di Luigi R. Maccagnani
L’inviato Speciale ONU per la Libia in visita a Roma
Arrivato a Tripoli sabato 5 agosto per assumere l’incarico di Rappresentante Speciale del Segretario Generale (SRSG) e capo UNSMIL, Ghassan Salamé è stato accolto da Fayez Serraj, con i membri del Consiglio di Presidenza, e dal presidente dell’Alto Consiglio di Stato Abdulrahman al-Swaihli. Ne è seguita una riunione che si è conclusa con una conferenza stampa in cui Ghassan Salamé si è dichiarato cosciente delle difficoltà contestuali, ma sicuro che la Libia potrà uscire da questa crisi.
Già il giorno successivo, domenica 6, l’inviato ONU si è recato nella cittadina di Al Qubba, pochi chilometro a Est di Beida (la città sede del governo referente al parlamento di Tubruk, House of Representatives -HoR), per un incontro con Agila Saleh, presidente HoR, che ad Al Qubba risiede.
Positivi i commenti di entrambi a conclusione dell’incontro, con Agila Saleh che si è dichiarato pronto a collaborare per l’interesse della Libia.
Il Dr. Ghassan Salamé, nella sua prima visita internazionale, come SRSG-UNSMIL, è venuto in Italia dove ha incontrato nella mattina il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Angelino Alfano, per poi avere un incontro a Palazzo Chigi con il presidente del consiglio Gentiloni.
Uno stralcio dalla dichiarazione del Ministro Alfano: “l’Onu deve prendere la leadership dei negoziati in quanto, fino ad oggi, ci sono stati troppi negoziati, troppi negoziatori e zero risultati finali” (http://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/approfondimenti/il-ministro-alfano-incontra-l-inviato.html). Dichiarazione a dir poco sorprendente, visto che non più di dieci giorni fa tali iniziative venivano commentate favorevolmente in una dichiarazione ufficiale del Consiglio di Sicurezza, di cui l’Italia è – per il 2017 – membro non permanente:
“I membri del Consiglio di Sicurezza apprezzano i recenti sforzi per sostenere un dialogo inclusivo tra tutti i Libici, come cercato dai paesi confinanti, partners internazionali e organizzazioni regionali nell’ambito dell’Accordo Politico promosso dalle NU. In questo contesto i membri del Consiglio di Sicurezza approvano la riunione ospitata a Parigi il 25 Luglio dal presidente francese e la dichiarazione congiunta di Serraj e Haftar che ne è conseguita. 28 Luglio 2017” (https://www.un.org/press/en/2017/sc12933.doc.htm).
Non meglio riportate le dichiarazioni dell’inviato ONU, un accenno di Ansamed che, nel segnalare la visita, sottotitola “Inviato Onu Salamé: poco realistico ignorare Haftar”; concetto ben più evidenziato in Libia con la posizione di Salamé riportata con maggior dettaglio. Haftar, ha sottolineato Salamé, è stato nominato da HoR, tra l’altro quando il parlamento di Tobruk era “internazionalmente riconosciuto” (fino a dicembre 2015, ndr), ha poi – riporta Herald Tribune – commentato sul ruolo UN precisando la sua intenzione di lavorare strettamente in collaborazione con le varie rappresentanze libiche, ma che la soluzione non può che avvenire sotto guida libica.
Peccato che non sia emerso dalle dichiarazioni ufficiali alcun riferimento alla missione della Marina Militare italiana, che – viene da pensare – fosse la vera ragione della subitanea visita di Salamé a Roma.
Nel frattempo, Fayez Serraj continua le sue visite all’estero: incontrando il 7 agosto il presidente della Tunisia, Ben Caid Essebsi, che ha commentato con favore ed incoraggiamento l’incontro di Parigi tra Serraj e Haftar, ed il sostegno che Tunisia, Algeria ed Egitto stanno congiuntamente fornendo alla Libia.
