IL MEDITERRANEO E LA SICUREZZA

Convegno n. 3 del ciclo Il Mediterraneo a fronte degli attuali problemi globali e geopolitici

di Mario Boffo

Allargato o meno che lo si voglia considerare, il Mediterraneo è e resterà centrale in quanto a temi di sicurezza e a temi di ampi sommovimenti sociali. Da tempo concupito anche da potenze esterne alla regione, il nostro mare ha visto insorgere recentemente, e per alcune di esse risorgere, l’attivismo di potenze appartenenti all’area, come Turchia ed Egitto, ma anche di potenze più lontane, come Russia, Cina, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, e subisce minacce anche da parte dell’Iran. La concorrenza fra le potenze incide sulla pacifica gestione strategica della regione e apre un’aspra competizione sullo sfruttamento delle risorse minerarie che si vanno via via scoprendo nei fondali del bacino. Gasdotti e cavi di comunicazione dati rischiano di essere vittima di azioni militari più o meno asimmetriche, mentre questioni di sicurezza, di guerra e di clima accresceranno le correnti migratorie verso l’Europa. Le implicazioni del complesso scenario, ove non fronteggiate con equilibrio e spirito collettivo, rischiano non solo di emarginare l’area dall’evoluzione dell’economia globale, ma anche di farvi insorgere focolai di conflitti locali e di crisi sociali di difficile gestione. Sul complesso scenario incidono certamente temi politici e sociali; ma incidono anche questioni più tecniche, come le visioni, azioni e previsioni tipicamente inerenti alla difesa e alla sicurezza, la predisposizione anche ingegneristica di apparati in grado di svolgere la necessaria sorveglianza sui rischi del nostro mare, le ripercussioni, magari indirette, di crisi più lontane. Il ricco retaggio storico, infine, e la capacità soprattutto del nostro paese, che nel Mediterraneo è immerso, di far fronte alle sfide e di raccogliere le opportunità, fanno da sfondo, nella prospettiva che più da vicino ci riguarda, al futuro che possiamo aspettarci e su cui possiamo sperare di intervenire.

Nella consueta e fruttuosa flessibilità del dibattito, questi temi sono stati approfonditi sotto il profilo della sicurezza nel terzo convegno che l’Associazione O.Me.G.A. ha organizzato lo scorso 3 giugno; convegno finale di una triade che ha consentito al pubblico e ai giornalisti dell’Ordine del Lazio intervenuti, di esplorare la pressoché totale e ampia congerie delle questioni e delle circostanze che attraversano la regione (i due precedenti convegni sono stati rispettivamente dedicati al più ampio e generale tema geopolitico e alle problematiche di natura ambientale). Come nelle precedenti occasioni, il convegno si è avvalso di relatori di comprovata qualità ed esperienza, capaci di trarre dal proprio bagaglio professionale e culturale le linee per una visione analitica delle varie questioni: Cesare Ciocca, ufficiale di Marina in quiescenza, studioso di politiche di sicurezza e difesa nazionale e collettiva; Lavinio Gualdesi, già ufficiale di Marina, ingegnere e progettista; Barbara Marengo, giornalista/pubblicista e scrittrice; Nicola Pedde, analista di politica internazionale; Giampaolo Scarante, già ambasciatore in diverse sedi mediterranee.

Il panorama della sicurezza passa necessariamente per riferimenti normativi nazionali e internazionali (ONU, NATO, UE), come ha illustrato l’Ammiraglio Ciocca, e attraversa alcuni concetti di base, come la stretta connessione tra sicurezza interna ed esterna. Le dimensioni spaziale e sottomarina fanno certamente parte dello scenario mediterraneo, in un concetto di “mare” che comprende tutte le zone e gli spazi che la moderna tecnologia consente di raggiungere. Le principali vulnerabilità si concentrano nei “choke point” di accesso e transito nel Mediterraneo allargato; fondamentalmente Gibilterra, gli Stretti per antonomasia (Bosforo e Dardanelli), il Canale di Suez, lo Stretto di Bab el Mandeb e lo Stretto di Hormuz. La loro criticità e importanza è già emersa sia per eventi accidentali sia per atti deliberati come nel Bab el Mandeb; criticità non solo per le vie marittime di superficie ma anche per le connessioni con i cavi sottomarini lungo i quali scorrono oramai i dati fondamentali per le comunicazioni, l’economia, la società. Nel quadro complessivo delle cooperazioni politico-militari di interesse per il Mediterraneo, l’ Italia riveste una posizione baricentrica, non solo per la mera posizione geografica, ma anche per l’impegno che la nostra Difesa e la nostra Marina Militare vi profondono. Le direttive e scelte politico-strategiche si concretizzano nelle operazioni nazionali e in quelle ONU, NATO e UE in cui sono presenti contingenti italiani. Esse coprono l’intero arco di crisi e conflitti che caratterizza lo scenario attuale. Una particolare e rilevante forma di cooperazione in campo marittimo è rappresentata dal Virtual Regional Maritime Traffic Centre (VMTC), vero e proprio network di scambio di informazioni tra marine di quarantadue paesi in cinque continenti che permette di avere in tempo reale una visione completa sul traffico mercantile che attraversa mari e oceani del mondo. Nel contesto descritto, NATO, UE e Italia possono certamente dare ulteriori significativi contributi alla stabilità e alla prevenzione o gestione di crisi e conflitti, come dettagliato nelle lastrine che l’Ammiraglio ha gentilmente concesso di distribuire in allegato a questa sintesi.

