Libia, il Congresso Nazionale 2019

di Luigi R. Maccagnani

Come parte chiave del cosiddetto “Action Plan”, annunciato dal Dr. Ghassan Salamé all’Assemblea Generale dell’ONU il 20 Settembre 2017, c’era l’organizzazione di una Conferenza Nazionale in Libia.

Per preparare adeguatamente il Paese, nel febbraio del 2018 il Dr. Salamé ha assegnato alla nota organizzazione Center for Humanitarian Dialogue (HD) il compito di condurre una serie di consultazioni con le rappresentanze di ogni “entità” nazionale, municipalità, tribù e milizie, università, società civile, giovani e donne, al fine di chiarire gli obiettivi e argomenti centrali da portare al Congresso Nazionale, in rappresentanza della popolazione libica.

Ghassan Salamé

Le consultazioni, aprile-luglio 2018, hanno avuto luogo in ogni circoscrizione del Paese – da Ghat a Qatrun e Kufra, ma anche Bani Walid, Wershefana e Brak Shati, che non erano mai stati coinvolti prima, al fine di identificare gli elementi di consenso tra le varie e differenti fazioni che frammentano oggi la Libia, nella maniera più onnicomprensiva possibile.

Le consultazioni sono state organizzate in quattro parti, la prima si concentrava sulle priorità, in particolare quale governo nazionale e quali istituzioni regionali fossero ambite: la sovranità e unità della nazione, la gestione delle risorse economiche del Paese ed i servizi pubblici. La seconda su sicurezza e difesa. La terza: come distribuire i poteri tra rappresentanze locali e governo centrale. La quarta: come meglio uscire dalla crisi attuale.

10 sono i punti chiave emersi:

  1. Unità e piena sovranità nazionale, pur riconoscendo le differenze culturali in un contesto di decentralizzazione.

  2. Effettiva governance democratica, basata su trasparenza e con un potere giudiziale indipendente e libero da pressioni.

  3. Sicurezza.

  4. Istituzioni militari libere da interferenze politiche e regionali, che operino nell’interesse di tutti i libici.

  5. Riforme economiche che combattano la corruzione e lo spreco delle risorse nazionali.

  6. Le risorse nazionali distribuite in maniera equa, con allocazioni alle municipalità, usate per la ricostruzione e le infrastrutture.

  7. Un funzionamento dello Stato che dia più autonomia ai governi regionali.

  8. Fine della fase di transizione, con l’adozione di una costituzione basata su un consenso che unisca la nazione.

  9. Elezioni in un clima di sicurezza e trasparenza, da tenersi appena condizioni minime di sicurezza possano permettere la piena partecipazione degli aventi diritto.

  10. Riconciliazione attuata sulla base della tradizione e dei valori libici, e libera da interferenze esterne.

Il rapporto finale completo, consegnato il 9 Novembre u.s., è visibile sul sito HD (https://www.hdcentre.org/https://www.hdcentre.org/updates/conclusions-of-libyan-national-conference-process-released/). Si ricorda che già il 24 settembre u.s. si è tenuto un seminario, organizzato dall’Istituto Affari Internazionali, sul tema “Crisi libica: sviluppi recenti e prospettive di soluzione, con la partecipazione di Omeyya Naoufel Seddik, coordinatore del processo HD in Libia.

I risultati di questo esteso lavoro, portato a termina dal Centro HD, non è comunque sorprendente, in quanto semplicemente conferma quello che è stato nel tempo il volere della popolazione libica, indipendentemente dalla sua evoluzione demografica: “unità di territorio ed indipendenza”, vedi indagini demoscopiche del 1948, dopo il trattato di pace del 1947 ed in preparazione all’indipendenza del 1951, o quella del 2013 – quando ancora in Libia c’era entusiasmo ed ottimismo – con l’indagine della NDI-JMW voluta dal ministero degli esteri della Danimarca, “Committed to Democracy and Unity” ( http://www.omeganews.info/?p=2531 ).

Per quanto riguarda la “Conferenza di Palermo”, di iniziativa italiana, i risultati sono sintetizzati da un post di Alberto Negri, Il vertice di Palermo sulla Libia è inutile.

