Energia del mare: sfide per una collaborazione sociale, economica, scientifica e tecnologica

di Giuseppe Manzella

Introduzione

Questa nota è stata stimolata dall’articolo apparso su omeganews.info il 30 Luglio 2022: Mediterraneo oggi e domani. L’autore, Lavinio Gualdesi, presentava una serie di problematiche legate alla storia stessa dell’area Mediterranea, uno spazio – movimento (come chiamato da Fernand Braudel) che ha visto l’incontro e lo scontro di civiltà diverse ed allo stesso tempo un meraviglioso scambio di culture. La regione Mediterranea è stata (ed è) un teatro con due voci, una proveniente dall’occidente e l’altra dall’oriente.

Gualdesi chiaramente descrive il Mediterraneo come un universo ridotto in cui i problemi legati ad antropizzazione ed inquinamento assumono dimensioni enormi: i cambiamenti climatici sono più evidenti che in altre aree dell’oceano globale, gli effetti di inquinanti di origine terrestre estremamente dannosi, specialmente quando legati ad eventi estremi.

La sfida è coniugare i bisogni umani con uno sviluppo che migliori la qualità della vita e tuteli l’ambiente. L’obiettivo può essere raggiunto con un approccio olistico unito ad un continuo monitoraggio di parametri ambientali ‘essenziali’ in modo da verificare che azioni per lo sviluppo non creino condizioni avverse all’uomo e all’ambiente in cui vive.

Questa breve nota si basa sui concetti espressi in un libro (Ocean Science Data: Collection, Management, Networking and Services) ed in particolare sul capitolo 7: How can ocean science observations contribute to humanity? Nel libro si postula una società della conoscenza in cui comunità scientifiche e civili lavorano insieme (co-produzione) con l’obbiettivo di innescare un processo di cross-fertilizzazione interdisciplinare, miglioramento del pensiero critico ed abilità gestionali basate sulla conoscenza.

Co-produzione ed interdisciplinarità

Un esempio che presenta molto bene questi concetti è rappresentato dai parchi eolici in mare. La Commissione Europea finanziò uno studio che fu definito uno ‘stress test’ per la valutazione delle conoscenze acquisite in campo marino al fine di applicazioni utili alla società Europea. Uno di questi test fu dedicato al ‘wind farm siting’. Gli autori dell’analisi definirono la lista di dati necessari per la valutazione di installazione di un parco eolico:

  1. Parametri atmosferici (vento, pressione, densità, umidità, temperatura)
  2. Parametri marini (livello, temperatura, salinità, correnti, frequenza e direzione delle onde, altezza delle, onde, altezza massima aspettata
  3. Informazioni biologiche (uccelli, mammiferi marini, rettili, pesci – specie, status di protezione, traiettorie migratorie, abbondanza, aree di riproduzione)
  4. Fondo del mare (batimetria, caratteristiche del fondo e substrato, evoluzione sedimentaria, evoluzione della linea di costa, energia sul fondo del mare, angiosperme, macro alghe, fauna sul fondo del mare, struttura sismica ed eventi sismici)
  5. Attività umane (pesca, traffico marittimo, infrastrutture radar, traffico nei porti, uso costiero, attività nautiche, località con guardie costiere, cavi sottomarini, accessi logistici, porti, regolamenti locali, regionali, nazionali, europei)

In totale gli autori trovarono per i soli dati ambientali le caratteristiche di 30 parametri/informazioni a vario livello di dettaglio e 30 fonti di dati.

Una prima conclusione della analisi dello ‘stress test’ fu la necessità di avere un gruppo di lavoro composto da storici, matematici, fisici, biologi, geologi, chimici e gestori ambientali in genere. Una seconda conclusione non deriva dall’esperienza dello stress test, ma considerazioni più generali di fisica e biologia. Il vento, con il suo potere di rimescolamento delle acque, è un fattore che permette all’ossigeno atmosferico di essere trasportato all’interno delle acque marine (non consideriamo per semplicità altri fattori quali la dispersione di inquinanti e l’influenza sulle correnti). Sottrarre energia ‘a monte’ con un impianto eolico di certe dimensioni, significa avere una diminuzione di energia ‘a valle’, con riduzione quindi delle capacità di rimescolamento delle acque in zone costiere con conseguenze anche sulla biologia e quindi su attività collegate alla pesca.

L’esempio del parco eolico mostra come non basta pensare solo in termini ingegneristici, ma occorre avere un gruppo di lavoro interdisciplinare a cui va aggiunto un continuo monitoraggio durante e dopo la costruzione di un impianto, per correggere errori in fase di progettazione o per valutare effetti ambientali non considerati preventivamente.

In altri campi, un ottimo esempio di applicazione di questo metodo di lavoro fu offerto nella costruzione del Ponte di Øresund (tra Danimarca e Svezia)

Si può concludere questo paragrafo citando Friedrich Heinrich Alexander Freiherr von Humboldt (Berlino, 14 settembre 1769 – Berlino, 6 maggio 1859), naturalista, esploratore, geografo e botanico la cui ambizione era di comprendere i fenomeni degli oggetti fisici nella loro connessione generale e rappresentare la natura come un unico grande insieme mosso ed animato da forze interne (Kosmos, 1845 – 1862).

