by Luigi R. Maccagnani • • Commenti disabilitati su Libia, disastro annunciato
Sulle pagine di omeganews.info più di un articolo ha periodicamente denunciato la lontananza fattuale delle istituzioni internazionali, salvo un retorico “sostegno” per una soluzione politica della crisi. Nell’articolo del 4 settembre 2018 Qualche speranza per la Libia? si offre una rapida sintesi degli eventi che hanno segnato il percorso che ha portato la Libia all’attuale emergenza.
I fatti sono noti ad ogni osservatore attento,
anche se non specialista: possibile che i servizi di informazione, con gli
strumenti a loro disposizione, non abbiano informato i rispettivi governi dei
veri problemi che tengono in ostaggio il Paese? Governi che si sono girati
dall’altra parte o nascosti dietro una “soluzione
politica” palesemente impossibile, o che hanno sfruttato la situazione in
essere per perseguire una politica contraria alle ambizioni della maggioranza
dei Libici, emerse dalle due indagini demoscopiche scientifiche e serie sin qui
eseguite. La prima, commissionata nel 2013 dal ministero degli esteri danese e
condotta congiuntamente dal National Democratic Institute (NDI) e da
un’agenzia di consulenti danese (JMW
Consulting) nel periodo novembre/dicembre 2013 su un vasto campione di
abitanti in tutto il Paese; la seconda, molto più recente, del 2018, condotta su
richiesta ONU dal Center for Humanitarian
Dialog di Ginevra.
Vale la pena
ricordare una esternazione di Ali Zeidan, Primo Ministro del Governo di Transizione
Libico dal novembre 2012 al marzo 2014, il periodo in cui le milizie hanno
preso il sopravvento:
“Le Nazioni Unite ed i Paesi occidentali,
per una ragione o per l’altra, hanno mancato di assistere la Libia in alcun
modo dopo la caduta di Gheddafi. Ho chiesto loro ripetutamente di esserci più
vicino… averci lasciati soli è stato un errore”.
Sul terreno si
parla che siano alcuni miliardi di dollari il profitto che le milizie tripoline
hanno tratto da “illecit trafficking”
dal 2013 ad oggi, e si denuncia anche un sostanziale trasferimento di valuta
verso l’estero dalle famiglie dei miliziani: fake news? Contro propaganda?
Forse, ma i servizi d’informazione hanno di sicuro gli strumenti per
verificarne la veridicità ed il vero valore.
La prima indagine,
e l’unica resa pubblica – Illicit Traffic
and Libya’s Transition – fu richiesta dallo State Department (Ministero
degli Esteri) degli USA nel 2013/14, ed anche di questo si è parlato più volte
sugli articoli di omeganews. Forse una valutazione di questo problema non è
estranea al cambiamento di rotta del governo USA, che si è allontanato dal GNA
di Serraj per avvicinarsi, almeno politicamente, al parlamento di Tobruk, House of Representatives, nato dalle
elezioni del 2014 (e per un certo tempo riconosciuto internazionalmente come
legittimato) e legato al Maresciallo Haftar.
Ma basta uno
sguardo ai fatti di Tripoli degli ultimi mesi, ai periodici scontri armati tra
le milizie per il controllo dei profitti da traffici illeciti, milizie che ipocritamente
vengono chiamate come parte della “Libyan
Army” referente al GNA di Serraj, o alle condizioni disumane nei centri di
detenzione dei migranti, come più volte denunciato sia da IOM che da UNHCR:
quale controllo ha il GNA sul territorio, pur limitato al tripolino? È accettabile
tutto questo?
Sui media italiani
si sente spesso lamentare, denunciare, il sostegno di Egitto ed Emirati/Arabia
Saudita ad Haftar, ma nessuno parla della posizione di Turchia – vedi i carichi
di armi sequestrate al porto di Khoms – o della dinastia El Thani del Qatar,
che da anni sostengono le frange islamiste in Libia. Che ci fa un contingente
del Qatar in Mali, al sud del confine libico?
Qual è la posizione
italiana? Per i libici semplice, come denuncia un tweet di Sami Zaptia,
fondatore e direttore del quotidiano in lingua inglese più diffuso www.libyaherald.com: “L’Italia vuole solo
il blocco dei migranti, il resto non interessa”.
Poi non si capisce
l’avvicinamento dell’Italia al Qatar, con visite del Primo Ministro Conte a
Doha, e del Ministro degli Esteri Qatarino, Al Thani, a Roma: Sosteniamo i
Fratelli Mussulmani?
Giovedì 18 Aprile,
Stati Uniti e Russia hanno bloccato una risoluzione del Consiglio di Sicurezza
che avrebbe chiesto un immediato cessate il fuoco ed una condanna all’azione
del generale Haftar: atto superficiale, o basato su un apprezzamento della
reale situazione sul terreno?
Jason Pack, direttore
esecutivo della US-Libya Buseniss
Association, cosi ha dato una prima interpretazione della marcia di Haftar
verso Tripoli: una azione dimostrativa e proiezione di forza, non ricerca di un
sanguinoso confronto per il controllo della capitale, visto anche le
dichiarazioni di HoR e Haftar stesso prima di iniziare la “marcia”.
Forse la speranza
era che – considerato l’equilibrio di forze – si potesse trovare un accordo di
compromesso, e – finalmente – andare verso un’unificazione del Paese, così
tanto anelata dalla popolazione at-large.
Quello che è ancora
drammaticamente mancato è una mediazione delle istituzioni internazionali, e
anche verificare la reale posizione di Serraj, non escluse la capacità di controllo
delle milizie di Tripoli e le sue reali ambizioni.
Di fatto, sembra
che Serraj soffra di una certa deriva islamista, vista la nomina di uno dei più
radicali leader dei Fratelli Musulmani nel Board of Directors della Libyan Investments Autority, o altre
nomine sulla stessa linea, come il suo successore al ministero della difesa del
GNA, Maitig, che fra l’altro ha appena visitato Roma. Atti che possono essere
facilmente interpretati come prove di influenza del National Conference Process: quali sono i suoi reali obiettivi?
Poi, ad un grosso
mastino non si toglie il succulento osso che ha tra i denti con le buone,
questa forse la “miscalculation” di
Haftar/HoR; e con Serraj non si erano incontrati più volte? Quale il controllo
che Serraj ha definito sulle “sue” milizie? E UNSMIL? Persegue ancora una “soluzione politica”, prima di risolvere
i problemi del “mastino” con il succulento osso che ha tra i denti?