso in un paese. Questo si era già verificato nel 2005 in Nepal e nel 2007 in Birmania. Ma nei recenti episodi, oltre a evidenziare la permeabilità delle restrizioni governative, si è messo in evidenza quanto Internet sia ormai parte integrante dell’economia globale e sia fondamentale per ogni paese e, quindi, quanto il tentativo di bloccarlo sia dannoso a tutti i livelli. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione europea e lo sviluppo (OCSE), la chiusura di Internet da parte dell’Egitto, per cinque giorni, a partire dalla sera del 27 gennaio 2011, ha provocato la perdita complessiva per l’economia egiziana di almeno 90 milioni di dollari[2].

Anche l’Europa non è immune da tentazioni di irreggimentare le spinte prodotte dalla diffusione di Internet e dei social network.

In Italia nel marzo 2010 la legge Romani ha cercato di regolamentare la pubblicazione di video on-line per mezzo di un decreto che prevedeva l’obbligo per i blogger di richiedere la tessera dell’Ordine dei giornalisti per poter esercitare il diritto a esprimere le loro opinioni online. Era previsto che ogni sito web che diffondeva regolarmente video avrebbe dovuto presentare una “Dichiarazione di attività” alla Autorità Italiana delle Telecomunicazioni (AGCOM). Il decreto definitivo ha in effetti ristretto questi obblighi alle sole stazioni televisive online esonerando i siti web tradizionali, i blog, i motori di ricerca e le versioni elettroniche di quotidiani e riviste. Il decreto, comunque, mantiene serie limitazioni alla libertà di Internet,[3] al punto che la legge viene anche citata nei famosi cablo di WikiLeaks, dove l’ambasciatore statunitense in Italia dichiara che la proposta “minaccia la democrazia” e “soffoca la libertà di parola su Internet”.[4] Nella corsa al digitale, inoltre, l’Italia è il fanalino di coda dell’Occidente, anzi, in questo campo, come riportano le cronache, è abbondantemente superato da molti paesi in via di sviluppo, ed è notizia di questi giorni, che, con il decreto Milleproroghe, 30 milioni precedentemente stanziati per lo sviluppo della Banda larga, sono stati reindirizzati verso l’incremento (guarda caso) della televisione e del digitale terrestre.

In Italia la più alta velocità disponibile per il pubblico sono i 20 Mega in download e i 512 k in upload, mentre in Francia già si viaggia di norma ad almeno 100 Mega e spesso a costi estremamente più bassi. Ma proprio la Francia è l’unico paese europeo messo sotto la lente d’ingrandimento dal libro bianco sui “Nemici di Internet”. In nome della protezione del copyright, il governo francese ha adottato una legge che rende possibile la sospensione della connessione Internet di un individuo sospetto di scaricare illegalmente file protetti da copyright online. La legge prevede tre passaggi: un utente scoperto a scaricare file protetti da copyright viene prima avvisato via e-mail; in caso di persistenza della violazione, riceverà una raccomandata, e, come ultimo avviso, sarà invitato a comparire davanti ad un giudice, che deciderà un’eventuale multa o la disconnessione forzata. Questo schema  ha ispirato altri Paesi, in particolare il Regno Unito con il suo Digital Economy Act.[5] In Spagna la Legge Sinde[6] prevede anche misure di oscuramento di un sito per ordine del tribunale. Bisognerà vedere quanto queste leggi, ispirate dal principio della tutela del copyright, non mostrino il fianco alla volontà di limitare la condivisione di documenti e filmati nel web, ed in tal modo inibire le potenzialità critiche della rete.

Il Parlamento francese però è andato oltre, approvando in nome della lotta contro la pornografia infantile una legge, la “Loppsi 2”,[7] che prevede una procedura amministrativa di filtraggio del web. Contro il testo si sono schierati i deputati dell’opposizione, diverse associazioni per la libertà d’espressione che temono che il filtraggio della rete da parte del governo sfoci in un meccanismo di censura che riguarderà anche siti non pedopornografici, come per esempio WikiLeaks, attaccato di recente dal ministro dell’Industria francese. Una analoga iniziativa messa già in pratica in Australia si dimostrò nel 2009 estremamente pericolosa. Proprio il sito di Julien Assange rivelò come nella lista nera dei 2.000 siti oscurati in Australia per presunta pedofilia vi erano anche siti di poker online e video di YouTube, che non rientravano nella categoria della pedopornografia, nonché, appunto, delle pagine del sito WikiLeaks.

In questa panoramica sull’Europa non si può non ricordare la recente legge ungherese sui media, che, ancorché parzialmente emendata nei suoi punti più controversi su pressione della UE,[8] potrebbe avere conseguenze negative sui media online e sui blogger, perché può infliggere sanzioni e contiene disposizioni tali da lasciare la porta aperta al filtraggio di siti web e quindi segnare la fine di Internet illimitato.

Azione e strategie di reazione alla azione dirompente di Internet, alcune più evidenti, altre striscianti. Dobbiamo ancora aspettare prima di cogliere appieno gli effetti dell’impatto che Internet e i nuovi media hanno avuto sui cambiamenti politici degli ultimi mesi. Appare in ogni caso evidente come la lotta per la libertà di espressione online sia essenziale. Con la creazione di nuovi spazi per lo scambio di idee e di informazioni, Internet è una forza per la libertà.


[1]Google ha abbandonato una politica spesso altalenante, come nel caso della parziale accondiscendenza nei confronti del governo cinese. Alla fine è riuscita a mantenere la promessa di smettere di censurare i risultati del motore di ricerca in Cina.

[2] Cfr. The economic impact of shutting down Internet and mobile phone services in Egypt in http://www.oecd.org/document/19/0,3746,en_2649_201185_47056659_1_1_1_1,00.html

[3] Cfr – Via libera al decreto Romani. “Ma nessun obbligo per i blog” –  http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/03/01/news/via_libera_al_decreto_romani_ma_nessun_obbligo_per_i_blog-2469666/

[4] Cfr http://www.wikileaksitalia.org/?hIjMFzto

[5] Cfr . http://www.guardian.co.uk/technology/2011/feb/25/digital-economy-act-website-blocking

[6] Cfr. La Spagna decide per la censura di Internet in  . http://www.italiasw.com/p2p/la-spagna-decide-per-la-censura-di-internet.html

[7] Cfr – La Stampa: Loppsi 2 approvata in Francia. Il governo potrà filtrare Internet in http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/tecnologia/grubrica.asp?ID_blog=30&ID_articolo=8452&ID_sezione=38&sezione

[8] Cfr. Ungheria, accordo con Ue: ‘legge bavaglio’ modificata

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