Di fatto l’evento ha riscosso poca attenzione, e non solo in Italia dove poche testate hanno messo qualcosa di più di un modesto inserto in prima pagina ed un rimando a pagine interne dove si commenta sulla inconcludenza dell’iniziativa; ancora più flebile l’interesse della gente comune. In Libia anche una certa irritazione delle municipalità, coinvolte da mesi nell’indagine HD, ed ignorate dalla conferenza.

La Conferenza di Palermo per l’Italia si può definire come una sterile rincorsa dell’iniziativa francese di maggio, in questo ormai continuo “braccio di ferro Italia-Francia”, che comunque non aveva dato risultati concreti nonostante una partecipazione più qualificata. Rilievo è stato dato alla figura di Haftar, arrivato all’ultimo momento evitando le riunioni ufficiali e limitatosi ad incontri riservati.

A livello internazionale i commenti possono essere così sintetizzati:

Libya Herald (14-11-2018): La conferenza di Palermo non porta a grandi risultati… (l’articolo riporta una cronistoria sintetizzata degli interventi – https://www.libyaherald.com/2018/11/14/palermo-libya-conference-makes-no-major-breakthrough-postpones-elections-reaffirms-lpa-and-action-plan/ )

Al Ahram weekly (Egitto, 15/21-11-2018): Aspettando la primavera in Libia – con particolare riferimento al programmato Congresso Nazionale.

Hurriet Daily (Turchia, 13-11-2018): Il vicepresidente Okpai lascia Palermo per protesta, per non essere stato invitato ad una riunione esterna alla conferenza cui partecipava Haftar, commentando che quello di cui la Libia ha bisogno per la sua stabilità è “meno interferenze straniere, non maggiori”.

Ma forse qualcuno ha colto meglio l’occasione di Palermo:

Al Monitor, North Africa Pulse (di M. A. Suchkov, 15-11-2018): Che Putin stia pensando seriamente alla Libia? A fianco degli incontri ufficiali, il Viceministro russo Mikhail Bogdanov ha incontrato privatamente il rappresentante ONU-Salamé, il libico Al-Mishri, presidente dell’Alto Consiglio di Stato, poi – separatamente – Aguila Saleh, presidente del parlamento di Tobruk, il vice-primo ministro Ahmed Maiteeg ed il ministro degli esteri Sayala, entrambi del GNA. Da notare che Bogdanov è l’inviato speciale di Putin per l’area MENA. Questa attività politica bilancia gli incontri avuti dal ministro della difesa russo con rappresentanti delle varie fazioni libiche. L’articolo ricorda anche che Khalifa Haftar, la cui presenza a Palermo era in dubbio fino all’ultimo, il 7 Novembre era a Mosca per incontri con il ministro della difesa Sergei Sholgu ed il capo di Stato Maggiore Difesa Valery Gerasimov (possibile, ma non confermata, anche la presenza di Evgenly Progozhin – che guida il gruppo militare privato Waner – specializzato in contratti sicurezza. Dopo la visita a Mosca, Haftar ha sciolto la riserva su Palermo, dove però si è rifiutato di partecipare ai lavori ufficiali, partecipando invece ad una riunione privata organizzata dal primo ministro Medvedev, capo della delegazione russa, con il Presidente del Consiglio Conte, il presidente egiziano Al Sisi, ed il presidente tunisino Essebsi (non confermata la presenza di Al Serraj ).

L’articolo ricorda che al tempo della decisione di Francia, UK ed USA di intervenire nel 2011, Medvedev era presidente di turno del Consiglio di Sicurezza, quando la Russia si astenne nella votazione di diverse risoluzioni sulla Libia.

(https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2018/10/russia-libya-haftar-peace-settlement.html)

Peculiare la posizione degli Stati Uniti:

Nella visita negli USA lo scorso luglio, il nostro Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva ricevuto l’appoggio del presidente Donald Trump per un ruolo guida italiano nel “teatro di crisi del paese nordafricano”. Poi la rappresentanza USA all’incontro di Palermo, assolutamente anonima.

Sorgono perplessità sulle vere intenzioni di Trump, probabilmente un modo per favorire disunità ed indebolimento dell’Unione Europea.

Luigi R. Maccagnani