di Fabio Ghia
Completamente assente dalle cronache occidentali, nello Yemen si sta consumando l’ennesimo scontro, e forse il più importante nella storia dell’Islam, tra Sunniti e Sciiti. Le due più grandi correnti, che si differenziano sostanzialmente perché gli Sciiti credono che a governare lo Stato teocratico debba essere un discendente del Profeta Mohamed (lo scisma si verificò con l’avvento del 4° Califfo: Alì, genero di Mohamed), mentre i Sunniti hanno continuato a considerare loro Capo Spirituale il Principe delle Due Moschee (La Mecca – dove nacque Mohamed, e Medina – dove morì), nonché tenutario dei Luoghi Santi e Re dell’Arabia Saudita, al secolo Salman bin Abdul Aziz.
Quest’ultimo, salito al trono nel gennaio 2015, nel suo discorso di insediamento, guarda caso, non mancò di sottolineare l’importanza di una continuazione della politica attuata dal suo predecessore, il longevo Re Abdullah, incentrata sullo scontro con le ambizioni regionali dell’Iran, sciita. Uno scontro che si è spostato in vari paesi e che da ultimo ha avuto il suo culmine nel conflitto siriano. Re Abdullah fu anche duro nella repressione del dissenso nel momento del sorgere delle primavere arabe, spezzando sul nascere le dimostrazioni da parte della minoranza sciita nella regione saudita. Ma ora, nello Yemen, la minoranza sciita rischia di portare la nazione a una distruttiva guerra civile, con eccellenti possibilità di prendere il sopravvento sulla secolare tradizione sunnita. Se a tutto questo si aggiunge il pieno supporto logistico militare che l’Iran dal luglio 2014 ha fornito al gruppo sciita yemenita degli Houthi, ecco che emerge la radice dell’attuale conflitto etnico-religioso che porta gli Houthi a contrapporsi al legittimo presidente Abedrabbo Mansour Hadi, prima attraverso l’occupazione della capitale Sana e quindi con la defenestrazione dell’intero governo e l’esilio ad Aden del “deposto” Presidente.
Riad, che già da qualche tempo si era espressa contro l’Iran (accordo sul nucleare e politica espansionistica in Medio Oriente, in Siria e in Iraq, per proseguire poi in Libano, in Bahrein e in conclusione lo Yemen), è passata di conseguenza all’uso della forza. Nei giorni scorsi forze aeree di una coalizione arabo-sunnita (Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Turchia e emirati del Golfo) hanno infatti attaccato le forze rivoluzionarie sciite Houthi, fermando la loro avanzata che stava mettendo a repentaglio la stessa Aden. In particolare, l’Arabia saudita ha dispiegato 100 aerei da caccia e 150mila soldati, oltre ad unità navali in un dispositivo insieme a unità egiziane (e nei prossimi giorni anche Pakistane), nell’ambito dell’offensiva contro i ribelli Houthi nello Yemen.
A questa situazione, si è aggiunta ieri l’allarmante dichiarazione del Ministro degli esteri iraniano: «Ricorrere a operazioni militari contro lo Yemen, che è alle prese con una crisi interna ed è occupato ad affrontare il terrorismo dei numerosissimi gruppi di Al Qaeda presenti sul territorio, rende la situazione più complicata, fa precipitare la crisi e porta a perdere le opportunità per ricomporre le divergenze interne dello Yemen in modo pacifico». A questa dichiarazione ha fatto seguito quella dell’Ayatollah Ali Saeedi, capo religioso delle Guardie rivoluzionarie iraniane secondo la quale «il popolo Yemenita si è congiunto con Iran, Iraq, Siria e Libano nella comune lotta per la gloria dell’Islam (ndr: Sciita)».
Nella sostanza, quanto sta accadendo nello Yemen, potrebbe essere solo il preludio di uno scontro ancor più cruento e sentito. Uno scontro politico-settario che, nato nel lontano 10 ottobre del 680 con l’uccisione nella battaglia di Karbala del giovane Hussein (figlio di Alì – l’uomo venerato dagli sciiti), oggi più che mai divide il mondo Sunnita da quello Sciita e rischia di degenerare in una guerra fratricida.
Di difficile comprensione per il mondo di cultura occidentale, ma che i fatti dell’Africa del nord e ancor più quelli del Medio Oriente dimostrano di stressante attualità e verità per l’intero mondo Islamico: il conflitto Sunnita-Sciita!
Fabio Ghia