di Enrico La Rosa
Negli ultimi anni si è decisamente incurvata verso il basso la parabola dell’Algeria.
Una durissima guerra di liberazione; un trentennio di crescita sociale ed industriale accompagnati dal riordino politico e dall’edificazione delle strutture portanti democratiche (Costituzione, Organi rappresentativi, partiti, stampa, organizzazione sociale, statale e sindacale); un decennio sanguinoso, iniziato attraverso una precoce “primavera”, successivamente virata verso un duro terrorismo che ha fatto 200.000 vittime, la pacificazione generale attraverso il percorso della “concordia civile” imposta dal Presidente Bouteflika. Infine, la pace ed il boom economico spinto dal rialzo del costo degli idrocarburi, unica fonte di ricchezza nazionale. La progettazione e realizzazione di grandi infrastrutture e di lavori pubblici, il proliferare di piccole imprese, il rifiorire della società e la vincita della scommessa della modernizzazione del Paese e della diffusione intensiva dell’inglese come lingua negli scambi internazionali della pubblica amministrazione, sicuro investimento per il futuro.
Tuttavia, nessun forte acuto nella sua politica estera. Molta regolarità, ma nessun picco. Partecipazione a forme di collaborazione internazionale e bi-multilaterale, 5+5, e così via, ma nessun ruolo emergente, mentre tutti i Paesi vicini non perdono occasione per entrare nelle trattative per la “sistemazione” delle crisi regionali.
Inoltre, strisciante nella società il peso e l’ombra di vecchi conti o non regolati o lasciati in sospeso. La concordia civile è stato un brillante colpo di spugna, ma non tutto il fuoco è spento sotto la cenere. Per intenderci, le reti europee di supporto al terrorismo sono ancora in piedi. Passate di mano, in toto o in parte, più temporaneamente che definitivamente, ma se ne vedono le chiare tracce in occasione degli attentati nelle capitali europee. Le stesse che, a suo tempo, chiusero gli occhi sulle attività sin troppo evidenti sul suolo europeo, piuttosto che aiutare i “generali golpisti” (cfr. http://www.omeganews.info/?p=2192, http://www.omeganews.info/?p=3001, http://www.omeganews.info/?p=3154, http://www.omeganews.info/?p=3386, http://www.omeganews.info/?p=3861). Molti dei terroristi degli anni ’90, lavati i crimini, sono oggi pervenuti a posti di responsabilità, e questo non è stato ancora completamente digerito da tanti loro dipendenti, parenti delle loro vittime. Inoltre, e questo è l’aspetto più inquietante, tanti quarantenni/cinquantenni di oggi sono gli stessi giovani che a metà degli anni ’90, inebriati nelle moschee dal contenuto dei sermoni dei predicatori egiziani pagati dai principi sauditi, desiderosi solo di instaurare una repubblica islamica ad immagine e somiglianza di quella komeinista, uccisero i loro stessi padri e trucidarono le proprie famiglie, rifugiandosi successivamente alla macchia.
Qual è stata l’evoluzione della società algerina dopo la pacificazione? Difficile a dirsi, anche perché imbavagliata dall’immobilismo di una classe politica a sua volta ingessata da un Presidente monarca e fortemente ammalato, surrogato “virtualmente” dal fratello Saïd, ammalato anche lui, che controlla i reali centri di potere dello stato. I leader politici di oggi sono ancora quelli sconfitti da Bouteflika nel lontano 1999, a cominciare dal più rappresentativo tra essi, Ahmed Ouyahia.
Ultimo fattore di questa complicata situazione, il prezzo degli idrocarburi, nel frattempo fortemente diminuito, ed il forte rallentamento dell’economia algerina, con la sensibile crescita della disoccupazione.
La situazione è tutt’altro che chiara, per niente tranquilla.
E a primavera si terranno le prossime elezioni presidenziali, alle quali – ancora una volta – sarà candidato Bouteflika!
Enrico La Rosa