L’ambiente marino e l’ecosistema mediterraneo – Soluzioni dalle Scienze del mare

“Isole minori mediterranee e Mediterraneità”

…quasi un G 20 del Mediterraneo

OMeGA/Rotta2021: un progetto per un anniversario

8 ottobre 2021: Seminario «Piccole Isole del Mediterraneo»

di Lavinio Gualdesi

La sezione tecnica del Seminario è stata moderata da Sabina Minutillo, responsabile della comunicazione dell’ufficio della commissaria straordinaria del Governo per il recupero e la valorizzazione dell’ex Carcere borbonico dell’isola di S. Stefano-Ventotene, che ha introdotto ciascuna delle presentazioni degli specialisti dei vari settori utilizzando le parole chiave indispensabili a trasformare progetti ambiziosi in programmi operativi.

La soluzione innovativa per incrementare il trasposto marittimo tra le isole e nel contempo attuare un risparmio energetico per ridurre l’inquinamento, si chiama Idrogeno secondo il Sindaco di Ventotene, Gerardo Santomauro, che ha altresì sottolineato le attuali carenze di comunicazione diretta tra le isole dell’arcipelago.

Preservare l’ambiente marino attraverso la tutela e la protezione, ma anche attraverso la valorizzazione del patrimonio culturale legato alle Aree Marine Protette sono le parole chiave usate da Antonio Romano direttore dell’Area Marina Protetta di Ventotene e Santo Stefano. Quale membro del comitato scientifico museologico e del TIP (Tavolo Istituzionale Permanente) per il progetto di recupero e valorizzazione dell’EX ergastolo di S. Stefano, egli collabora con Enti ed istituti di ricerca auspicando che si tenga in particolare riguardo la tutela della flora e della fauna di interesse comunitario nel campo dei cetacei e delle tartarughe marine.

Il Prof. Giovanni Fulvio Russo dell’Università di Napoli “Parthenope”, biologo marino, esperto di Aree Marine Protette che da molti anni segue, come CoNISMa, l’AMP di Ventotene e Santo Stefano ha definito il mare un capitale naturale.

Con una prolusione articolata e dettagliata, ha prima definito l’estensione dei macrosistemi marini nelle tre Eco-Regioni italiane.

Ha poi descritto il Progetto finalizzato alla contabilità ambientale per le Aree Marine Protette orientato alla valutazione biofisica ed economica degli stock di capitale naturale e dei flussi di servizi eco-sistemici generati.

In questo progetto la parola chiave è il neologismo “emergy”, in italiano “emergia”, fusione delle parole energia e memoria, che insieme servono a misurare la memoria di energia solare necessaria per realizzare processi naturali di mantenimento delle riserve di risorse naturali che a loro volta producono beni e servizi. 

E questa “emergia” ha anche una unità di misura basata sui Joule di energia solare occorrenti per formare e mantenere un bene naturale. Proprio come nella contabilità industriale la valutazione di questi fenomeni comporta l’analisi dei flussi di materia ed energia tra i vari ecosistemi per verificare condizioni di autosostentamento, di debito o addirittura di capacità di esportazione verso un altro ecosistema limitrofo privo di protezione.

È abbastanza evidente che uno strumento poderoso come questo, associato ad un costante monitoraggio delle variabili pertinenti, permetta di trasformare un progetto in uno strumento operativo per orientare nei dettagli scelte strategiche di investimento nel capitale naturale che l’ambiente marino offre anche direttamente in termini di aumento del PIL.

L’Ing. Lavinio Gualdesi, ha illustrato alcune tecnologie sviluppate nel corso della professione, che possono essere usate nei Parchi Marini per raccogliere quei dati preziosi utili a tenere costantemente sotto controllo l’habitat sottomarino.

Le campagne oceanografiche sono molto costose e quindi non possono rappresentare una fonte di dati regolare e costante. Vengono quindi proposte alcune soluzioni tecniche che potenziano l’analisi di vaste aree da satelliti e la distribuzione di sensori su traghetti o navi da diporto. Entrambi i sistemi necessitano di convalida tecnico scientifica per omogeneizzare la qualità dei dati da conservare nelle banche dati.

