Ciclo di convegni “metropolitani”, di approfondimento tematico

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Il misticismo mediterraneo, da forza interiore regionale

a valore in difesa della tradizione

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Introduzione del presidente di O.Me.G.A.

della Redazione

 

Layout 1Vorrei esordire ringraziando tutti coloro che hanno reso possibile l’esecuzione dell’evento di oggi.

Innanzi tutto la Marina che ha concesso patrocinio ed uso del logo per l’intero progetto “Ichnusa incontra Mare Nostrum”, nel cui ambito il convegno si pone. Che ha reso disponibile anche questa bella sala.

Una menzione mi sia concessa all’Ordine dei Giornalisti del Lazio che normalmente accetta i nostri convegni come corsi formativi per i propri iscritti. Alcuni intoppi di natura burocratica non lo hanno consentito anche in questa occasione.

Un grazie particolare ai nostri impegnatissimi relatori, di una statura enorme, tra i pochi titolati a parlare dei temi oggi in agenda.

Ed, infine, ma certamente non ultimi, voi spettatori di un evento così interessante, la cui presenza giustifica cotanta organizzazione.

L’introduzione alla serata che mi appresto ad eseguire non intende entrare nel merito degli argomenti in agenda, non ne ho titolo e preparazione. Mi limiterò ad illustrare le finalità dell’evento usando come pretesto di narrazione i relatori che non hanno potuto essere con noi questa sera.

Comincerò da Ugo Tramballi, sicuro sino all’altro ieri, il primo ad avere aderito con entusiasmo all’invito di partecipare alla tavola rotonda. Si è dovuto recare a Bruxelles di gran carriera per impegni comunque legati al Mediterraneo. Voi conoscete Tramballi, è Milanese, estremamente nordico, pacato nei toni, moderato nella forma. Lo stiamo pian piano “maritimizzando. Chissà che non riusciamo a portarlo a bordo di una barca a vela… Vede già in modo diverso il Mediterraneo e sta prendendo coscienza, anche lui, del fatto che il Mediterraneo non è un possedimento europeo. Vi si affacciano ben tre Continenti, Europa, Asia ed Africa. Ma nella sua lunga storia, fatta di simbiosi e condivisioni, talvolta anche cruenti, nessuno ha fatto al Mediterraneo il male che gli è venuto dall’Europa. Noi di OMeGA non racconteremo mai le ragioni del partenariato o delle relazioni “euromediterranei”. Secondo noi i Paesi rivieraschi debbono trovare al loro interno la forza per l’emancipazione, per l’empowerment!

E qui torna utile ricordare che Papa Francesco, argentino d’origine, ci ha messo nulla a capire come stanno le cose e quale possa essere il ruolo del Mediterraneo. Ci giunge, infatti, notizia che il 7 luglio prossimo ha invitato a Bari tutti i vescovi e patriarchi cristiani del Medio Oriente, per “una giornata di riflessione e preghiera” in favore della Regione. E non basta! Sempre su iniziativa pontificia, entro la primavera del prossimo anno una delle città italiane del Sud ospiterà un incontro di riflessione e di spiritualità per la pace nel Mediterraneo. L’evento, per esplicito desiderio della Santa Sede, coinvolgerà i vertici degli Episcopati di tutti i Paesi rivieraschi. Consentitemi un auspicio personale: spero vivamente che non si trovi un escamotage per giustificare la presenza di Paesi “mittleuropei o balcanici o slavi.

Non vi meravigliate del mio auspicio, ve ne prego! Fra i molti che si potrebbero fare, vi do due esempi molto significativi, quelli di cui ho diretta conoscenza.

Primo: dall’8 novembre 1996, in analogia con quanto avviene in seno alla Nato, a Newport, con il Regional Seapower Symposium, la Marina italiana ha accettato di ospitare ad anni alterni un Simposio avente lo scopo di mettere attorno al tavolo tutte le Marine mediterranee e del Mar Nero, sua naturale continuazione, per l’esame delle comuni problematiche. Apprendiamo dalla pagina ufficiale e pubblica della Marina che nell’ultima edizione erano presenti, a parte quelli delle marine del Mediterraneo e del Mar Nero, che vi risparmio, anche rappresentanti di Belgio, Germania, Mauritania, Paesi Bassi, Senegal, Ucraina, Regno Unito. Ed ancora: Angola, Argentina, Australia, Bangladesh, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Gibuti, Ecuador, Giappone, Mozambico, Nigeria, Oman, Qatar, Singapore, Sud Africa, Unione Africana, USA. Bè, forse facevo prima ad elencare chi manca! Se anche consideriamo la necessità di includere gli Europei che sono anche Paesi Nato, ci sfugge il rational dell’ammissione di tutti gli altri.

