di Luigi R. Maccagnani
Declan Walsh, è un giornalista irlandese, capo redattore del New York Times al Cairo. Una vasta esperienza, Africa subsahariana, poi Afghanistan e Pakistan (da cui fu espulso come “persona non grata” alla vigilia delle elezioni 2013, dopo una serie di suoi articoli sulla situazione politica del paese); è specializzato in campo sociale. Dopo esperienze con il Sunday Business Post, The Independent, The Irish Times e The Guardian, è passato al New York Times nel 2012, e trasferito in Egitto dopo l’espulsione dal Pakistan.
Il 15 agosto scorso, il NYT Magazine ha pubblicato un suo lungo e documentato articolo sul caso Regeni intitolato: “Perché un dottorando italiano è stato torturato e ucciso in Egitto?” (https://www.nytimes.com/2017/08/15/magazine/giulio-regeni-italian-graduate-student-tortured-murdered-egypt.html?_r=0 ).
L’articolo, forse la migliore analisi ad oggi della questione Regeni, è stato ripreso dai media italiani solo per il riferimento al fatto che l’amministrazione USA avrebbe fornito a suo tempo all’Italia informazioni che indicavano le istituzioni egiziane come colpevoli delle torture ed uccisione di Regeni.
La frase cruciale dell’articolo sostiene che gli Stati Uniti avessero acquisito prove “irrefutabili” sul fatto che i servizi di sicurezza egiziani avessero “catturato, torturato ed ucciso” Regeni, e che – su raccomandazione del ministero degli esteri statunitense – tali informazioni fossero state passate al governo italiano, evitando purtuttavia di nominare le fonti egiziane per non comprometterle, né definendo quali delle agenzie egiziane di sicurezza fossero implicate.
Poco invece è stato riportato dai media italiani riguardo quanto scritto da Declan Walsh sulle attività del ricercatore italiano, nelle settimane che hanno portato al suo sequestro, tortura ed uccisione, e sulla situazione della sicurezza nel paese (Amnesty International riporta 1700 persone scomparse nel periodo, un giornalista australiano, Peter Greste, di Al Jazeera, imprigionato per 13 mesi su accusa di interferire con la sicurezza interna, uno studente francese espulso), o che gli stessi supervisori accademici dello studente lo avessero avvisato dei pericoli, come avrebbero riferito allo stesso Walsh.
Ampio spazio, nell’articolo, è dato anche al “disagio” dell’ambasciatore italiano al Cairo, Maurizio Massari (poi richiamato e nominato Rappresentante Permanente dell’Italia presso l’UE).
Anche sorprendente che il funzionario dei Servizi di stanza presso l’ambasciata italiana non fosse – evidentemente – al corrente dell’attività di ricerca del connazionale, che avrebbe potuto dissuaderlo o assisterlo.
Puntuale l’editoriale di Vittorio Feltri su Libero del 17 agosto: “Giulio ha sbagliato a voler indagare su una dittatura”: …L’Egitto non è una rassicurante democrazia scandinava in grado di rispettare sempre le regole…(omissis)…Il Cairo non è una metropoli consigliabile ….tantomeno a un neolaureato che intende svolgere inchieste accademiche intervistando magari gente dell’opposizione.”
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L’Italia esporta in Egitto (dati ISTAT 2016) per un valore di 3, 089 miliardi di Euro, ed importa per 1,537 miliardi, come primo paese europeo.
Eni è in Egitto dal 1954.
Luigi Maccagnani