di Enrico La Rosa
Al comando di Jens Marklund, è partita sabato sera dal porto di Cagliari dov’era arrivata da qualche giorno, “Freedom”, che, insieme ad altre tre imbarcazioni, tenterà per l’ennesima volta di compiere una missione pacifica portando aiuti umanitari alla popolazione della striscia di Gaza, dopo avere fatto tappa a Napoli, Palermo e forse Messina.
Cos’è la Striscia di Gaza – Si tratta di una lingua di terra di forma rettangolare irregolare, con lato maggiore di 41 Km ca. e minore di 4,5. La distanza tra il Raccordo Anulare di Roma e Orte, o tra Legnano e Como; con una larghezza media di 4 Km e mezzo; una superficie di 360 Kmq, quanto il territorio della città di Enna, poco più piccola di quella della città di Grosseto; una popolazione di 1.645.500 abitanti, quanto quella dell’intera Sardegna, con una densità di 4.570,83 ab/Kmq.
E’ il territorio amministrato dall’antica città di Gaza, passata sotto amministrazione egiziana alla caduta dell’impero ottomano; una striscia costiera posta successivamente come cuscinetto sulla costa fra l’Egitto ed il neo costituito Stato d’Israele, definito come appartenente al futuro stato palestinese dalla Risoluzione n. 181 delle NN.UU. del 29 novembre 1947. Nelle more della costituzione del suddetto stato, viene progressivamente colonizzata dalla popolazione israeliana. Nel 2005 Israele si ritira unilateralmente e costringe – anche con la forza – i propri coloni ad abbandonare la Striscia. Lo stato di Palestina non viene costituito e Gaza rimane non inscritta in alcuno stato sovrano. Preoccupata di proteggere i propri confini da possibili aggressioni, Israele, a similitudine di atre aree cuscinetto (Golan), mantiene il controllo delle frontiere terrestri, marittime e dello spazio aereo della striscia. Come ebbe a dichiarare l’avvocato palestinese-americano Gregory Khalil: “Israele ancora controlla ogni persona, ogni bene, letteralmente ogni goccia d’acqua che entra o esce dalla Striscia di Gaza. È pur vero che le sue truppe non ci sono più… ma non vi è ancora la possibilità da parte dell’Autorità palestinese di esercitare il controllo“.
Ed ancora: Andrew Sanger, The Contemporary Law of Blockade and the Gaza Freedom Flotilla, in Yearbook of International Humanitarian Law 2010, vol. 13, Springer Science & Business Media, 2011, p. 429, DOI:10.1007/978-90-6704-811-8_14, ISBN 978-90-6704-811-8. “Israel claims it no longer occupies the Gaza Strip, maintaining that it is neither a Stale nor a territory occupied or controlled by Israel, but rather it has ‘sui generis’ status. Pursuant to the Disengagement Plan, Israel dismantled all military institutions and settlements in Gaza and there is no longer a permanent Israeli military or civilian presence in the territory. However the Plan also provided that Israel will guard and monitor the external land perimeter of the Gaza Strip, will continue to maintain exclusive authority in Gaza air space, and will continue to exercise security activity in the sea off the coast of the Gaza Strip as well as maintaining an Israeli military presence on the Egyptian-Gaza border. and reserving the right to reenter Gaza at will. Israel continues to control six of Gaza’s seven land crossings, its maritime borders and airspace and the movement of goods and persons in and out of the territory. Egypt controls one of Gaza’s land crossings. Troops from the Israeli Defence Force regularly enter pans of the territory and/or deploy missile attacks, drones and sonic bombs into Gaza. Israel has declared a no-go buffer zone that stretches deep into Gaza: if Gazans enter this zone they are shot on sight. Gaza is also dependent on Israel for water, electricity, telecommunications and other utilities, currency, issuing IDs, and permits to enter and leave the territory. Israel also has sole control of the Palestinian Population Registry through which the Israeli Army regulates who is classified as a Palestinian and who is a Gazan or West Banker. Since 2000 aside from a limited number of exceptions Israel has refused to add people to the Palestinian Population Registry. It is this direct external control over Gaza and indirect control over life within Gaza that has led the United Nations, the UN General Assembly, the UN Fact Finding Mission to Gaza, International human rights organisations, US Government websites, the UK Foreign and Commonwealth Office and a significant number of legal commentators, to reject the argument that Gaza is no longer occupied.”