Ghassan Salamé, rientrato in Libia, continua il suo lavoro di “cucitura” e dopo gli incontri di Tripoli, quello con il presidente HoR, Agila Saleh, ha incontri a Bengasi; contestualmente Fayez Serraj, per la prima volta, si reca a Zintan – città a circa 130 km a Sud-Ovest di Tripoli legata al governo di Tobruk e di area Haftar, oltre ad avere una delle milizie fondamentali – per un incontro con il sindaco ed i due parlamentari HoR di area.
Entrano poi in gioco anche gli Stati Uniti, con un reversal dalla posizione di Trump espressa duramente durante la visita di Gentiloni lo scorso 21 aprile, come trapelato da alcune indiscrezioni (Amina Al Sobki, Institute for Global Studies, 17 luglio), e col l’ambasciatore USA per la Libia, Peter Bodde, che si precipita al Cairo per incontrare – ore dopo la visita di Haftar – il Capo di Stato Maggiore egiziano Hajazi.
Migranti.
Presente a Tripoli, negli stessi giorni, anche il Direttore Generale della International Organization for Migration – IOM, Ambasciatore William Lacy Swing, accompagnato da Vincent Houver, suo Vice Direttore per Operazioni ed Emergenze, poi insieme al Capo Missione IOM in Libia, Othman Belbeisi ed altri membri dello staff della sede libica, hanno avuto un colloquio con Serraj il 4 agosto.
Durante la visita, la delegazione si è anche incontrata con rappresentanti della Guardia Costiera Libica, e con il Direttorato per Combattere l’Immigrazione Illegale (Directorate for Combatting Illegal Migration – DCIM).
L’ambasciatore Swing ha assicurato l’impegno di rinforzare le strutture IOM, già presenti nel Paese, per un più fattuale sostegno sia nel migliorare le condizioni nei centri di detenzione (definite “orribili” da UNHCR), sia per creare centri alternativi che possano garantire sicurezza a donne, bambini e persone vulnerabili, oltre a strutture per la registrazione dei migranti recuperati da operazioni in mare.
Poi il dramma dei migranti abbandonati nel deserto in Niger, con più di mille persone recuperate dall’agenzia IOM negli ultimi mesi (AFP Niamey, 8 agosto).
Nel frattempo il flusso di migranti attraverso il Mediterraneo sembra spostarsi verso la rotta Marocco-Spagna.
Climate change e migranti ambientali
Tornata di attualità, nel contesto della posizione Trump sui cambiamenti del clima e con la relazione del National Climate Assessment americano appena pubblicato (New York Times) che mette in relazione il riscaldamento terrestre con l’impatto sulle economie di sostentamento alla base di una migrazione ambientale in aumento.
L’argomento era stato trattato in maniera esaustiva da Eva C. Müller Praefcke per Omeganews con un excursus sui problemi delle migrazioni forzate da problemi ambientali: La minaccia dei profughi ambientali: http://www.omeganews.info/?p=3187 (forse dramma piuttosto che minaccia, forse sfollati anziché migranti economici).
Ma non è solo il cambiamento di clima a causare questi drammi, un esempio di intervento diretto dell’uomo può essere il caso Etiopia, con Salini-Impregilo impegnata in due dighe -una inaugurata, l’altra in costruzione (senza nulla togliere alle capacità tecniche imprenditoriali della società italiana).
La prima – Gibe III- inaugurata il 17 dicembre ultimo scorso, la più alta del mondo, con una capacità di 1,870 MW, sul fiume OMO, il contenimento delle acque del fiume, che nel suo percorso a valle sfocia nel Lago Turkana, minaccia l’economia di mezzo milione di persone che dalle acque dell’Omo dipendono nelle attività agricole, di allevamento e pesca, molti ad un livello di sussistenza. (https://www.internationalrivers.org/campaigns/gibe-iii-dam-ethiopia )
La seconda, in costruzione, Grand Ethiopian Renaissance Dam, sul Nilo Blu, ha già allarmato gli egiziani per gli impatti che la diga potrebbe avere sull’agricoltura.
Luigi Maccagnani