di Guido Monno
La notizia della morte di 16 persone fra cui 5 bambini a Misurata in seguito agli attacchi delle forze fedeli a Gheddafi, ha campeggiato fra le notizie principali pubblicate dai vari giornali nazionali on line per tutta la giornata del 23 marzo.
Quello della morte di otto persone, fra cui due bambini, a Gaza ad opera delle forze armate israeliane è stata riportata solo nella prima parte della stessa giornata, per scomparire nel pomeriggio soppiantata dall’attentato a Gerusalemme, di cui si parla ancora il 24 marzo.
Se si fosse condotta una ricerca sui principali quotidiani italiani on line nei giorni citati su quanto stesse succedendo a Gaza, ben poco si sarebbe trovato.
Alle ore 10.30 del 24 marzo 2011 i due principali quotidiani nazionali on line, Repubblica e Corriere della Sera, riportavano ancora la notizia dell’attentato di Gerusalemme con il suo drammatico corollario di morte e distruzione, e nulla sull’altrettanto macabra situazione di Gaza. Per sapere qualcosa di quanto stesse succedendo, bisognava andare a leggere al Jazeera on line nell’articolo “Israeli Planes Raid Gaza”. Anche su numerosi giornali in lingua araba, quali al Arabyia, le notizie su Gaza non erano certo in primo piano.
Eppure, se parliamo di infanzia negata, sempre di bambini si tratta. Sembra che agli occhi del pubblico e del giornalismo esistano bambini di categorie diverse: alcuni afferiscono a gruppi meritevoli di aiuto e tutela; altri sono meri danni collaterali. Li temiamo e li rimuoviamo addirittura dalle coscienze perché appartengono a una parte che politicamente non ci soddisfa o mostra interessi contrari ai nostri Eppure sono e rimangono pur sempre bambini, cui è stato negato da noi grandi il diritto di vivere la loro età.
Troppo spesso viene applicato il doppio criterio, cui siamo ormai usi ed adusi e che riguarda decisioni delle Nazioni Unite ed interventi umanitari, anche ai bambini.
La stesso impegno profuso per far rispettare numerose risoluzioni delle NU tese alla salvaguardia di bambini, vite umane e dignità personale non è stata applicata per l’ottemperanza della famosa risoluzione 242 e di tutte quelle che ne sono seguite riguardanti i Territori Occupati da Israele.
Gridiamo al rispetto dei diritti umani, salvo dimenticarli troppo facilmente quando ‘dall’altra parte’ ci sono, fra gli altri, i Palestinesi e gli abitanti di Gaza. Abbiamo fatto numerose guerre, diplomatiche e non, per salvaguardare il diritto a vivere in una certa zona, ma assistiamo in silenzio ad un’occupazione militare che dura almeno dal 1966, se non dal 1948, accettando l’assurdo di una lenta e strisciante occupazione che avalleremo quando sarà di fatto conclusa con lo spossessamento dei territori occupati da chi ha il diritto di viverci. Abbiamo volutamente ignorato lo straordinario laboratorio di idee che stava nascendo a Gaza e nei territori palestinesi laddove una giovane forza stava superando il muro che separa Hamas dall’ANP per costituire un movimento che raccogliesse sotto le sue bandiere l’intero popolo palestinese. Ma probabilmente questo movimento scuoteva interessi stratificati e consolidati ed è stato ignorato dai tanti che parlano di rinascita o rivoluzioni nel mondo arabo.
Viene spesso dichiarato che la democrazia non si può esportare con le armi dopo l’amara esperienza dell’era Bush; tuttavia laddove sorge spontanea, ma contraria a nostri interessi, la rigettiamo e l’avversiamo, confinandola nel novero delle notizie di non interesse. E così bambini continuano a morire ignorati e ad essere privati del futuro, distratti come siamo da altri bambini.