Secondo esempio – Unione per il Mediterraneo, di Sarkozyana memoria. Fondata nel luglio 2008 in occasione del Vertice di Parigi per il Mediterraneo al fine di rafforzare il Partenariato euro-mediterraneo (Euromed) istituito nel 1995 sotto il nome di Processo di Barcellona, annovera oggi la presenza di 43 Paesi: quarantatré! I 28 Stati membri dell’Unione europea (che siano mediterranei poco importa!), 15 Paesi mediterranei partner europei, la Libia, in qualità di osservatore, e la Lega degli Stati Arabi.

E volete che la Chiesa, nella sua grande magnanimità e lungimiranza, non accetti all’incontro di riflessione e di spiritualità per la pace nel Mediterraneo la presenza di rappresentanze europee in primis ed anche di tutti gli scenari mondiali, inclusi Patagonia, Groelandia ed isole Fiji?

Raffaele Nigro è l’altro grande assente di oggi. Non ne abbiamo scritto il nome perché lo sapevamo impegnato con la celebrazione dei 1000 anni dalla fondazione di Melfi, “città delle costruzioni” di Federico II, città nella quale al presente Nigro svolge l’incarico di vicesindaco in una giunta tecnico-culturale. Le celebrazioni sono tuttora in corso, non ce l’ha fatta, ma lo faremo sicuramente venire in una prossima occasione. E lui è d’accordo. Si tratta, secondo me, che lo seguo e lo leggo da tempo, di uno dei più eclettici e brillanti intellettuali italiani tra quelli viventi e in attività.

Non è potuto essere con noi alcun rappresentante della religione ebraica. Non era obbligatorio che ci fosse, questo evento non è un festival o una rassegna delle Religioni. Intende unicamente interrogarsi sull’origine di quel misticismo presente nella Regione, così intenso da aver generato, una dopo l’altra, le tre religioni del libro. Intende anche spiegare i motivi per i quali periodicamente, nella sua storia, inclusa quella attuale, sia stato attribuito alle religioni il ruolo di arma o di scudo per difendersi dalle altrui invasioni e minacce.

In altre parole, desidereremmo unicamente capire insieme a tutti voi come mai sia andato disperso il patrimonio di secolarizzazione che tanto sangue è costato all’Europa, che era riuscita a laicizzarsi soprattutto in virtù del lungo percorso che ha visto protagonisti i principi protestanti del Sacro Romano Impero, l’imperatore d’Asburgo, la Spagna, la Francia, la chiesa romana, le minoranze religiose europee, percorso che attraversò la storia di circa due secoli; richiese una guerra detta “dei trent’anni”, un’altra detta “degli ottanta anni” ed una tra Francia e Spagna; diversi trattati di pace: Augusta del 1555, e finalmente Vestfalia del 1648 (firmata sia a Münster, sia a Osnabrück, sia sull’isola dei fagiani, o “dei Pirenei”). Che si rafforzò assorbendo anche gli ideali dei Lumi e della Rivoluzione Francese. Ci piacerebbe capire come, dopo questo lungo e sanguinoso percorso, l’Europa possa oggi ancora accettare di riconoscere entità statali confessionali, che si ispirano ad una religione, senza nulla togliere ai valori della Religione.

Questo l’auspicio. E, avendo il privilegio di annoverare la partecipazione di emeriti rappresentanti delle altre due religioni, ci sarebbe piaciuto ci avesse dato uguale lustro ed onore anche la religione ebraica. Nessuno ha osato venire dopo che il massimo livello romano ha decretato di non amare “prodotti preconfezionati e soprattutto pseudoecumenici”. Aveva ricevuto nient’altro che la medesima documentazione ricevuta da tutti i presenti, che non mi sembrano molto turbati…..

E qui si conclude la mia introduzione.

Passo la parola al Padre Mariano Palumbo, dell’ordine dei Teatini, che porterà avanti questo incontro con la tecnica della tavola rotonda, con interventi liberi su aspetti sollevati di volta in volta dal moderatore. Non interventi individuali al leggio, non domande preconfezionate. Un po’ di “geopolitica”, da cui non si può prescindere, considerate le diverse situazioni in atto, e molta “antropologia”, ossia l’esame dei motivi per i quali quello che è un imprescindibile bisogno dell’essere umano (il sacro, la speranza) possa essere trasformato dall’uomo medesimo in arma mortale e simbolo di lotta.