di Simone Repetto
Tra le attività che legano sviluppo economico, cultura e tradizioni dei paesi rivieraschi del bacino mediterraneo, primeggiano quelle legate al mare. La pesca, in particolare, nel corso dei secoli ha rivestito un ruolo fondamentale nel sostentamento delle varie popolazioni che si sono avvicendate tra le sponde del mare nostrum.
Da questa necessità primaria, sono derivati inevitabili contatti fra comunità appartenenti a continenti e culture diverse, da cui l’inevitabile condivisione di medesimi luoghi di pesca, oltreché l’incremento di interscambi di prodotti ittici e loro derivati, talvolta di particolare pregio e valore. Utilizzando tecniche ed attrezzature tramandate di generazione in generazione, l’attività di cattura di svariate specie ha interessato paesi diversi e distanti fra loro, non solo geograficamente, riuscendo tuttavia a definire percorsi comuni. Un caso emblematico è quello rappresentato dalla pesca al tonno rosso col sistema delle tonnare fisse. Come suggerisce il nome con cui viene chiamato il capo operativo della tonnara, il raìs, che guida la ciurma dei tonnarotti durante tutte le fasi della pesca (con particolare enfasi durante le mattanze dei pesci intrappolati nelle reti), questa ancestrale attività ha avuto le sue origini nei paesi arabi, per poi passare di mano agli spagnoli ed agli italiani. Ognuno elaborando il reticolato di reti, cavi e galleggianti ancorato sottocosta a modo proprio.
Così è accaduto, ad esempio, in Sardegna, dove gli spagnoli impiantarono le tonnare fin dal 1400, e dove, un secolo fa, erano attive decine di tonnare, lungo tutta la costa occidentale. Ad oggi, di queste e delle altre un tempo presenti in Mediterraneo (dal mare di Alboran fino alle coste asiatiche) ne sopravvivono sole tre, operative nelle acque sulcitane del sud ovest sardo: si tratta delle tonnare dell’Isola Piana, Portoscuso e Porto Paglia. Per approfondire questi ed altri aspetti legati a varie problematiche che riguardano il settore della pesca ai giorni nostri, OMeGA ha scelto di far tappa a Carloforte, durante la regata estiva del progetto “Ichnusa incontra Mare Nostrum”, partita da Cagliari e arrivata ad Alghero nella prima metà di agosto. Domenica 5, sul fronte del porto è stato organizzato un convegno, con la partecipazione di autorità, esperti e tecnici del settore, con il contributo della Lega Navale Italiana e della Guardia Costiera di Carloforte.
I lavori, sono stati aperti dal presidente della sezione isolana della Lega Navale Giuliano Cois, seguito dagli interventi del responsabile di OMeGA ammiraglio Enrico La Rosa, dell’ambasciatore italiano Mario Boffo e del consigliere regionale Gigi Rubiu, a cui ha fatto seguito una presentazione delle peculiarità del popolo tabarchino di origine ligure, da oltre due secoli insediatosi nelle isole sulcitane di San Pietro e Sant’Antioco, per costituire le comunità di Carloforte e Calasetta. L’intervento successivo, è stato quello del Comandante del porto di Carloforte, il Tenente di Vascello Stefano Bissacco, che ha illustrato la principale normativa che disciplina il settore e l’azione di controllo che esercita la Guardia Costiera sull’attività ittica, le criticità e le infrazioni maggiormente riscontrate nella filiera della pesca. Entrando nel cuore del convegno, l’attenzione si è focalizzata sulle tonnare. L’imprenditore Giuliano Greco (la cui famiglia gestisce storicamente la tonnara dell’Isola Piana, calata a nord dell’isola di San Pietro), rispondendo alle domande del pubblico, ha spiegato le difficoltà che incontra oggi la pesca del tonno rosso in tonnara, in termini di quote assegnate, controlli delle autorità preposte e sbocco commerciale del pescato.
Per far fronte alle nuove esigenze ed alle richieste del mercato, da qualche anno si è adottato un nuovo sistema che consente, tramite gabbioni galleggianti, di trasferire le centinaia di esemplari di Thunnus thynnus pescati vivi in tonnara presso gli allevamenti marini di Malta, portando in questo modo avanti la secolare attività.
Infine, la biologa dell’Università di Cagliari Angelica Giglioli ha relazionato sulla sostenibilità del prelievo del riccio di mare Paracentrotus lividus nei fondali della Sardegna. Quello che è considerato un prodotto molto ambito dai buongustai, essendo sottoposto da anni ad uno stress di pesca eccessivo, è quasi scomparso in molti fondali in cui era presente.
Per tentare di arginare il fenomeno, ha spiegato la biologa, oltre alla stretta regolamentazione ed ai controlli sui prelievi, si è avviato un progetto internazionale, con base nel capoluogo sardo, dove è stata sperimentata, con successo, la riproduzione della specie in vasca, sia per far fronte in maniera sostenibile alle necessità del mercato che alle esigenze di ripopolamento dei fondali depauperati.
Simone Repetto (*)
(*) Questo articolo segna l’inizio di una collaborazione speriamo lunga e proficua tra il giornale e Simone Repetto.
Laureato in economia, giornalista pubblicista, collaboratore di testate nazionali, regionali e programmi Rai.