Tali collaborazioni, tuttavia, non sarebbero possibili senza l’apporto di funzionali strutture organizzative nazionali e internazionali e senza il supporto della tecnica ingegneristica. Più il progresso tecnico va avanti, infatti, più aumentano le vulnerabilità e la possibilità di attacchi anche molto gravi (nel corso del convegno è stato commentato come frutto di possibile attacco cibernetico l’incidente di Baltimora, nel quale nel marzo scorso una nave cargo ha urtato il ponte Francis Scott Key facendone crollare un tratto). Su questi temi è intervenuto l’Ingegner Gualdesi, che ha anche lui concesso la distribuzione della lastrine utilizzate, anch’esse allegate alla presente sintesi. I fondali marini, e ciò che forniscono oggi e in futuro in materia di risorse, energia e comunicazioni, contribuiranno al benessere della popolazione mondiale. Va al riguardo ricordato che il 70% della superficie terrestre è mare, e sotto i fondali c’è il 70% di ciò che ci serve per vivere: il cibo del futuro, il petrolio, il gas, i minerali e le terre rare necessari per le fonti energetiche alternative; un immenso patrimonio di opportunità e risorse, ancora per l’80% inesplorato; un immenso territorio percorso da cavi che convogliano il 98% delle comunicazioni; anche qui, un esempio su tutti valga a dimostrare la vulnerabilità di questo grande patrimonio: il sabotaggio del Nord Stream (mentre si sospetta che anche gli Houti abbiano attaccato cavi dati nel Mar Rosso). Non è certo quindi casuale che la Marina Militare italiana abbia lanciato l’Operazione Fondali Sicuri e stia perfezionando le capacità di sorveglianza e intervento in questo delicato ambiente, grazie a reti di sensori attivi e passivi gestiti da un network di nodi destinati ad immagazzinare dati ai centri a terra e a droni sottomarini residenti sul fondo. La gestione incrociata delle varie attività, concepite per la sicurezza e difesa ma suscettibili di importanti e positive ricadute in ambito civile (protezione archeologica, energia dal mare, raccolta di dati per la protezione antinquinamento in ambiente marino, oceanografia, geologia sottomarina…), è affidata a strutture militari e strutture civili, per la cui elencazione si rimanda alle lastrine allegate, come pure per una ricca e non esaustiva elencazione delle strutture tecniche militari e di alcune delle aziende coinvolte nella progettazione e produzione di apparati e congegni idonei alla complessità delle attività operative.

Su tutto questo incombono le crisi vicine e lontane che interessano il nostro Mediterraneo Allargato. È il caso dell’intrigo di conflitti che percorrono Israele, Gaza e la Palestina, lo Yemen e il Mar Rosso, il Medio Oriente in generale; crisi certo policentriche, che hanno tuttavia una delle loro radici nella politica egemonica iraniana. Di questo ci ha parlato Nicola Pedde, autentico esperto di Iran, paese attualmente interessato dalle ripercussioni dell’inquietante incidente aereo in cui hanno perso la vita il Presidente Raisi e il Ministro degli Esteri iraniano. L’incidente è avvenuto in un momento di particolare effervescenza per l’Iran, dove le ribellioni alla tradizione e all’oppressione del regime e la transizione generazionale che interessa la società e il potere stanno cambiando in prospettiva i futuri scenari di un paese dove l’egemonia del clero è stata già di fatto soppiantata da quella degli ambienti militari. Transizione generazionale e dissenso, che non interessano solo il tema del velo imposto alle donne né solo la generale situazione femminile, muteranno certamente il quadro del potere e del suo rapporto con la società, mentre Teheran, pur contando ancora nella regione sulle tradizionali e forti alleanze di gruppi e milizie, non dispone più su di esse di un controllo a priori. Non certo sugli Houti, che sono radicati nella storia dello Yemen e nutrono una specifica agenda per la loro collocazione nel paese e nei suoi intorni regionali; non certo su Hamas, focalizzata specificamente sulla decennale situazione della Palestina; ma nemmeno su Hezbollah, che certamente era in passato un attore esclusivamente agli ordini del regime iraniano, ma che è attualmente e progressivamente sempre più concentrato sulle vicissitudini proprie del Libano. Seguire, decifrare e comprendere gli sviluppi di quello che succede in Iran fornirà certamente valutazioni idonee a meglio osservare ciò che sta avvenendo nell’area mediorientale, dove i Patti di Abramo sembrano procedere, seppur con qualche rallentamento, e dove aleggia il “convitato di pietra” del negoziato sul nucleare iraniano con tutti gli intoppi e le incertezze che ha vissuto ultimamente.