Ma le parole chiave più importanti a cui fa ricorso l’Ing. Gualdesi sono: acidificazione del Mar Mediterraneo e confinamento abissale della CO2.

La proposta si basa su studi sperimentali eseguiti in Florida che hanno provato che, se l’anidride carbonica immessa nell’atmosfera dalle centrali termiche venisse aspirata e compressa in bombole, potrebbe essere utilmente impiegata per produrre idrati qualora iniettata ad una profondità di 350 metri. L’instabilità di tali idrati ne permette la dissociazione per formare acqua dolce cristallina mediante l’impiego di una bassissima quantità di energia.

I sali separati che, data l’elevata densità, precipitano nelle cavità abissali, possono essere usati come veicolo per il confinamento abissale di ingenti quantità di CO2.

L’acqua dolce invece contribuirebbe alla mitigazione della stratificazione della zona critica, dove l’habitat rischia di essere sempre più compromesso.

Ovviamente la distribuzione dell’acqua prodotta dovrebbe essere oggetto di accurati studi di oceanografia fisica in modo che attraverso la circolazione naturale possa generare effetti positivi di recupero secondo il dettato biologico sopra esposto.

Tale concetto è stato quindi ripreso durante la Tavola Rotonda, diretta anch’essa dalla Dr. Sabina Minutillo, nella quale la parola chiave “multi-disciplinarietà” è stata considerata una esigenza vitale per la riuscita di un progetto di recupero che coinvolge così tante e svariate professionalità. I Consorzi Universitari ne sono un esempio virtuoso. Narrando alcuni dettagli dell’esperienza sulla sperimentazione degli idrati alla quale hanno partecipato15 giovani specialisti, insieme al Responsabile Dr. Michael Max, l’Ing. Gualdesi ha auspicato che nel Progetto siano coinvolti sin dall’ inizio, giovani ricercatori.

Lavinio Gualdesi (*)

(*) Lavinio Gualdesi

Dott. Ing. in Ingegneria Navale e Meccanica

Formatosi all’ Accademia Navale di Livorno come Ufficiale dei Corpi Tecnici della Marina Militare, ha poi conseguito all’ Universita’ di Trieste la laurea in ingegneria Navale e Meccanica. Come Direttore Tecnico dei Cantieri Intermarine di Sarzana ha contribuito al progetto ed alla costruzione dei Cacciamine in vetroresina per le Marine Italiana, Malese e Tedesca. Come Capo del Reparto di Ingegneria Oceanografica del Centro di Ricerche della Nato della Spezia noto come SACLANTCEN (oggi CMRE), ha lavorato nel campo della ingegneria per la ricerca sperimentale in mare per 26 anni realizzando boe oceanografiche, apparecchiature acustiche rimorchiate, prototipi di piattaforme subacquee per sensori di varia natura, attrezzature subacquee originali per la ricerca e ha organizzato e partecipato a numerose Campagne Oceanografiche nell’ Artico. Ha contribuito alla diffusione delle tecnologie dell’Ingegneria Oceanografica mediante collaborazioni con Enti Internazionali. Tra i piu’ importanti:

  • -un incarico all’ Istituto Mediterraneo Studi Avanzati (IMEDEA) alle Baleari dove ha contribuito alla formazione della Ditta spin-off Albatros Marine Technology,
  • Insegnante Incaricato nel Master per Esperto de Puertos y Costas all’ Universita’ di Las Palmas de Gran Canaria, 
  • Consulente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per la progettazione e la realizzazione del telescopio subacqueo per la detezione del neutrino,
  • Insegnante nei Master di Ingegneria Oceanografica all’ Universita’ di Pisa e Genova,
  • Ingegnere Capo della Marine Desalination System (MDS) a St. Petersburg Florida durante la costruzione di un prototipo di dissalatore mediante impiego di idrati di CO2 ed altre realizzazioni innovative per la produzione e depurazione delle acque.

Il Dott. Gualdesi come Membro della Marine Technology Society (MTS) degli Stati Uniti dal 1983 è autore di numerose pubblicazioni del settore.