di Luigi R. Maccagnani
Nei giorni scorsi sono apparse sui giornali indiscrezioni (poi smentite) secondo cui esisterebbe un “piano B”, nel caso fallisse la possibilità di formare un Governo di Unità Nazionale, che consisterebbe nel suddividere il territorio Libico in tre aree -Tripolitania, Cirenaica e Fezzan- affidandone l’amministrazione militare rispettivamente a Italia, Gran Bretagna e Francia.
Qualcosa di simile – ma in un contesto molto diverso – avvenne nell’immediato dopoguerra, fra il 1947 e il 1951 periodo in cui la Libia passò, nella sua unità di territorio, da stato coloniale all’indipendenza.
Vale forse la pena ricapitolare la sequenza di quegli eventi (vedasi anche il precedente articolo di omeganews – http://www.omeganews.info/?p=2653):
- Trattato di pace del 1947 – la Libia avrebbe mantenuto uno stato di indipendenza pro-tempore, nell’attesa che una commissione di indagine multinazionale formulasse una proposta di assetto.
- 1948 – furono eseguite estese indagini demoscopiche, da cui emerse che il popolo Libico voleva “unità di territorio” ed indipendenza;
- 1949 – Risoluzione ONU 289 (sulla liquidazione delle ex-colonie Italiane): ritenuta la Libia non ancora in grado di auto-governarsi, si decise per un periodo di transizione in cui l’amministrazione sarebbe stata affidata ad un Consiglio di 10 membri, in rappresentanza delle tre regioni principali, più un rappresentante per le minoranze etniche. Sarebbe stato inoltre nominato un Commissario che garantisse l’applicazione di un piano di lavoro per arrivare all’indipendenza entro il Gennaio 1952 (Incarico assegnato all’Olandese Adriaan Pelt);
- 1949-1951 – Durante il periodo di transizione, l’amministrazione corrente del territorio fu curata per Tripolitania e Cirenaica dalla Gran Bretagna, per il Fezzan dalla Francia;
- Novembre 1950 – Viene formata l’Assemblea Costituente, che in undici mesi arriva all’approvazione formale della Costituzione, con un Governo Federale sotto un unico monarca per tutto il popolo;
- 24 Dicembre 1951 – la Libia diviene indipendente sotto re Idris I.
Le analogie, o piuttosto le difformità, con la situazione attuale sono state già esaminate nell’articolo di omeganews sopra citato (2653).
Di fatto, nel 1948 la Libia usciva da oltre 35 anni di occupazione coloniale Italiana, tra l’altro non particolarmente illuminata, e contava su una popolazione inferiore ai due milioni, con un’organizzazione prevalentemente tribale ed un’ urbanizzazione limitata; nonostante la riorganizzazione, il “cambio di regime”, dovuto al riassetto internazionale post seconda guerra mondiale, il popolo Libico, con le sue suddivisioni tribali ed etniche, scelse spontaneamente l’unità nazionale e l’indipendenza e riconobbe -con la scelta di Re Idris I – la prevalenza carismatica della Senussia.
Nel 2011, sulla scia degli eventi tunisini, la rivolta contro la dittatura – quantomeno “eccentrica” – di Gheddafi è stata spontanea, in un contesto demografico totalmente cambiato rispetto all’ultimo dopoguerra: oltre sei milioni di abitanti, urbanizzazione spinta all’80%, indipendenza economica delle nuove generazioni (il 35% dei Libici ha meno di 30 anni), globalizzazione e, dal 2004 -anno del riconoscimento da parte di Gheddafi delle responsabilità per il caso Lockerbie e contestuale fine delle sanzioni internazionali – accesso diffuso agli strumenti informatici di comunicazione (vedasi www.omeganews.info/?=2666).
Molti commentatori hanno spesso fatto riferimento a problematiche “tribali” come primaria causa delle divisioni odierne del contesto libico, in realtà, con l’evoluzione demografica e l’industrializzazione degli ultimi decenni l’influenza delle tribù si è molto rarefatta e comunque – come dimostrato dagli eventi del dopoguerra – le tribù hanno sempre sostenuto l’unità territoriale del paese, né la Libia ha mai conosciuto -contrariamente ad altri paesi musulmani – forti divisioni settarie autoctone: se del caso, esse sono di “importazione” e si sono imposte sfruttando la situazione di anarchia emersa dopo la caduta di Gheddafi.
La dimostrazione è nella partecipazione alle elezioni del 2012, con l’85% degli aventi diritto (inferiori le percentuali nelle elezioni successive, quando ormai le condizioni di sicurezza ne minacciavano lo svolgimento).
Ritengo ipocrita definire il governo di Tobruk (espressione della Casa dei Rappresentanti -House of Representatives, HoR, risultato delle elezioni del Giugno 2014), “il governo/parlamento internazionalmente riconosciuto”, cui fanno riferimento i diplomatici libici accreditati all’estero, a cominciare dal rappresentante permanente alle Nazioni Unite – Ambasciatore Ibrahim Dabbashi, e – al contempo – imporre alla HoR gli stessi vincoli, come embargo sulle armi, delle altre autonominate entità nella ricerca di una soluzione “politica” che, anche qualora questo “Governo di Unità Nazionale” promosso dalle Nazioni Unite vedesse la luce, difficilmente avrebbe il sostegno della maggioranza dei libici, né una sua chiamata per un ingresso di truppe internazionali nel Paese sarebbe ben vista.
D’altra parte già all’inizio del 2014 Henry Kissinger, nel capitolo Islamism and the Middle East: A World in Disorder, del libro World Order (ISBN 978-0-241-00416-5), scrive: … la richiesta di sospendere i combattimenti e formare un governo di coalizione democratica risulterà in una paralisi governativa o comunque rischia di cadere nel vuoto…
Del senno di poi son pieni i fossi…. e le opinioni espresse da personalità internazionali di rilievo possono essere rappresentate da queste due dichiarazioni:
Michael Flynn, già capo della Defence Intelligence Agency Statunitense: “abbiamo aiutato nell’eliminare Gheddafi, non era una grande persona, ma comunque garantiva stabilità in un ambiente pericoloso…”
Jean-David Levitte, assistente diplomatico di Nicolas Sarkozy: “ l’errore non è stato intervenire a sostegno della rivoluzione, l’errore è stato non rimanere ed aiutare i nuovi governi a formare forze di polizia ed esercito…”
In effetti questa seconda posizione è ben rappresentata dall’ex Primo Ministro Libico, a suo tempo espressione di una elezione generale che aveva visto una grande partecipazione di popolo.
Una recente dichiarazione di Ali Zeidan, primo ministro della Libia dal Novembre 2012 al Marzo 2014: “Le Nazioni Unite ed i paesi occidentali per una ragione o per l’altra hanno mancato nell’assistere la Libia in alcun modo dopo la caduta di Gheddafi. Ho chiesto loro ripetutamente di esserci più vicino….averci lasciati soli è stato un errore”.
La situazione attuale è ulteriormente peggiorata, lo Stato Islamico nel paese si è rafforzato, e gli sforzi del generale Hiftar, di riferimento HoR, vengono fortemente contestati dal “governo” autonominatosi di estrazione islamica.
In questo contesto la comunità internazionale sta facendo pressioni per la formazione del governo di unità nazionale, preparandosi nel contempo ad un intervento militare, non si sa ancora di quale entità, e di cui l’Italia dovrebbe (?) assumere la guida.
Come ha scritto Angelo Panebianco in un suo contestato editoriale sul Corriere della Sera: “Noi in Libia saremo mai pronti?”
Luigi R. Maccagnani