di Enrico La Rosa
Il 3 giugno avrà luogo l’ultimo dei tre convegni con i quali O.Me.G.A. ha inteso dare il proprio modesto contributo alla formazione obbligatoria dei giornalisti.
E lo ha fatto proseguendo nell’opera di diffusione delle tematiche critiche del Mediterraneo, divenuta un appuntamento ricorrente per tutti gli amici e lettori che ci seguono e ci regalano la loro attenzione da più di dieci anni.
Abbiamo vissuto con loro le più acute crisi del Mediterraneo, gli effetti dell’interminabile lotta arabo/israeliana, l’altalenante percorso delle primavere arabe, gli effetti nefasti della crescente penetrazione nei territori attorno al bacino di entità e di interessi esterni ad esso e l’ascesa di Paesi rivieraschi con l’ambizione di una nuova grandeur che si sta manifestando soprattutto a scapito di altri Paesi rivieraschi.
Unico rimpianto che ci portiamo dietro, per eliminare il quale ci impegneremo al massimo nel futuro prossimo venturo, è quello di non aver saputo reclutare specialisti in grado o disposti a far capire, permettendoci di diffonderla sui nostri media, la reale antropologia mediterranea, la sua koinè, l’estratto concentrato ed irripetibile delle esperienze maturate e cumulate nel tempo attorno alle sue coste, costituenti un unicum indissolubile, tuttora vitale, che spesso assume il ruolo della resistenza contro l’integralismo finanziario che, sotto le spoglie del progresso economico e dell’espansione del commercio globale di generi di dubbia qualità per moltitudini, in contrapposizione alla cura della produzione individuale anche a basso tenore di ricchezza, tende a spazzare via tutto il vecchio che gli si oppone.
Una presa di coscienza di questo patrimonio, raccontato senza banalizzazioni, farebbe un gran bene soprattutto agli stessi Mediterranei ed alla loro voglia di antico, da non confondersi con l’antiquato!
Ripercorrere la grandezza dei popoli che abitarono la “Terra di mezzo” ed il “Mare Bianco”; la prosperità ed il progresso scientifico di molte aree del Mediterraneo, quali la Sicilia, durante la dominazione araba; l’azione livellatrice dei tre grandi spalmatori ed armonizzatori citati. Tutte le caratteristiche dei popoli mediterranei delle latitudini comprese tra quella delle Alpi e quella della catena dell’Atlante si sono potute giovare sotto la dominazione di Romani, Bizantini e Ottomani, durata complessivamente tra i 15 (ad Occidente) ed i 19 (ad Oriente) secoli, di una capillare ed influente azione continua di armonizzazione e amalgama, progressiva, costante, che ha loro consentito un continuo e proficuo scambio e condivisione di cultura, abitudini, tradizioni, comportamenti, obiettivi, valori etici, gusti estetici, regole e parametri dell’interazione; l’azione politica, sociale, economica delle genti dei mondi oriente/occidente più che nord/sud del Mediterraneo, che, alleandosi e combattendosi, nel bene e nel male, hanno creato la civiltà moderna ed hanno ispirato i grandi pensatori della Chiesa cattolica, sia di quelli europei dei secoli successivi, che dalla filosofia greca e dalle culle del Mediterraneo hanno preso spunto per il loro pensiero; pensiero greco che è a noi pervenuto grazie anche all’attività delle scuole di traduzione arabe, nelle quali eruditi ebrei, cristiani e musulmani si incontravano per tradurre le opere greche, o come quella di Toledo e di centri di cultura condivisa, come la Casa della Saggezza, Bayt al-Hikma, nella quale, durante interminabili serate notturne, senza limite confessionale, le menti più elette della capitale del califfo discutevano, su un piano di eguaglianza, dei massimi problemi.
Un grande Medio Evo, che tanti, troppi si ostinano ancora oggi – a dimostrazione della tanta e dilagante ignoranza – a considerare un’epoca buia.