Energia dai moti del mare

Questa nota continua con lo stesso titolo dell’ultimo paragrafo di Mediterraneo oggi e domani. Si può facilmente supporre che i dati di cui si ha necessità per la definizione dei luoghi dove installare un sistema di produzione di energia siano gli stessi del campo eolico con altre aggiunte quali ossigeno, clorofilla, trasparenza, fitoplancton, zooplancton.

Il dato iniziale per una analisi di fattibilità è quello delle correnti, siano essi residue, indotte dal vento, dalle maree o dalla rotazione terrestre. Nel Mediterraneo le correnti di marea sono generalmente poco energetiche con l’eccezione di poche aree quali l’alto Adriatico, il Golfo della Sirte, lo Stretto di Messina. Correnti energetiche e sufficientemente stabili sono state misurate sulla stretta piattaforma continentale del Mar Ligure.

Oltre il problema della intensità, lo sfruttamento delle maree si scontra in molti casi con i fattori elencati nei punti 4 e 5 precedentemente. Si potrebbero esplorare altri tipi di corrente, come quelle esistenti negli stretti (come per esempio il canale di Corsica) o le cosiddette ‘coastal boundary currents’, come quelle del Mar Ligure, ove sono state trovate anche delle correnti ‘intrappolate’ dalla batimetria’, ovvero correnti vicine al bordo esterno della piattaforma continentale (lo ‘shelf break’) che risultano sufficientemente energetiche, anche se la loro intensità dipende dai regimi di vento (forti correnti in inverno – fino a circa due nodi – e deboli d’estate).

Nel caso di sfruttamento di ‘correnti costiere’ è opportuno verificare che esse non siano associate anche a movimenti di risalita delle acque profonde (upwelling). Questi fenomeni sono molto importanti dal punto di vista biologico, dal momento che portano sostanze nutritive nella zona eufotica, ove la luce solare può innescare fenomeni di produttività.

La conclusione riguardo lo sfruttamento delle correnti rimane lo stesso che per i parchi eolici: occorre uno studio interdisciplinare e un controllo costante delle condizioni ambientali.

Conclusione

Mi piace finire questa nota riprendendo il contenuto del capitolo 7 di Ocean Science Data citato nell’introduzione. Qui si è posto il problema della formazione dei giovani studiosi, i quali devono acquisire capacità tecnico-scientifiche e culturali in genere per poter essere in grado di rispondere a 4 domande fondamentali per un ambiente che sta cambiando:

  • Quali sono i possibili cambiamenti sia a breve che a lungo termine?
  • Quali sono i rischi e le implicazioni di questi cambiamenti per lo sviluppo umano e per la diversità della vita sulla Terra?
  • Come può adattarsi una società alle conseguenze fisiche, sociali ed ecologiche dei cambiamenti e quali sono le barriere che limitano le azioni di adattamento e le opportunità potenziali?
  • Come possono essere sostenute integrità, diversità e funzionamento di un sistema ecologico in evoluzione in modo da sostenere la vita negli oceani e nei suoi ecosistemi sostenendo allo stesso modo necessita e salute umana?

Il processo formativo è meno difficile di quanto si possa supporre. In esso si sono impegnati ‘insegnanti’ di fama, tra cui mi piace citare Immanuel Kant: Il mare è la madre non solo di tutte le acque, di tutte le sorgenti e di tutti i fiumi, a cui fornisce esistenza con la sua evaporazione, ma anche di tutto quello che esiste; ancora oggi produce e dà nutrimento a più specie animali che la terra (Geografia Fisica, 1750 – 1790).

(*) Giuseppe Manzella,

OceanHis SrL

(*) Inizia con questo articolo la collaborazione tra Giuseppe Manzella e la Rivista, con l’augurio che la stessa sia di reciproca soddisfazione, proficua e duratura.

Manzella ha lavorato nella Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie e lo Sviluppo Sostenibile (ENEA) e nel Consiglio Nazionale delle Ricerche. È stato consulente per istituzioni pubbliche e private e nel 2020 è stato co-fondatore di OceanHis Sr Luna, start-up avente come obbiettivo il monitoraggio ambientale marino. Attualmente è presidente di OceanHis SrL e tra i chief editors della rivista scientifica Earth System Science Data. La sua esperienza lavorativa è in fisica oceanografica: modellistica, analisi dati e sistemi informativi. Ha partecipato a programmi finanziati dal Ministero Ambiente, Ministero della Ricerca, UNESCO IOC, Commissione Europea, Agenzia Spaziale Europea. È stato presidente della Commissione Oceanografica Italiana e, in tale ruolo, ha rappresentato l’Italia nelle iniziative e riunioni di UNESCO IOC.