Draghi nel Mediterraneo: una fiaba…

di Mario Boffo

            Niente paura, per carità… Non è che nel nostro mare siano state avvistate creature rettiliformi in grado di sputare fuoco. Del resto c’è già abbastanza turbolenza. Vogliamo solo fare un esercizio di puro pensiero: siccome viviamo nell’era di Mario Draghi, il quale sta provando a essere influencer più utile di Chiara Ferragni o di una certa Gaia Bianchi di cui leggo sui giornali e della quale prima non supponevo nemmeno l’esistenza (è noto che i giornali danno grande risalto alle notizie davvero utili al divenire umano), proviamo allora a trasferire il pensiero di Mario Draghi, illustrato al Meeting di Rimini, su possibili e fantasiose evoluzioni nel Mediterraneo.

            Senza volerlo divinizzare, il pensiero di Draghi è alto e nobile; senza volerlo banalizzare, è quello in cui dovrebbero riconoscersi, e avrebbero dovuto farlo anche prima della pandemia, i governanti e le classi dirigenti del mondo se la loro qualità fosse stata nella media degli anni fra la fine della Seconda Guerra Mondiale e la fine degli anni ottanta. In estrema sintesi, la visione di Draghi preconizza il multilateralismo e la cooperazione internazionale sulla cui base affrontare i problemi del momento; la visione verso le prossime ere piuttosto che la ricerca di risultati nell’immediato; l’investimento sulle generazioni più giovani; il fomento all’educazione e all’istruzione; la ricerca della stabilità politica, economica e sociale. In sintesi ancor più estrema, Draghi preconizza il ragionevole equilibrio delle cose del mondo attuale nella sua proiezione verso il futuro, senza la quale proiezione anche l’attualità perderebbe senso. Tutto questo si confronta purtroppo con la pessima qualità, l’ottusità e il cinismo degli attuali dirigenti mondiali e con la globale incapacità di gran parte delle opinioni pubbliche e della stampa di leggere i nostri sfortunati tempi, nonché di saper districare i veri temi, belli o brutti che siano, da elementi inutili o non coerenti con la domanda ultima: come ci vediamo e come vogliamo vivere nei futuri decenni?

            Torniamo al Mediterraneo, e immaginiamoci l’intervento di una nuova Fata Morgana (continuo a evocare figure fiabesche, perché quello che segue – ahimé! – non assomiglierà che a una bella fiaba…), la quale, con un colpo di bacchetta magica, faccia rinsavire i governanti e renda d’incanto le opinioni pubbliche della nostra regione consapevoli delle cose… L’Europa allora, come la Bella Addormentata, si risveglia. Comprende che deve prendere in mano i propri destini. Fa giustizia di meschine contabilità, e diventa il magico elemento attraverso il quale i vari paesi collaborino al comune destino, alla crescita economica e sociale nel rispetto dell’ambiente, agli investimenti volti al progresso umano piuttosto che a profitti insensati e iniqui, alla tutela delle persone e dei popoli piuttosto che di interessi finanziari scollegati dalla realtà. Guardando al proprio intorno, promuove immediatamente, e con qualche assertività, una conferenza dei Paesi europei, mediterranei e mediorientali, con le potenze estranee all’area come osservatori, per dirimere le seguenti questioni: stabilizzazione delle aree in conflitto anche con l’istituzione di interventi militari internazionali di pace; gestione cooperativa delle fonti e delle linee energetiche; equa ripartizione della zone economiche esclusive su base pattizia e concordata; coordinamento della prevenzione del terrorismo; condivisione delle regole che reggono lo sfruttamento delle risorse ittiche e della qualità del mare; e qualcos’altro. Ovviamente tali fiabeschi scenari dovrebbero tener conto delle situazioni che si sono create a causa di qualche Orco (gli Orchi sono pericolosi solo quando li si lascia fare…): la proiezione della Turchia, la forza dell’Egitto, il tema migratorio, gli sconvolgimenti del Libano, le ingerenze nell’area di Iran, Cina, Russia, l’indifferenza degli Stati Uniti. Tenendo ben presente che “tener conto” non significa esprimere acquiescenza a ciò che succede al di fuori di ogni controllo.

            Ecco. Abbiamo scritto una fiaba. Però “fiabe” del genere si sono realizzate in passato. Lo stesso Draghi ha menzionato gli accordi del 1944 a Bretton Woods per il coordinamento multilaterale commerciale e finanziario dell’economia mondiale, che hanno funzionato per molti anni; abbiamo poco dopo creato l’Unione Europea, la quale fino a un certo punto ha costituito una speranza molto concreta per il nostro Continente e per i suoi popoli; abbiamo tenuto sotto controllo l’esplosione balcanica, che avrebbe potuto provocare deflagrazioni di molto maggior momento. Tutto questo, certo, con luci e ombre. Il problema quindi, non è che le fiabe (come metafora del bene) siano impossibili da realizzare; è che a un certo punto non funzionano più; e, che ne possiamo sapere, anche il Principe e la Principessa, che si avviano a “vivere felici e contenti”, a un certo punto cominciano forse a litigare. Perché a un certo punto le “fiabe” smettono di funzionare? Perché prevalgono egoismi, visioni meschine, l’insorgere di nefaste routine prive di afflato umano, prevaricazione di alcuni a danno di tutti… Come nelle fiabe vere il bene si afferma solo dopo che sia stata vissuta la tragedia (la maledizione della strega cattiva), anche nelle “fiabe” della Storia abbiamo sempre avuto bisogno di grandi tragedie belliche o economiche prima di affermare, se non proprio il “bene”, almeno una ragionevole e sensata convivenza.

            L’auspicio di Mario Draghi (il Mago della fiaba o aspirante tale?) è che i problemi imposti dalla pandemia in corso inducano popoli e governi a immaginare un altro modo possibile. Difficile dire adesso se la tragedia pandemica sarà stata alla fine sufficientemente tragica da innescare riflessioni e comportamenti positivi. Quello che si può dire, è che sarebbe comunque il caso di cominciare a pensarci.

Mario Boffo