Scrive in proposito Umberto Eco: «… i secoli prima dell’anno Mille erano alquanto scuri perché le invasioni barbariche … avevano a poco a poco distrutto la civiltà romana: le città si erano spopolate o erano andate in rovina, le grandi strade non venivano più curate e sparivano fra gli sterpi, erano state dimenticate tecniche fondamentali come quelle dell’estrazione dei metalli e della pietra, si erano abbandonate le culture e … interi territori erano ritornati foresta»; e ancora «… il Medioevo prima del Mille era certamente un periodo di indigenza, di fame, di insicurezza», «… La fame aveva reso tutti smunti, poveri e ricchi, e – quando non erano più restati animali da mangiare – ci si era cibati di ogni tipo di carogne e “di altre cose che destano ribrezzo al solo parlarne”, sino a che alcuni si erano ridotti a mangiare carne umana. I viandanti venivano aggrediti, uccisi a pezzi e messi a cuocere, e coloro che si mettevano in viaggio nella speranza di sfuggire alla carestia, durante la notte venivano sgozzati e divorati da chi li aveva ospitati. C’era chi attirava i bambini mostrando un frutto o un uovo per poterli scannare e cibarsene. In molti posti si mangiavano cadaveri disseppelliti …». E infine «La popolazione, sempre meno numerosa e meno robusta, era falciata da malattie endemiche (tubercolosi, lebbra, ulcere, eczemi, tumori) e da epidemie tremende come la peste. … secondo alcuni l’Europa, che nel III secolo poteva contare tra i 30 e i 40 milioni di abitanti, nel VII secolo si era ridotta a 14 o 16 milioni. Poca gente che coltivava poca terra, poca terra coltivata che nutriva poca gente. Però quando ci appressiamo al millennio, le cifre cambiano, e si parla di nuovo di 30 o 40 milioni di abitanti per l’XI secolo, mentre nel XVI secolo la popolazione europea oscillerà ormai tra i 60 e i 70 milioni … si può dire che nel giro di quattro secoli la popolazione come minimo raddoppia. … Nel X secolo iniziano a diffondersi le colture intensive di legumi». E ancora: «Convertiti al Cristianesimo, gli irlandesi fondano monasteri in cui si studiano i testi antichi e saranno i monaci dell’Ibernia che evangelizzeranno intere aree dell’Europa continentale, inventando al tempo stesso quella originalissima forma di arte medievale che sono le miniature del Libro di Kells e di altri manoscritti analoghi», (Umberto Eco, Introduzione al Medioevo, da “Il Medioevo” opera in 12 volumi di Federico Motta editore, Milano, 2009, per il Gruppo editoriale L’Espresso S.p.A., Introduzione, pag. 21).
In campo scientifico e tecnico, risale al Medioevo l’adozione di misure che ottimizzano l’impiego degli animali da tiro, come il nuovo tipo di collare che si sposta il punto d’applicazione dal petto alla scapola, il tiro multiplo in fila indiana, anziché di fianco, l’utilizzo di zoccoli di ferro importati dall’Asia intorno al ‘900, la diffusione a tutta l’Europa dell’aratro dotato di ruote e di due lame, già in uso tra i popoli del nord dal II secolo a. C. In campo navale il medioevo lascia in eredità all’umanità la bussola, l’adozione dell’ancora a ceppo, a marre allargate, in uso ancora oggi, il perfezionamento nella disposizione del fasciame delle navi e sostanziali modifiche nella velatura, con l’adozione della vela “latina” di origine araba.
Fu l’epoca in cui la dinastia sveva, “barbara”, interprete dello spirito riformatore che si percepiva nell’isola conquistata, presso la propria corte fondò la scuola che diede la prima testimonianza di lingua italiana, creatrice della prima lingua volgare italiana, prima ancora dell’italianissima toscana, del suo “dolce stil novo” e della commedia “divinissima” del sommo poeta. E fu presso la stessa scuola che nacque l'”amor cortese” e Jacopo da Lentini creò il sonetto. Nella stessa epoca il campanile della Martorana (conosciuta anche come Chiesa di S. Maria dell’Ammiraglio o San Nicolò dei Greci), di spiccato gusto mediorientale, segnò, nel 1143, l’avanguardia del gotico, decisamente prima delle chiese e dei campanili dell’Europa continentale, collocate nel successivo Rinascimento, di cui sono uno dei simboli artistici più rappresentativi.
