di Fabio GHIA
Nei giorni scorsi è stato inferto un colpo particolarmente duro alla giovane democrazia tunisina. Colpo che ha evidenziato anche il chiaro indirizzo contro l’Occidente della Jihad.
A dire il vero, i fatti di Tunisi non possono sorprendere chi segue con particolare attenzione quanto accade nel mondo islamico a livello socio-culturale. La Jihad è in corso da tempo nel mondo Musulmano. Alla maggioranza di cultura occidentale non è importato molto di quanto accaduto in Iraq nel dopo Saddam tra sciiti e sunniti, o in Afghanistan e Pakistan con le continue azioni dei Talebani, o meglio ancora in Niger e Nigeria con Boco Haram e Al qaeda Maghreb e nella stessa Tunisia, in Egitto e in molti altri paesi di fede islamica.
Ieri la Tunisia, nel suo piccolo, ha vissuto il suo 11 settembre; certamente con vittime limitate a quelle disgraziate e innocenti più di 20 persone che avevano scelto a caso la Tunisia come luogo di svago e di turismo. Ed ecco qui che pronunziando questa parola: il TURISMO, ho svelato il retroscena strategico per il quale, con ogni probabilità, i jihadisti tunisini hanno agito per seminare panico e scompiglio, si sicuramente, ma anche per “andare a incidere” sull’economia tunisina. In seguito agli squilibri sociali accentuatisi nel dopo rivoluzione, la Tunisia da tempo mostra incertezze evidenti sul proprio assetto finanziario, con il cambio dinaro/dollaro che nel giro degli scorsi due anni è passato da 1.3 a 2.0 di qualche giorno fa e il debito pubblico che per il 2014 si è attestato su un incremento del 10% del PIL. Rappresentando il “turismo” la prima voce di introiti del PIL tunisino, si può facilmente immaginare lo sconquasso che provocheranno alle casse dello stato le lecite ripercussioni di una netta diminuzione del turismo in Tunisia.
Se questo è da considerare l’obiettivo strategico dell’efferato atto terroristico di ieri, non è da sottovalutare, inoltre, la tipologia di vittime selezionate dai Jihadisti: tutti europei, con ogni probabilità, di religione cristiana. Nella cronaca da più parti diffusa sia in Italia che in tutta Europa raramente è stato posto l’accento su questo “non certo” fattore. Non bisogna sottovalutare però, ciò che nella realtà dei fatti, si prefigge la Jihad: la “sottomissione” all’Islam dell’intera umanità. Certo, come i fatti dell’ISIS stanno dimostrando, in particolare in Libia e in Nigeria, la Roma cattolica e il mondo Cristiano in generale costituiscono il passo successivo che la Jihad si prefigge!
Ecco, quindi, un ulteriore invito a riflettere su una CULTURA ALTRA che, pur non appartenendoci, insiste sempre di più sul nostro modo di vivere e sul nostro futuro.
Fabio Ghia