di Enrico La Rosa
Nella settimana della “memoria” per antonomasia, il giornale ha voluto fornire il contributo a sostegno di ogni atrocità commessa contro il genere umano. Non che non ci stiano a cuore anche gli altri esseri viventi, tutt’altro! Siamo contrari alla violenza tout-court, convinti che per appianare le controversie sia soprattutto necessario confrontarsi e venirsi incontro. Senza violenza, né individuale, né collettiva, né istituzionalizzata sotto forma di pena di morte. Figurarsi se non condanniamo le violenze contro i popoli! E non parliamo di “razze”, perché è una parola che normalmente evitiamo, legata com’è a mille discriminazioni o, quanto meno, puntualizzazioni per lo più negative.
E quanto fatto dai nazisti non ha pari nella storia dell’umanità. Non uccisi in guerra, non decimati da malattie incurabili ed endemiche, non soverchiati da catastrofi naturali. No, sterminati a freddo dalla follia umana! Per semplice calcolo…
Siamo anche convinti che non si possa e debba ridurre la cosa a bilancio meramente quantitativo. Condanniamo la follia dei nazisti, ma anche la malvagità degli autori di tutte le stragi del genere.
L’articolo del nuovo collaboratore del giornale, Fabrizio Maltinti, ci aiuta a sviluppare questa visione “non esclusivista” e ve lo riproponiamo al link http://www.omeganews.info/?p=3473.
Ma siamo andati oltre. Abbiamo voluto fare un confronto con quanto scritto sulla nascita del suo Paese da Ian Pappe, ebreo nativo di Haifa, dove, da accademico di valore, ha insegnato sino al 2005, anno in cui dovette emigrare verso l’università di Exeter, esule, a causa delle idee non esattamente allineate a quelle dei suoi governanti israeliani.
Abbiamo riletto il suo libro, un’opera che fa accapponare la pelle per le atrocità che racconta, lui, ebreo, sulla storia della nascita di Israele:
© 2006 Ilan Pappe.
First published by Oneworld Publications Limited 2006, «The Ethnic Cleansing of Palestine».
Pappe, Ilan, «La pulizia etnica della Palestina» – 2008 Fazi Editore srl, Roma.
Non vi riferiremo circa le atrocità raccontate e documentate, né della cialtroneria inglese, o dell’incapacità e della mala fede delle NN.UU, o dell’insipienza americana, o dell’ambiguità giordana, o del menefreghismo dei Paesi arabi, o dell’omertà della stampa occidentale. Né dei massacri e degli stupri dei soldati israeliani, dello sterminio della popolazione di interi villaggi sotto forma di esecuzioni senza processo. Né vi riferiremo i particolari del primo esempio di guerra batteriologica della storia dell’umanità. E neppure delle sofisticate operazioni di “memoricidio”, o di trasformazione anche visiva e arborea dell’aspetto dei luoghi sottratti ai palestinesi. E vi risparmieremo i racconti di Pappe sulla deportazione di centinaia di migliaia di palestinesi e circa la ghettizzazione avvenuta per opera di chi la ghettizzazione ha subito per tanto tempo ed in tante città europee.
Ci limiteremo a riportare integralmente i soli brani nei quali Pappe parla di Olocausto, evento rievocato in questa settimana:
Pag. 48
«… l’ONU accettò le rivendicazioni nazionaliste avanzate dal movimento sionista sulla Palestina e cercò, inoltre, di risarcire gli ebrei per l’Olocausto nazista in Europa.»
Pag. 97
«Alla fine di gennaio (’48, ndr), in questi attacchi erano morti 400 coloni ebrei – un numero elevato per una comunità di 660.000 persone (ma ancora al di sotto del numero di palestinesi, 1500, che erano stati uccisi nei bombardamenti a caso e negli attacchi d’artiglieria ai villaggi e ai quartieri). Ben Gurion dipingeva le vittime ebraiche come “vittime di un secondo Olocausto”»
Pag. 110
«Gli ufficiali dell’intelligence erano anche in un certo senso politruk (‘commissari politici’), e Yadin si rese conto che doveva spiegare la discrepanza tra le dichiarazioni pubbliche della leadership sull’imminente “secondo Olocausto” e la realtà che le forze ebraiche non avrebbero incontrato resistenza nell’ evacuazione pianificata di un territorio che sarebbe stato trasformato nel loro Stato ebraico.»
Pag. 112
«Il suo diario (di Ben Gurion, ndr), certamente, non tradisce nessuna sensazione di catastrofe annunciata o di “secondo Olocausto”, come invece proclamava con enfasi nelle sue apparizioni pubbliche.»
Pag. 154-155
« L’opinione pubblica israeliana, e in particolare quella americana, tuttavia, riuscirono a perpetuare il mito di una potenziale distruzione o di un “secondo Olocausto” che attendeva il futuro Stato ebraico. Sfruttando questa mitologia, in seguito Israele poté assicurare al futuro Stato il potente sostegno delle comunità ebraiche in tutto il mondo, mentre demonizzava gli arabi in generale e i palestinesi in particolare agli occhi dell’opinione pubblica negli Stati Uniti. La realtà sul campo era, naturalmente, quasi completamente opposta: i palestinesi si trovavano di fronte a un’ espulsione di massa. Il mese che la storiografia israeliana descrive come il più “violento”, in realtà, fu quello in cui i palestinesi semplicemente cercarono di salvarsi dal loro destino, piuttosto che di occuparsi della distruzione della comunità ebraica. Quando questo tentativo fallì, non ci fu più nulla a ostacolare le truppe israeliane nella pulizia etnica.»
Pag. 207
«La popolazione delle due città (Ramla e Ramleh, ndr) fu costretta a marciare, senza cibo e senza acqua, verso la Cisgiordania, e molti morirono di fame e sete lungo la via. Poiché solo alcune centinaia furono autorizzate a restare nelle due città e dato che gli abitanti dei villaggi vicini si erano rifugiati lì, Rabin stimò che un totale di 50.000 persone fosse stato trasferito in questo modo disumano. Di nuovo si ripresenta la domanda inevitabile: tre anni dopo l’Olocausto, cosa passava per la mente di questi ebrei mentre vedevano marciare questa gente sventurata?»
Enrico La Rosa