Ma il Medio Evo è stato anche l’epoca della nascita dei tempi moderni, della politica e delle ideologie oggi ancora vive e fertili di modelli politici sempre più aderenti alle necessità umane, della costruzione dei modelli della coesistenza tra i popoli, della nascita dei popoli stessi, delle Nazioni, degli Stati moderni, delle lingue moderne.
Il Medio Evo non era un’epoca in cui nessuno osava superare i limiti del proprio villaggio. Fu il tempo dei primi grandi viaggi, Marco Polo, Cristoforo Colombo. La letteratura medievale è ricca di viaggi affascinanti. Grandi viaggiatori sono stati in quest’epoca i Vichinghi, i monaci irlandesi, le Repubbliche marinare. Per non parlare dei pellegrinaggi, anch’essi viaggi: Gerusalemme, San Giacomo di Compostela, la via Francigena, il Mont San Michel, eccetera.
Medio Evo non sempre fu misogino. Fu l’epoca della glorificazione della donna…
Sul piano dell’edificazione politica, nel 1215 si ebbe l’adozione della Magna Charta inglese, che limitò fortemente il potere dei sovrani.
Tra il XII ed il XIII secolo vengono fondate istituzioni di tipo nuovo, organizzate in corporazioni di maestri e di studenti, che hanno statuti, programmi, manuali, esami. Sono le università di Bologna, Parigi ed Oxford, capi maglia di una rete che si diffonde dal XIII alla fine del XV secolo in tutta Europa, centri di mobilità internazionale e di sviluppo della scolastica, un metodo scientifico razionale.
Medio Evo, non secoli bui, ma luce e colori. <<È vero che il Medio Evo è ricco di timpani di chiese romaniche abitati da diavoli e supplizi infernali, che vi circola l’immagine del Trionfo della Morte, che è un’epoca di processioni penitenziali, spesso di nevrotica attesa della fine, che le campagne e i borghi sono attraversati da torme di mendicanti e di lebbrosi, che la letteratura è spesso allucinata da viaggi infernali>>. Ma, al tempo stesso, è l’epoca in cui, scegliendo un caso tra tutti, celebrano la gioia di vivere i goliardi, gruppo di intellettuali per i quali Parigi è “il Paradiso sulla terra, la rosa del mondo, il balsamo dell’Universo» (Paradisius mundi Parisius, mundi rosa, balsamum orbis).
Amor cortese dei troubadours provenzali e dei minnesänger tedeschi; amore spirituale, ma anche rapimento dei sensi e contatto fisico in Tristano e Isotta, Lancillotto e Ginevra, Paolo e Francesca; celebrazioni della sessualità fatte dai poeti della goliardia.
Medio Evo, epoca della luce. I teologi fanno della luce un principio metafisico e si sviluppa nei secoli medievali, sotto l’influenza araba, l’ottica da cui le riflessioni sulle meraviglie dell’arcobaleno e i miracoli degli specchi.
Medio Evo, sempre più epoca della luce. I cosiddetti Evi Bui sono illuminati dalle immagini sfolgoranti di luci e di colore delle apocalissi mozarabiche, delle miniature ottoniane, dei sontuosi libri d’ore, o degli affreschi di Lorenzetti, Duccio o Giotto.
E basta leggere il Cantico delle Creature di San Francesco per trovare un Medio Evo pieno di gioia ilare e sincera nei confronti di un mondo illuminato da Frate Sole.
L’idea di natura, l’idea di ragione, l’idea di scienza, l’idea di libertà, il concetto di dubbio e la sua pratica sono i valori fondamentali della civiltà greca ancora oggi strumenti intellettuali ed etici per gli Europei.