Un’ulteriore testimonianza – Iain Scobbie, International Law and the Classification of Conflicts, a cura di Elizabeth Wilmshurst, Oxford University Press, 2012, p. 295, ISBN 978-0-19-965775-9. “Even after the accession to power of Hamas, Israel’s claim that it no longer occupies Gaza has not been accepted by UN bodies, most States, nor the majority of academic commentators because of its exclusive control of its border with Gaza and crossing points including the effective control it exerted over the Rafah crossing until at least May 2011, its control of Gaza’s maritime zones and airspace which constitute what Aronson terms the ‘security envelope’ around Gaza, as well as its ability to intervene forcibly at will in Gaza.“
Ed un’ultima, per concludere – Michelle Gawerc, Prefiguring Peace: Israeli-Palestinian Peacebuilding Partnerships, Lexington Books, 2012, p. 44, ISBN 978-0-7391-6610-9. “While Israel withdrew from the immediate territory, it remained in control of all access to and from Gaza through the border crossings, as well as through the coastline and the airspace. In addition, Gaza was dependent upon Israel for water, electricity sewage communication networks and for its trade (Gisha 2007. Dowty 2008). ln other words, while Israel maintained that its occupation of Gaza ended with its unilateral disengagement Palestinians – as well as many human right organizations and international bodies – argued that Gaza was by all intents and purposes still occupied.”
Free Gaza Movement e Freedom Flotilla
Free Gaza Movement
Il logo del Free Gaza Movement
Per assicurare il rifornimento “simbolico” di materiali di prima necessità di tipo umanitario alla popolazione di Gaza, aggirando il blocco navale imposto da Israele, è nato il Free Gaza Movement, che è una “coalizione di organizzazioni filo-palestinesi, operatori umanitari, attivisti per i diritti umani e giornalisti provenienti da diverse nazioni… ed attirare l’attenzione mondiale sulla situazione umanitaria nella Striscia di Gaza, facendo pressione sui governi internazionali affinché aiutino la popolazione Palestinese. Il gruppo ha più di 70 sostenitori, tra cui Desmond Tutu e Noam Chomsky, ad alcuni di loro viene proibito l’ingresso in Palestina da Israele… Le organizzazioni che partecipano al Free Gaza Movement includono l’International Solidarity Movement e l’IHH turco. Gli attivisti che partecipano alla campagna comprendono Jeff Halper, Hedy Epstein, Lauren Booth, e membri di varie organizzazioni cristiane, ebree e musulmane. (secondo diverse agenzie di intelligence, l’IHH ha legami con organizzazioni estremiste islamiche che costituiscono una minaccia per la sicurezza dello Stato ebraico)”.
Sono stati eseguiti diversi viaggi, con diverse imbarcazioni. Il primo concluso il 23 agosto 2008. Dopo 5 viaggi tutti nel 2008, tutti conclusi a destinazione senza incidenti e con la consegna dei materiali trasportati, a conclusione del sesto, a fine dicembre dello stesso anno, avviene uno scontro fisico tra un’unità della marina israeliana e l’imbarcazione Dignity, costretta a riparare in Libano per riparare i danni.
Da quel momento nessuna imbarcazione di Freedom Flotilla ha potuto più raggiungere Gaza. Un’ulteriore spedizione del 2009 viene stoppata dalla marina israeliana e costretta a rientrare a destinazione. Nel maggio 2010 la formazione navale consta di sei imbarcazioni ed avviene un violento scontro a fuoco tra esse e le unità della marina israeliana: sulla Mavi Marmara, nove passeggeri rimangono uccisi. Da allora non risultano esservi stati altri approdi o scontri.
Dice il Com/te Marklund “le barche vengono sequestrate dall’esercito israeliano e non ci vengono restituite, rimangono ferme per anni mai utilizzate. Quindi per ogni nuova missione dobbiamo acquistare nuove imbarcazioni attraverso raccolte fondi piuttosto impegnative. Le imbarcazioni di quest’anno sono state finanziate da Israele stesso contro cui abbiamo vinto una causa grazie ad avvocati israeliani per i diritti umani. Per esempio, nel 2012 abbiamo ricevuto una generosa donazione da un finanziatore svedese, un privato. Non sappiamo ancora come finanzieremo le nostre prossime missioni, perché ogni anno è diverso” Ed aggiunge “La Freedom Flotilla è un’organizzazione internazionale alla quale aderiscono numerosi paesi del mondo. Informazioni sull’organizzazione, le sue missioni e i finanziamenti si trovano sui iti di Freedom Flotilla e Ship to Gaza Sweden (inglese e svedese), presenti anche su Facebook”
Il nostro augurio è che le quattro imbarcazioni di quest’anno riescano a pervenire felicemente a destinazione. La popolazione ha molto bisogno dei medicinali trasportati ed Israele ha molto bisogno di risalire nella stima internazionale. L’instaurazione di buori rapporti con i suoi vicini può solo fare del bene allo stato israeliano e contribuire fortemente al ritorno della pace all’interno dell’intera regione.
La dimostrazione di buona volontà e di senso di responsabilità d’ambo le parti è vivamente auspicata dal mondo intero, ovvero da tutti coloro che desiderano un futuro di pace e prosperità all’interno del Mediterraneo e per il mondo intero.