IL CIELO SOPRA LA LIBIA

Inseriamo volentieri, qui di seguito, una sintesi dell’intervento del Gen. Mario Arpino tenuto in occasione del Convegno organizzato da OMeGA, intitolato «Le criticità mediterranee – Il caso Libia».

L’intervento, il primo di un relatore “esterno”, efficacissimo nei contenuti e nell’esposizione molto chiara e diretta, è stato indispensabile per inquadrare la cornice “bellica” degli eventi che segnarono l’inizio dell’attuale cruenta ed interminabile crisi.

IL CIELO SOPRA LA LIBIA

marzo – settembre 2011

 

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Sintesi dell’intervento del Gen. Mario Arpino per OMeGA – 12 novembre 2015

I veri motivi per cui l’Occidente, la Nato ed alcuni volonterosi sono rimasti coinvolti nella campagna aerea sopra la Libia sono ancora oggetto di approfondimento. Ufficialmente, tutto è iniziato dopo le prime sommosse a Bengasi e a Misurata e le conseguenti repressioni dei lealisti di Gheddafi. Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza 1970 e 1973, votate in tempi insolitamente brevi, e la susseguente conferenza convocata il 17 marzo 2011 a Parigi dal presidente Sarkosy, hanno dato l’avvio ai fuochi d’artificio. La Francia ha bruciato i tempi, inviando i caccia-bombardieri prima ancora che la conferenza si chiudesse.

 

Non vi è ombra di dubbio che i due promotori di questa campagna siano stati Francia e Regno Unito, seguite dagli Stati Uniti. Con prospettive e motivazioni diverse, si sono poi aggiunte altre 14 nazioni, tra le quali – a dire il vero, con riluttanza – l’Italia. Ormai, è opinione comune che i propositi umanitari che hanno dato l’avvio all’iniziativa siano stati senz’altro un fattore importante, ma sicuramente non l’unico e, con buona probabilità, nemmeno il più rilevante. Alcuni analisti parlano, senza troppe perifrasi, di una sorta di copertura ad operazioni che stavano comunque maturando da tempo. Il contributo dato dall’Italia è passato sinora sottotraccia, tanto che Barak Obama, nell’incontro di vertice a Nizza ai margini del G.20, aveva pubblicamente lodato Sarkosy e la Francia, “…senza la quale questa guerra non si sarebbe potuta fare”. Per l’Italia, niente.

 

Ma ora che, con i dati a disposizione, è facile riscontrare come l’Italia abbia assolto con efficacia un ruolo di pieno rilievo, pur partendo dalla convinzione iniziale che questa “strana guerra” non si sarebbe mai dovuta fare. Ora auspichiamo pari efficacia anche nella fase politica, visto che questa, ai fini degli interessi nazionali, potrebbe avere valenza assai superiore al numero di bombe sganciate, alle sortite volate e agli obiettivi colpiti.

 

Delle oltre 23 mila sortite volate dalle 17 nazioni (aeronautiche e, quando il caso, aviazioni imbarcate) che hanno partecipato alla fase attiva, secondo dati non ufficiali la palma andrebbe agli Stati Uniti, seguiti da Francia, Regno Unito, Italia, Canada, Emirati, Turchia, Qatar, Svezia, Belgio, Spagna, Olanda, Norvegia, Giordania e Grecia. Tuttavia solo 9 nazioni su 17, tra cui l’Italia, hanno partecipato alle operazioni di attacco con sganci reali. In quanto all’utilizzazione di armi di precisione – più efficaci, ma anche più dispendiose – si tratta di oltre 7.700 ordigni. Noi abbiamo utilizzato esclusivamente questo tipo di armamento, per una quantità che risulterebbe essere circa il 10% di tutta la coalizione. Quindi, se dovessimo badare solo ai numeri, potremmo essere considerati mediamente al quarto posto nella scala dei contributi. Ma non è così. Se, sotto altro profilo, computassimo anche le missioni di sorveglianza e ricognizione, dove avremmo prodotto circa il 22% del totale, saremmo al secondo posto. Poi, ci sarebbe da mettere in conto il supporto logistico fornito dalle nostre sette basi aeree a una media nel periodo di 200 velivoli, con punte fino a 250.

 

Certo, noi siamo fieri di aver contribuito a “salvare i civili” dalle truppe di Gheddafi, come voleva l’Onu e continuava a ripetere la Nato, sebbene nulla abbiamo potuto fare per salvarli anche dalla vendetta dei vincitori. Ma è probabile che così abbiamo perso molto di ciò che dopo la “cacciata dei ventimila” avevamo ricostruito in quarant’anni di paziente tessitura. Ora, con altrettanta pazienza, è necessario ricomporre il puzzle libico e ripartite daccapo.