di Alberto Osti Guerrazzi
Oxi, no, no alla politica ridotta ad ancella della finanza, no a far pagare ancora ai deboli e svantaggiati errori e crimini che non hanno commesso.
Ero in Grecia domenica 5 luglio, in una piccola località balneare chiamata Milina; si trova nella penisola del Pilion, a sud di Volos, nella Grecia orientale. È la terra dei Centauri e degli Argonauti; è un posto tranquillo, di turismo locale e familiare, con un mare, quello del golfo di Volos, sempre calmo e liscio.
Un luogo adatto al riposo e al relax.
Milina non è Comune, fa parte della Municipalità del Pilion meridionale; nel paesino c’è una Casa Comunale, una specie di ufficio di circoscrizione. Lì era il seggio per votare al referendum, lì abbiamo visto i Greci del posto andare a votare, tranquillamente, e nel mentre discutevano, si infervoravano, ma nulla di più.
Purtroppo non parlo greco, per cui ho potuto chiacchierare solo con quei locali che parlavano inglese o italiano, come il farmacista, o il noleggiatore di biciclette. Comunque, tutti quelli con cui ho parlato mi hanno detto che avevano, o avrebbero votato no, oxi. E più o meno tutti per le chiare e decisive ragioni riassunte nelle prime due righe di questo scritto.
Uno degli amici italiani che era con me in vacanza criticava la scelta di Tsipras di indire un referendum: è una questione troppo tecnica, complessa, cosa può saperne la gente? Come può scegliere a ragion veduta? È populismo, ed è anche, sosteneva, un modo che Tsipras ha scelto per liberarsi della necessità di dover decidere.
Non ero, non sono d’accordo; per due motivi.
Il primo è che i Greci, ormai credo tutti quelli di età compresa tra i 5 e i 95 anni, sanno benissimo quali siano i termini delle cosiddette “riforme” che la Troika vuole imporre loro; e conoscono anche le controproposte (piuttosto ragionevoli alla luce dei fatti degli ultimi anni) di Tsipras e Varoufakis.
Panagiotis ci ha affittato delle bici, le ha portate giovedì ed è venuto a ritirarle domenica mattina, dopo aver votato, oxi. Parla inglese, lavora nel turismo: “la Troika” ci dice, “vuole alzare l’IVA sulle attività turistiche dal 6% al 23%; e questo quando tutti gli altri Paesi mediterranei, dal Portogallo alla Croazia e alla Turchia, l’hanno inferiore al 10% (mi ha detto la cifra precisa per ogni Paese, cifre che non ricordo più). Ciò significa uccidere il settore principale della nostra economia!”
Difficile dargli torto.
I Greci sono molto, molto informati, da mesi non parlano d’altro, e si sa quanto a loro piaccia discutere; ce lo hanno insegnato loro, cosa significhi analizzare un problema.
Il secondo e forse più importante motivo che mi faceva condividere la scelta di Tsipras è che con il referendum si ridà voce alla democrazia, al popolo. Si torna, o almeno si prova a tornare ad una politica fondata sul consenso e non sulla tecnocrazia (che guarda caso quando si tratta di banche too big to fail non si fa scrupolo di finanziare mega salvataggi).
Questa scelta del referendum, più di tutte le sue altre, aveva fatto accusare Tsipras di demagogia e populismo; motivo per il quale lui, e soprattutto Varoufakis sono stati accusati di essere inaffidabili, di non fare proposte “serie”. Inaffidabili? Poco seri? Perché? Solo perché non condividono appieno il pensiero unico e i dettami del neo liberismo? Perché non indossano la cravatta? È evidente che per Bruxelles si è affidabili solo se, come il nostro bravo Monti, si eseguono alla lettera e senza fiatare tutte le direttive ricevute dalla UE; e magari meglio se non si è stati eletti in regolari elezioni, né si è sentito il parere dei propri cittadini.
Secondo il mio amico Xristos su queste accuse di scarsa serietà è stata montata una campagna denigratoria, indirizzata principalmente contro Varoufakis e assecondata da economisti importanti come Daniel Gros o Bini Smaghi; campagna il cui evidente obiettivo era delegittimare Syriza, vista come un pericolo da esorcizzare prima che contagi altri paesi “a rischio” (a rischio di non fare i compiti a casa previsti dalle varie Troike), come testimonia Spagna con Podemos o l’Italia con i 5 Stelle.
Perché un rischio? Perché, è evidente, porta avanti un’idea di cambiamento del paradigma neo liberista che della crisi è la causa principale. Poiché però minerebbe le capacità di profitto e potere di banche e finanza internazionale, tale cambiamento va combattuto con tutte le armi a disposizione, anche le meno corrette.
Varoufakis è stato accusato di scarsa serietà, di istrionismo, di vacuità perché alle riunioni dell’Eurogruppo parlava con tono professorale irritando gli altri ministri.
Xristos pensa, e io sono d’accordo con lui, che tale irritazione nascesse dal fatto che un gruppo di contabili alla prese con i conti da far quadrare si sia improvvisamente trovato di fronte a ragionamenti e considerazioni che andavano oltre quei conti, mostrandone l’insipienza, quando non la pericolosità. A persone ricche di auto considerazione come è probabile siano i vari Schauble e Djsselbloem tali ragionamenti devono essere apparsi un insulto, tanto che sono, loro, arrivati ad insultare il ministro greco.
E tuttavia l’irritazione credo derivasse anche dal rendersi conto, nell’Eurogruppo, che vi era una voce contraria alle politiche neo liberiste e pro grande finanza, una voce che rischiava di far apparire la nudità del re.
E allora si citano i casi postivi, di Spagna, Portogallo, Irlanda; nei due paesi iberici effettivamente i conti sono a posto, ma al prezzo di una continua demolizione dello stato sociale e della crescita di disuguaglianza e povertà. Tanto che in Spagna a sottolineare la deriva anti democratica una legge di questi giorni punisce severamente le manifestazioni e le proteste non autorizzate.
L’Irlanda, poi, il suo stare meglio deriva essenzialmente dall’essere un paradiso fiscale.
La sera del 5, in un ristorante in riva al mare e al cospetto di un meraviglioso tramonto, da una TV accesa scorrevano i dati dello spoglio. All’inizio pareva testa a testa, poi oxi ha preso il largo e alla fine era 61 a 39.
Eravamo, noi ma di più i greci, contenti. Ad Atene e in altre città ci sono stati festeggiamenti, non dove eravamo noi, dove peraltro la soddisfazione era palese.
Hanno ragione a festeggiare, qualunque azione democratica deve essere ben accetta; nello sforzo di uscire dal paradigma del neo liberismo, pericoloso per la società, la cultura, l’ambiente, il 5 luglio 2015 resterà una data importante.
Alberto Osti Guerrazzi
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