Il periodo dal 900 al 1500 vide in tutta la parte settentrionale dell’Africa il sorgere di grandi stati, e contemporaneamente lo sviluppo di intensi scambi commerciali. Salvo poche eccezioni, ci è molto meno nota la storia dell’Africa a sud dell’equatore; ma anche qui le origini degli stati e del commercio si possono far risalire a questo periodo.
La ripresa occidentale avviene specialmente “in Italia e nelle Gallie”, con il rifiorire delle chiese, con la riforma agricola di Carlo Magno, che ha incoraggiato nuove colture da parte delle abbazie e dei feudi. Il X secolo, chiamato dagli storici il “secolo dei fagioli” (in effetti dei legumi, in quanto i fagioli arriveranno dall’America): fave, ceci, piselli, lenticchie. Proteine vegetali. Colture intensive di legumi, maggiore assunzione di proteine, maggiore energia fisica, maggiore robustezza e vigore, maggiore procreazione di bambini, maggiore popolazione, maggiore longevità.
“La creazione delle culture nazionali europee (e questo vale anche per il Nuovo Mondo) è stata accompagnata dall’eliminazione delle culture locali, regionali, marginali, dialettali, di tutto ciò che non si è lasciato assimilare nell’ambito del progetto di nazione o soprattutto di Stato-nazione … sarebbe auspicabile che la futura Europa fosse meno eurocentrica di quella del passato, più aperta al cosiddetto Terzo Mondo dell’Europa colonialista, meno egoista dell’«Europa delle nazioni», più consapevole di sé stessa e meno soggetta all’americanizzazione. Sarebbe utopistico aspettarsi che diventasse, in un futuro prevedibile, più culturale che commerciale, più cosmopolita che comunitaria, più comprensiva che arrogante, più accogliente che orgogliosa e, in fin dei conti, perché no, più socialista dal volto umano e meno capitalista senza volto. L’Europa centrale non è in realtà che una parte dell’Europa stessa” (Predrag Matvejević, Il Mediterraneo e l’Europa. Lezioni al College de France, Garzanti, Milano, 1998).
Lo splendore del Mediterraneo durante il Medioevo fu l’inizio del progresso moderno a coronamento della grande storia dei Paesi che lo abitavano e che concorsero – loro, non altri – alla crescita intellettuale sociale e scientifica del genere umano. La potenza e lo splendore delle Repubbliche marinare italiane ed adriatiche furono, nel tempo, la seconda spinta alla crescita europea, dopo quella vitale e salvifica del corpo oltre che dello spirito, del monachesimo cristiano, nato nella stessa terra nella quale fiorirà successivamente il misticismo islamico.
Questo, OMeGA, finora non l’ha saputo raccontare con sufficiente efficacia ed è sull’approfondimento e sull’apprendimento generalizzato di questa storia che punterà nella sua futura attività.
Il 3 giugno si parlerà de “Il Mediterraneo e la sicurezza” e la locandina da un’idea realistica dei suoi contenuti.
Sarà il terzo ed ultimo convegno del ciclo. L’orario, dalle 1530 alle 1930. Il luogo, il circolo MM di viale Tor di Quinto 111. Vi sarà un certo numero di giornalisti in sala. Altri ne aggiungeremo, se si presenteranno, e li segnaleremo all’Ordine per l’attribuzione dei quattro crediti previsti per la frequenza di questo corso.
L’Amb. Boffo farà il moderatore. I relatori saranno Ciocca, Gualdesi, La Rosa, Marengo. Recentemente ha accettato l’invito quale relatore anche l’Amb. Scarante, oggi docente presso unipd.
Intervento straordinario d’apertura di Nicola Pedde (Institute for Global Studies) e Roberta La Fortezza (Ag. Nova), per un aggiornamento/approfondimento su fatti e possibili sviluppi della situazione iraniana.
Il pomeriggio si preannuncia molto interessante e stimolante.
Per iscriversi e partecipare è necessario inviare richiesta indifferentemente ad uno dei due seguenti indirizzi: <omeganews.info@gmail.com> e <omega.criticitamediterranee@gmail.com>.
Enrico La Rosa