All’Ambasciatore Scarante e alla Dottoressa Marengo sono stati volutamente affidati gli interventi di riepilogo, i quali hanno costituito la sintesi finale di un dibattito per sua natura complesso. Con la consueta brillantezza, l’Ambasciatore ha spiegato come il Mediterraneo, in quanto area geopolitica e concetto strategico, sia stato tradizionalmente trascurato da Unione Europea, pervasa soprattutto da logiche nordiche e mitteleuropee, e dalla NATO, da sempre ossessionata, e a maggior ragione a conseguenza della guerra in Ucraina, dal fronte orientale. Sono fondamentalmente questi i motivi di disattenzione e conseguente sostanziale fallimento dei tre processi che hanno riguardato (senza effettivo interesse e senza risultati di rilievo) le relazioni euro-mediterranee, e che non hanno consentito di creare un vero partenariato: le politiche di vicinato, sempre orientate maggiormente verso i paesi dell’Europa balcanica e orientale e insufficientemente dedicate ai paesi mediterranei; il Processo di Barcellona; l’Unione per il Mediterraneo. Purtroppo, nello stesso ordine di idee si è tradizionalmente mosso il nostro paese, per mille ragioni spinto dalla politica a valorizzare la propria (di fatto inesistente) vocazione nord e mitteleuropea a detrimento della forte, evidente e potente vocazione mediterranea. Forse anche, ha concluso Scarante, perché l’Italia è stata messa su dal Piemonte, paese montanaro e nordico; se l’Italia fosse stata unita sotto il Regno delle Due Sicilie, forse le cose sarebbero andate diversamente!

Questa divertente proiezione nella fantastoria ha di fatto messo l’accento sulle profonde e autentiche radici storiche che, nonostante il correre dei secoli, fanno del Mediterraneo una regione da sempre vitale per i propri abitanti, ma anche per le regioni circostanti, e fondamentalmente per tutto il mondo che progressivamente, pur in una visione eurocentrica, è stato gradualmente conosciuto. Una regione dove egiziani e altri popoli, ma soprattutto i greci, hanno costruito lo stesso concetto di civiltà e di mediterraneità che ancora nutriamo, hanno definito i contorni anche concettuali e antropologici di un’area che era già allora allargata, poiché commerciava con paesi asiatici ed europei, e hanno navigato oltre le colonne d’Ercole e nell’Ellesponto. Dove Venezia, Genova, Pisa e Amalfi hanno commerciato e combattuto. Dove nel XVI secolo, pur nel sanguinoso confronto che ne ha caratterizzato i rapporti, europei e ottomani disegnavano il Mediterraneo quale ancora è. Di questi più che suggestivi temi, ci ha parlato Barbara Marengo, con le conoscenze della storica e l’afflato della scrittrice. La cartina geografica e toponomastica che anche lei ha concesso di allegare a questa sintesi illustra meglio di mille parole il senso stesso del Mediterraneo e del lungo percorso che il nostro mare ha attraversato nei secoli.

Molti, fra coloro che hanno assistito al convegno, hanno voluto pronunciare apprezzamenti per l’originalità, la competenza, e la profondità delle trattazioni. Era successo anche in occasione dei due convegni precedenti. Per O.Me.G.A., la cui attività è volta alla miglior divulgazione e comprensione della complessa fenomenologia mediterranea, gli apprezzamenti ricevuti costituiscono una grande soddisfazione per un impegno di non poco momento e del tutto volontario.

Mario Boffo